Silvio Berlusconi, l’analisi di un trentennio

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Oggi se ne è andato Silvio Berlusconi, comunque la si pensi la figura più influente e divisiva della storia del nostro Paese degli ultimi quarant’anni.

Tralasciando qualunque tipo di giudizio sulla sua parabola politica (non è il tempo, né il luogo) mi limito a ricordare la figura di Silvio alla guida del nostro club, riproponendovi quale spunto di riflessione il mio articolo di esordio sul Night della primavera 2016, buona lettura.

 

C’era una volta un Re brutto e cattivo, che faceva pochi regali alla sua principessa rossonera, lasciava un sacco di debiti in giro, non pagava le tasse e a week-end alterni, per sbarcare il lunario, affittava le reali stanze  di Milanello per ricevimenti nuziali; questo monarca degenere stava conducendo il regno in rovina quando all’improvviso, da dietro una nuvola,  un Cavaliere Illuminato in sella ad un elicottero bianco scese dal cielo, scacciò il monarca cattivo salvando la principessa e diede inizio ad un lungo periodo di prosperosa felicità…

Molti dei servi-cantori a libro paga che ben conosciamo il trentennio rossonero di Berlusconi ve lo racconterebbero tutto così, a mo’ di fiaba incantata; dato che io sono cinico e cattivo, preferisco invece un approccio basato sui numeri, sperando che abbiate la pazienza di seguirmi.

1986 – 1996 La discesa in campo e i trionfi

Siamo più o meno alla metà degli anni ’80, gli anni degli yuppies, dei paninari e della Milano “da bere”… Silvio Berlusconi è già un imprenditore affermato, ha fatto fortuna negli anni ’70 nel settore dell’edilizia costruendo Milano 2  grazie a finanziatori occulti la cui identità non è mai stata chiarita, e ha poi creato dal nulla un network televisivo privato sfruttando una legislazione lacunosa e l’aiuto dell’amico Bettino Craxi, in quegli anni potentissimo Presidente del Consiglio in carica.

Fininvest  diventa in quel periodo un colosso industriale i cui interessi spaziano dall’edilizia alle televisioni, dalla pubblicità alle assicurazioni (la Mediolanum dell’amico Ennio Doris), fino ad estendersi al cinema e all’editoria con l’assalto alla Mondadori contesa a De Benedetti (una vicenda complicatissima sfociata nel cd “Lodo Mondadori”, che troverà la sua conclusione soltanto nel 2012 con i tristi effetti che vedremo più avanti).

A questo impero manca solo un tassello fondamentale, quello capace di ampliare a dismisura la celebrità dell’imprenditore e di catalizzare il consenso popolare: l’ingresso nel mondo del calcio.

Berlusconi per la verità ha già provato per ben 2 volte senza successo ad acquisire l’Inter, nel 1978 da Fraizzoli e nel 1985 da Pellegrini, ma il richiamo della sua squadra del cuore è troppo forte, quel Milan di Puricelli che andava a vedere allo stadio da bambino “facendosi piccino piccino sotto il cappotto di papà per non pagare il biglietto”… provate a smentirla questa storia del Milan di Puricelli (assomiglia tanto alla storiella dello stordito giapponese che sognava la 10 nei suoi temi di fanciullo, andatelo a verificare se ci riuscite…).

In ogni caso, nel febbraio 1986 Berlusconi rileva da Gianni Nardi, principale creditore di Giussy Farina, il 52% del Milan versando poco più di 6 miliardi di vecchie lire, e procede subito dopo ad un aumento di capitale da 25 miliardi di lire per onorare i debiti pregressi del club (mancati pagamenti Irpef)  al fine di evitare che il Tribunale di Milano nomini un amministratore giudiziario; con quell’aumento di capitale Fininvest si sbarazza in un sol colpo degli azionisti di minoranza, arrivando a detenere il 99,9% della società.

Ora direte voi, 31 miliardi di lire del 1986 sono un sacco di soldi… beh, una semplice tabella di rivalutazione monetaria ci rivela che equivalgono a poco meno di 38 milioni di euro attuali, non propriamente bruscolini, ma per quella cifra Berlusconi acquisisce il centro sportivo di Milanello con annessi e connessi  ed una rosa che comprende Tassotti, Maldini, F.Galli e Baresi (probabilmente la difesa più forte di tutti i tempi), oltre a buoni/ottimi giocatori quali Terraneo, Evani, Virdis, Wilkins, Hateley solo per citarne alcuni.

Berlusconi comunque ci mette del suo, dotandosi di una struttura societaria dinamica e coesa, in cui giovani dirigenti competenti ed “affamati” quali Taveggia, Braida, Ramaccioni e Galliani svolgono perfettamente il loro compito, ciascuno nella propria sfera di competenza.

Nelle campagne acquisti dei suoi primi anni di presidenza, Berlusconi scardina il tradizionale monopolio juventino e porta a Milanello giovani campioni come Donadoni, Massaro, Ancelotti, Gullit, VanBasten e Rijkaard, che unendosi al nucleo storico pre-esistente sotto la guida di un giovane tecnico rivoluzionario quale Arrigo Sacchi, danno vita al primo formidabile ciclo di vittorie in Italia e nel mondo.

Anche in questo periodo trionfale non manca la pagina nera, e a scriverla ci pensa, manco a dirlo, il futuro Condor nella famigerata notte delle luci di Marsiglia del marzo 1991, quando espone la società e i suoi tifosi ad una figura di bratta colossale, condita da un anno di squalifica dalle competizioni internazionali.

Ma nell’estate successiva un giovane Fabio Capello succede ad Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan, e giovandosi di copiosi investimenti societari in campioni affermati (Papin, Savicevic, Desailly, Weah), giovani di grande prospettiva (Simone, Panucci, Boban) e talenti che la Primavera continua a produrre (Costacurta e Albertini), compone il secondo grande ciclo di vittorie.

 

In questo primo trionfale decennio di presidenza, Berlusconi spende l’equivalente di 233 milioni di euro attuali, ma il Milan porta a casa 17 trofei (5 scudetti, 3 Coppe dei campioni e 2 Intercontinentali solo per citare i più importanti), oltre a 10 piazzamenti tra finali di coppa e podi in campionato e 5 palloni d’oro vinti dai suoi giocatori (Gullit, Van Basten e Weah).

Nel frattempo, anche e soprattutto grazie alla popolarità e al consenso acquisiti grazie ai successi imprenditoriali e sportivi, Berlusconi “scende” in politica e diventa Presidente del Consiglio, e da quel momento in poi per il Milan nulla sarà più come prima.

In quegli anni “il Diavolo vende l’anima al diavolo”, e per un po’ ne vede solo i benefici: i tifosi sono ebbri e soddisfatti per un’abbuffata di trionfi senza precedenti, e passa quasi sotto silenzio che una bandiera come Gianni Rivera venga accantonata e messa in disparte, in quanto potenzialmente in grado di fare ombra al nuovo corso.

1997 – 2007 Politica caput mundi

Berlusconi è ormai “in tutt’altre faccende affaccendato”, nella scala delle sue priorità il Milan non è più certamente ai primi posti, e le sorti della società vengono affidate sempre di più nelle mani dell’esimio A.D. Adriano Galliani, che diviene vero e proprio Plenipotenziario ed inizia a tessere la sua famigerata rete di rapporti con una pletora di voraci procuratori e all’interno della Lega Calcio (di cui diviene Presidente).

Non che gli investimenti dell’azionista di riferimento vengano meno in questo periodo, tutt’altro, a Milanello arrivano in questi anni campioni del calibro di Leonardo, Bierhoff, Gattuso, Ambrosini, Serginho, Kaladze, Dida e Shevchenko;  ma è fondato il sospetto che gli acquisti, più che ad una logica di progettazione sportiva a medio e lungo termine, rispondano più che altro a criteri propagandistici legati, nel bene e nel male, alle vicende politiche di Silvio Berlusconi, accendendosi ad intermittenza alla bisogna.

Il sospetto diviene certezza nell’estate del 2001, quando alla vigilia delle elezioni politiche la società si lancia in una pirotecnica e dispendiosa campagna acquisti che porta all’acquisizione di Rui Costa, Inzaghi e Pirlo, ai quali si aggiungeranno nei 2 anni successivi Seedorf, Nesta, Kakà e Stam, a formare l’intelaiatura dell’ultimo grande ciclo vincente del Milan, quello che sotto la guida tecnica di Carletto Ancelotti porta alla conquista di uno scudetto e due Champions League.

Come già ai tempi di Sacchi, in quel momento il Milan è senza dubbio la squadra più forte del mondo, anche se forse vince meno di quel che dovrebbe, dato che 2 Champions vengono letteralmente buttate al vento nelle disgraziate notti di Istanbul e La Coruna, e un paio di scudetti ampiamente meritati vengono sottratti per i noti fatti di Calciopoli.

E proprio in questa vicenda, Galliani torna a dare il meglio di sé, come ai tempi di Marsiglia: prima fa comunella con la Triade gobba per motivi di politica calcistica legata alla spartizione dei diritti tv, senza accorgersi che Moggi & C. lo stanno beatamente fregando sul campo; quando se ne accorge cerca di porre rimedio in maniera maldestra, finendo per coinvolgere anche il Milan in correità in una vicenda nella quale, in realtà, è il primo danneggiato!

Complessivamente, in questo secondo decennio Berlusconi investe nel Milan l’equivalente di 289 milioni di euro odierni, portando a casa 9 trofei rispetto ai 17 della decade precedente, 8 piazzamenti tra finali e podi in campionato e 2 palloni d’oro (Shevchenko e Kakà).

La causa di un bottino complessivamente inferiore, pur in presenza di investimenti comunque ingenti, è essenzialmente dovuta ad una progettualità intermittente, e a scelte di mercato che alternano ai campioni sopracitati topiche clamorose in misura via via crescente (Dugarry, Reiziger, Ziege, Ba, Ricardo Oliveira, Marcio Amoroso solo per citarne alcune) , associate a mega-ingaggi regalati a ex campioni a fine carriera acquisiti a parametro  zero ( Rivaldo, Ronaldo, Vieri).

L’AC Milan 1899 sta ormai esalando l’ultimo respiro, il seme del Giannino Food&Karaoke sta germogliando.

2008 – 2016 La triste Era del Giannino

I comportamenti pubblici e privati del Cavaliere, dopo una vita vissuta a tutta velocità nel difficile rispetto dei confini imposti dalle regole, sembrano presentare il conto tutti assieme , come una serie di nodi che vengono al pettine uno dietro l’altro: si susseguono gli scandali di natura sessuale che portano ad un divorzio milionario da Veronica Lario (Noemi Letizia, Ruby Rubacuori “nipote di Mubarak”, le cene eleganti di Arcore e il bunga bunga solo per citare i più noti),  giunge a conclusione la vicenda Mondadori che obbliga Fininvest a risarcire con quasi 500 milioni di euro il gruppo De Benedetti, si conclude il processo a Mediaset per frode fiscale che porta alla condanna definitiva in Cassazione di Berlusconi, che perde la carica di senatore e viene affidato per un anno ai servizi sociali.

Le vicende del Milan, legate da sempre a doppio filo a quelle del suo proprietario, non possono che rifletterne la triste parabola discendente: gli investimenti diventano rari e centellinati (Pato e Thiago Silva gli unici degni di menzione), la società si limita a fare propaganda con slogan anacronistici presto superati dagli eventi (“club più titolato al mondo”), i campioni che l’hanno fatta grande invecchiano o vengono venduti.

L’estate 2009 segna il primo punto di non ritorno, con l’addio di Paolo Maldini vergognosamente fischiato dalla curva sud nel giorno del commiato, Ancelotti che va al Chelsea e Kakà che viene ceduto al Real Madrid per esigenze di bilancio: senza dubbio il quadro di riferimento esterno sta cambiando, l’ingresso degli sceicchi nel mondo del calcio tende a sovvertirne le regole, ma quello che dà più fastidio alla tifoseria rossonera è la totale mancanza di chiarezza da parte della società, di un progetto serio e credibile, condiviso e condivisibile.

Nulla di tutto questo, solo una litania di slogan volti a tacitare supporter lobotomizzati (non entra nessuno  se non esce nessuno, rosa ultra-competitiva, siamoapostocosì), tentativi scellerati di spaccare la tifoseria tra evoluti e non evoluti, ingaggi a caro prezzo di campioni a fine corsa per vendere qualche maglietta in più (Zambrotta, Beckam, Ronaldinho) o ancor peggio di brocchi a parametro zero spacciati per campioni (la lista è talmente lunga che è esercizio vano e nauseante citarli tutti, i resti di taluni giacciono ancora sepolti nella vasca di sabbia a Milanello), una lunga teoria di “affaroni” conclusi sulla direttrice dell’A7 Genova-Milano con “l’amico Preziosi”, lo sciagurato allontanamento delle poche persone competenti rimaste nell’area tecnica (Leonardo e Braida).

In questo quadro decadente un unico sussulto, quello che porta nell’estate del 2010 all’acquisto di Ibrahimovic, Robinho e Boateng, e alla conquista dell’unico scudetto del Giannino nel 2011; ma è un fuoco di paglia effimero a cui fa seguito il depauperamento tecnico del centrocampo voluto da Allegri con il regalo di Pirlo alla Juventus (e conseguente avvio del Piano Marshall), fino ad arrivare al punto di non ritorno definitivo con la tifoseria, con la vergognosa cessione prima smentita e poi attuata di Thiago Silva ed Ibrahimovic al Paris St.Germain nell’estate del 2012.

Da quel momento in poi la discesa diventa ripidissima, alcuni semplici numeri sono sufficienti a chiarirlo: nel ranking internazionale il Milan passa dal 1° al 33° posto, le presenze allo stadio dalle 77.868 della stagione 91/92 (record assoluto dell’era Berlusconi) alle poco più di 30.000 attuali, il fatturato da 275 a poco più di 180 milioni di euro con un calo del 34%.

Dati che testimoniano un declino impietoso, al quale Silvio Berlusconi pensa bene di porre rimedio istituendo la figura del doppio Amministratore Delegato, delimitando le competenze di Galliani alla gestione sportiva e attribuendo le deleghe alla gestione commerciale alla figlia Barbara: tanto per capirci, in un’azienda che va male e denota carenza di competenze e costi eccessivi, il rimedio concepito è quello di ampliare ulteriormente i costi e allargare il numero degli incompetenti…

Negli ultimi 3 anni, questa gestione scellerata porta a bruciare 4 diversi allenatori (2 bandiere – Inzaghi e Seedorf – Mihajlovic e 1 bandierina, Brocchi), a progettare con costi milionari per poi subito abortire una stadio di proprietà (il posacenere del Portello, per il quale pende anche la minaccia di una causa milionaria da parte di Fiera Milano), ad inanellare una serie di figure meschine grandi e pillole con le quali il Night vi ha dilettato per mesi (“le Gianniniadi”), a ventilare fantomatiche cessioni di minoranza ad improbabilissimi investitori con l’ausilio di improbabilissime mediatrici (Mr Bee e Ciglia Tronzulli).

E volete sapere quanto ha speso Berlusconi dal 2008 in poi per tenere in piedi tutto questo circo, per finanziare l’esilarante spettacolo della Compagnia Stabile del Portello?  381 milioni di euro (di cui 180 solo per coprire le perdite degli ultimi 2 devastanti esercizi), ossia più di quanto mediamente speso nei 2 decenni precedenti, e tutto per portare a casa la “bellezza” di 2 trofei (scudetto e supercoppa italiana 2011).

Ho voluto riportare il pezzo dell’epoca perché è una fredda analisi numerica del regno berlusconiano, scevra di ogni retorica e della commozione che non può che pervadere questo momento.

Lascio da parte ogni considerazione sulle finte vendite che si sono susseguite e sulle “buone mani” in cui saremmo stati lasciati, ne ho già scritto diffusamente in passato.

Però lasciatemelo dire, il Milan di Berlusconi, per chi ha qualche anno in più come me, ha riempito le nostre vite di tifosi per quasi trent’anni, regalandoci sensazioni inebrianti e indimenticabili, molto probabilmente irripetibili.

Il dolore e la delusione provati nel decennio del declino sono incontestabili, forse acuiti ancor di più dal rimpianto di quel che poteva essere e non è stato, vista la base da cui si partiva.

Ma in questo momento prevale il ricordo della grandezza, e la pietas che provi nei confronti di qualcuno che ha accompagnato un bel pezzo della tua esistenza.

Riposa in pace Silvio, che la terra ti sia lieve.

 

Max

 

 

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Il mio primo nitido ricordo del Milan risale all'8 aprile 1973, compleanno della buonanima di mio papà: sono sulle sue spalle a Marassi, e' il Milan allenato dal Paron e da Cesare Maldini, vinciamo 4-1 e lui mi indica la 10 di Gianni Rivera... Da allora tutta una vita accanto ai nostri colori, vivendo con la stessa passione gioie e delusioni, cadute e rinascite, disfatte e grandi trionfi, fino alla foto a fianco...ecco, il mio Milan è finito lì, dopo è iniziata l'era del Giannino....ma adesso, forse, si ricomincia.