Sampdoria-Milan Coppa Italia: presentazione

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Cominciamo con le parole distensive e pregne d’entusiasmo con cui Marco Giampaolo, l’allenatore della Sampdoria, ha accolto il nuovo acquisto blucerchiato Manolo Gabbiadini, reduce dall’esperienza non esaltante al Southampton: “Gabbiadini ci dà un’alternativa in più in attacco, permettendoci di avere un reparto di alto livello. Ma non credo nei miglioramenti a gennaio, non abbiamo preso Koulibaly o Pjanic”. Un caloroso benvenuto, insomma. Di certo una sincerità apprezzabile. E pensare che Gabbiadini è uno di quei nomi che nei giorni e nelle settimane passate erano stati accostati al Milan. Un po’ come Sensi e Muriel. Calciatori che ora giocano alla Sampdoria, al Sassuolo, alla Fiorentina. Con tutto il rispetto per queste squadre e posto che di tanto in tanto il vero campione gioca anche in compagini defilate, dobbiamo uscire dalla mediocrità che ormai ci attanaglia e che condiziona, quasi senza che ce ne rendiamo conto, ogni nostra scelta. Se vogliamo tornare grandi, i giocatori li dobbiamo prendere da squadre di alto livello. Magari non dalle primissime della classe (a meno di casi particolari), ma comunque da ambienti vincenti e abituati alla grandezza. Ma questo è un concetto già ripetuto più volte e non vorrei annoiarvi…

Oggi si gioca in Coppa Italia, alle 18.00 di un freddo sabato di gennaio, con una voglia di farlo che probabilmente rasenta lo zero. La Coppa Italia però è sempre particolare: arrivano i primi turni e ti scassi gli zebedei a pensare che toglie tempo al campionato, ma poi se poco poco si arriva alla semifinale o alla finale, tutti cominciano magicamente a sentire quel trofeo come se fosse quasi la Champions League, specie per squadre come la nostra che la Champions la vedono col binocolo da ormai un lustro (…). Ma non rigiriamo il coltello nella piaga. Samp-Milan, dicevamo, partita ostica e bella tosta, la cui principale fonte di interesse sarà il possibile esordio di Lucas Paquetá, il giovanissimo nuovo acquisto di Leonardo. Lo conosco molto poco, onestamente, di notte sono solito dormire e non seguire (o almeno, non più) il calcio sudamericano. Sembra un prospetto che fa della tecnica individuale la propria arma migliore, con un bel sinistro a pennellare passaggi, preferibilmente di prima o al secondo tocco. Dove potrà giocare? C’è chi dice che potrebbe essere impiegato come mediano di costruzione, ma non ce lo vedo, almeno non i primi tempi qui in Italia. Non tanto perché io dubiti delle sue qualità tecniche, ma perché sono certo che la sua preparazione atletica, fisica e soprattutto difensiva non sia quella minima richiesta per sopravvivere in Serie A. Potrà giocare come mezzala, questo sì, magari sulla sinistra, a sostituire l’infortunato Bonaventura. In alternativa, può anche giocare sulla trequarti.

La probabile formazione è la seguente: Reina; Abate, Musacchio, Romagnoli, Rodriguez; Kessié, Bakayoko, Paquetá; Castillejo, Higuain, Calhanoglu. Ogni partita è un esame per Higuain, lo sappiamo noi e lo sa certo anche lui. Segnare è un obbligo per il miglior cannoniere della Serie A degli ultimi cinque anni, quindi la smettesse di frignare e tornasse a fare il suo mestiere. Sono molto d’accordo con le parole di Leonardo: deve rimboccarsi le maniche e fare molto di più, perché il suo apporto al momento, pure con tutte le attenuanti del caso, è stato molto deludente. Come è stato deludete l’apporto di Calhanoglu: tanta qualità, ma nessun tipo di sostanza in questi mesi. Poche reti, pochi assist, poche giocate decisive. Anche qui, le attenuanti non sono poche, in primis il fatto di dover giocare in un ruolo non propriamente suo (certo, lo ha ricoperto in passato anche al Bayer Leverkusen, ma non è esattamente quello in cui dà il meglio), ma dopo un anno e mezzo un calciatore sa adattarsi a una nuova condizione, o almeno così dovrebbe essere. Si svegliasse, abbiamo bisogno anche di lui. Paquetá, Higuain e Calhanoglu, dunque. Se avete bisogno di tre motivi per guardare la partita di oggi, eccoli. Chi si presenta per la prima volta, chi si deve ripresentare ai suoi tifosi, riguadagnandosi la loro fiducia. Vedremo cosa ne uscirà fuori…

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.