La vita va avanti

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Lapadula, Pazzini, Menez, Balotelli, Bacca, Kalinic, Matri, André Silva, Cutrone, e sicuramente ne sto dimenticando qualcuno. Alcuni da buttare direttamente nell’umido, altri gagliardi ragazzi di belle speranze, nella maggior parte attaccanti discontinui e non in grado di reggere la pressione e le aspettative di una piazza che fino a pochi anni fa poteva permettersi di avere tra le proprie fila Inzaghi, Shevchenko e Crespo (la stessa stagione) o il mago Ibrahimovic. Oggi, finalmente, il Milan torna ad avere come punta di diamante un attaccante degno di questo nome, uno di quelli che ha il fiuto del gol nel sangue. Gonzalo Higuain è un giocatore del Milan, e dà formalmente il via a una campagna acquisti che fino a questo momento aveva visto aggiungere al motore rossonero solo dei parametri zero. Con il Pipita arriva anche Mattia Caldara, adoratore di Nesta e Thiago Silva: diciamo che si presenta bene.

Il Milan oggi è ancora molto incompleto in diverse zone del campo, ha necessità di altra qualità in mezzo, sconta con le rivali Champions ancora un “ritardo” soprattutto sul livello della panchina, ma fa un salto di qualità impressionante in termini di efficacia e produttività. Per anni il vero tallone d’Achille rossonero è stata la mancanza di un attaccante di razza, che non avesse pietà per niente e nessuno. Si è sempre pensato, da Galliani a Mirabelli e Fassone, che l’assenza del grande puntero fosse sopperibile sostituendolo con tanti nomi di contorno, secondo la bizzarra idea che tutti i loro gol, alla fine, si sarebbero sommati (quasi come se giocassero tutti insieme appassionatamente). Leonardo, che conosce il calcio meglio di tutti i tre sopracitati messi insieme, sa che questo non è vero: il grande nome serve, è essenziale anche solo per intimidire gli avversari ancora nel tunnel degli spogliatoi. Oggi, con Higuain, il Milan fa un salto di qualità impressionante.

Basterà per centrare la Champions? No, forse no. La lotta è dura e serrata, la competizione spietata. Il Milan continua a essere una squadra molto giovane, che necessita di esperienza e “sangue freddo”, troppo soggetta all’emotività della gioventù. Avremmo bisogno di un paio di uomini in grado di tenere unite le fila, magari uno a centrocampo e un altro in difesa, da aggiungere ai già potenziali leader Reina, Higuain e Biglia. L’opinione di chi scrive, inoltre, continua a essere quella espressa sette giorni or sono, sperando sia errata: Gattuso dovrebbe essere affiancato da un mister con una maggiore capacità di gestire i momenti delicati, con più dimestichezza nella lettura delle partite, da un allenatore, insomma, con una carriera di superiore prestigio.

E ora torniamo a lui, il deus ex machina dell’affare dell’estate rossonera: Leonardo. Direi che si è fatto perdonare un tradimento obiettivamente impossibile da dimenticare, che rimarrà comunque in sottofondo – almeno personalmente – ogni qualvolta parlerò di lui. Perché è un professionista, un uomo libero in grado in piena coscienza di prendere le decisioni migliori per se stesso, ma anche noi abbiamo una sensibilità: comprendere entrambi i punti di vista è il minimo. Certo, a suo tempo eravamo scaduti in toni e comportamenti al limite dell’aggressione, ma il ritorno di Leo alla sua prima casa italiana vuol dire che lo stesso brasiliano ha messo una pietra sopra quanto accaduto. La vita va avanti, e noi con lei.

Un’ultima battuta su un altro Leonardo, anche lui che è voluto tornare in quella che ha definito “casa sua”, quasi a voler sovrapporre la sua storia a quella di chi ne ha sancito la cessione dopo un solo anno di Milan. Non provo livore nei suoi confronti. La scorsa stagione è stata difficile per tutti noi, Bonucci compreso. Ci siamo rincorsi e trovati, abbiamo patito insieme e abbiamo capito di non essere fatti l’uno per l’altro. Capita. Tiriamo avanti. Specie quando il premio è il suo (ex) erede designato alla Juve.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.