Undici lunghi anni.
Più di due lustri, quasi una generazione, tanto è durata la traversata del deserto rossonera.
Niente in confronto a quella biblica di 40 anni, direte… ma almeno Mosè dilettava i suoi con effetti speciali, mari che si aprivano e si richiudevano a comando, acqua fresca sgorgante dalla roccia, manna quotidiana dal cielo… il nostro massimo godimento dell’ultimo decennio, invece, sono stati degli involtini primavera avariati, conditi a cazzo con uno spruzzo di ‘nduja.
Quanto ne abbiamo dovute vedere e sopportare, cari fratelli rossoneri.
Si è iniziato con la scientifica opera di autodistruzione perpetrata dall’artefice massimo delle nostre fortune nei venticinque anni precedenti, come se le nozze d’argento avessero fatto scattare il meccanismo del bimbo viziato, smonto in mille pezzi la mia perfetta costruzione in Lego e dopo di me il diluvio.
Abbiamo dovuto assistere alle lotte intestine tra un’erede inetta divisa tra alcove e truccabimbi e un gerente imbolsito e incapace, dedito a magnate reali e virtuali.
E mentre i nemici di sempre vincevano a mani basse 9 (nove) volte di seguito, ci siamo dovuti sorbire allenatori improvvisati in panca, pippe invereconde zeroparametrate in campo, procuratori famelici in scorribanda tra le scrivanie.
Poi è arrivata la saga del closing, uno dei periodi più surreali della nostra storia e del calcio italiano, sono state scritte pagine talmente incredibili da essere vere, qui dentro abbiamo dovuto prenderla in ridere per provare a sopravvivere alla vergogna e alla depressione.
Sembravamo essere giunti al punto di non ritorno, molti di noi quasi non ci credevano più, eppure avremmo dovuto tenere a mente una lezione che è una costante della nostra storia: il Milan prima o poi ritorna, sempre, perché ha un intero popolo dietro di sé.
E infatti, dopo la parentesi cino-brianzola di rientro, è finalmente arrivato Elliott.
Chi ha la pazienza di leggermi da tanti anni sa bene che ho sempre visto di buon occhio il fondo statunitense, soprattutto perché dopo anni di propaganda insopportabile i patti sono stati chiari dal primo minuto: via i rami secchi, ordine a livello societario, rilancio del marchio, investimenti sui giovani alla ricerca di una crescita sostenibile.
Dopo alcuni errori iniziali rapidamente corretti, il percorso intrapreso si è rivelato quello giusto, e alla famiglia Singer e ai suoi uomini dobbiamo dire soltanto GRAZIE.
Grazie soprattutto per aver riportato in società un uomo come Paolo Maldini, leggenda vivente rossonera, uomo carismatica e competente capace di imparare rapidamente un mestiere diverso e complicato, autentica garanzia di milanismo, abile nel mettere i collaboratori giusti al posto giusto (il direttore sportivo Ricky Massara e il capo-scout Geoffrey Moncada sono lì a testimoniarlo).
Un grazie doveroso va rivolto anche a Zvone Boban, testa di cazzo dietro la scrivania come in campo, capace di dire le cose giuste nel modo sbagliato a costo di rimetterci il posto, e artefice della mossa probabilmente decisiva per la nostra rinascita, il caldeggiato ritorno a casa del Re Leone.
Inutile girarci intorno, Zlatan Ibrahimovic resta a mio avviso la pietra miliare della nostra resurrezione, con il suo arrivo in uno spogliatoio di giovanotti acerbi ha portato classe, carisma, esperienza, cultura del lavoro, voglia di vincere, coraggio sfrontato e pure una bella dote di gol pesanti, almeno inizialmente: la dinamite e i fuochi di artificio erano già presenti tra i corridoi di Milanello, è innegabile che lui abbia fatto da miccia e da detonatore trascinando pian piano al suo livello anche il nostro allenatore.
Stefano Pioli è forse la sorpresa più bella di questi ultimi due anni e mezzo, arrivato con il ruolo di traghettatore tra lo scetticismo generale, ha saputo sublimarsi dal #PIOLIOUT al PIOLI’SONFIRE in pochi mesi con la serietà, l’onestà intellettuale, il lavoro quotidiano, le indubbie capacità tattiche: ha saputo forgiare una SQUADRA vera, un gruppo affamato capace di giocare in maniera aggressiva e divertente con intensità “europea” e, a lungo andare, in grado di variare lo spartito a seconda delle situazioni proposte dal campo.
E poi ci sono i giocatori, mi scuso in anticipo se non li citerò proprio tutti uno ad uno, ma a tutti quanti va rivolta un’unica standing ovation per quanto messo in campo in questa stagione indimenticabile, meritano tutti quanti 110 e lode, i voti da uno a dieci non basterebbero a rendere giustizia e comunque oggi non è giornata di voti ma di ringraziamenti.
Grazie a Magic Mike Maignan, il portiere più forte del campionato, piede finissimo, mezzi atletici debordanti e personalità straripante, capace di far impallidire in un amen il ricordo del suo avido predecessore, chapeau. E grazie anche al suo secondo, quel Ciprian Tatarusanu capace di sostituirlo degnamente nei mesi dell’infortunio fino a parare un rigore decisivo nel derby d’andata, per poi tornare disciplinatamente al suo posto.
Grazie a Davidino Calabria, prodotto del nostro vivaio, piedi forse rivedibili, ma tanta corsa, tanto impegno e tanto orgoglio di appartenenza. E grazie a “core de nonna” Alessandro Florenzi, professionista esemplare capace di rialzarsi da due menischi per portare il suo contributo di cuore e di esperienza in questo palpitante finale di stagione.
Se parliamo di infortuni il pensiero corre a Simon Kjaer, Zlatan della difesa messo fuori causa da un crociato nella parte iniziale della stagione: il suo testimone è già stato degnamente raccolto ma la sua esperienza tornerà sicuramente utile l’anno prossimo… nella quale probabilmente non vedremo più tra le nostre fila Alessio Romagnoli, purtroppo non è cresciuto come si auspicava qualche anno fa e in giro si trova di meglio, ma va comunque ringraziato per essersi fatto da parte in maniera professionale senza mai una parola fuori posto.
Grazie di cuore a Fikayo Tomori, difensore potente, aggressivo e velocissimo, autentica sicurezza della nostra retroguardia, e grazie con lui a Pierre “Franco” Kalulu, massima espressione di tutte le “moncadate”, capace di imporsi giovanissimo mostrando bagliori del Mahatma che calpestò quelle stesse zone di campo.
A completare la linea difensiva Theo Hernandez, probabilmente il laterale sinistro più forte del mondo o giù di lì, portato in dote tre anni fa per venti milioni da Paolo Maldini quando ancora era soltanto un giovane di belle speranze, e adesso ci ritroviamo in casa un campione dal valore triplicato che ha scelto di legarsi alla nostra causa senza tanti fronzoli per molti anni, grazie di cuore.
Grazie a Sandrino Tonali, nel suo primo anno ci avevano ammorbato con la storia della letterina a Santa Lucia e l’aneddoto della maglia numero 8 ma prestazioni in campo un po’ titubanti avevano fatto storcere il naso agli stolti come me, quest’anno tutta un’altra storia, stiamo seguendo live i primi passi di una carriera destinata a riservargli la fascia di capitano del Milan e della Nazionale.
Grazie a Ismail Bennacer e Rade Krunic, frettolosamente etichettati come “empolame” al loro arrivo due anni fa, sono ragazzi cresciuti in maniera esponenziale seguendo le loro migliori attitudini, di classe, geometria e dinamismo l’uno, di lotta, abnegazione e duttilità tattica l’altro.
Ebbene sì, grazie anche a Frank Kessie, Presidente auto-detronizzatosi la scorsa estate con dichiarazioni incaute forse suggerite dal cuore ma poi sopite dalla ragione del portafoglio, suo e di Auanagana: profetizzare un pentimento futuro per la sua scelta sa più di wishful thinking che di reale convinzione (in fin dei conti non va a giocare nel Monza), ma in ogni caso trattasi di scelta professionale e come tale va rispettata, cercando di provvedere al meglio per la sua (non facile) sostituzione.
Grazie a Junior Messias, arrivato oltre i trent’anni a calcare palcoscenici importanti accompagnato da una retorica persino fastidiosa, le aspettative non erano elevatissime ma alla fine il suo l’ha fatto, e grazie al pari ruolo Alexis Saelemaekers, giocatore in grado di farmi incazzare come pochi ma che al nostro allenatore piace per la sua duttilità tattica, e questo è ciò che conta davvero.
Grazie anche a Brahim Diaz, calato molto nella seconda parte della stagione ma utile a lenire il dolore di molte vedovelle turche nella prima parte, e grazie ad Ante Rebic nonostante un’annata un po’ così condizionata dai troppi infortuni, il suo sguardo da psicopatico preferisco sempre averlo dalla mia parte.
Un ringraziamento particolare a Oliviero Bomber Vero Giroud, capitano di lungo corso capace di mettersi sempre e comunque al servizio della squadra anche nelle giornate più opache, per poi timbrare gol pesantissimi in quelle di luna buona (Napoli e Derby docent).
Grazie infine a Rafael Leao, fuoriclasse astro nascente di questa squadra, capace di lasciare sul posto qualunque difensore quando parte palla al piede, con la testa che inizia finalmente ad assecondare potenzialità fisiche e tecniche spaventose: ecco, uno così per tornare a fare il Milan anche in altri contesti va blindato seduta stante.
Perché è vero, ci siamo divertiti un mondo, ma sappiate che è solo l’inizio.
Max
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