Bologna-Milan presentazione

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Che dire della partita di Atene? In realtà si può dire molto, ma di inedito? Poco e nulla. Tutto ciò che i rossoneri di Gattuso hanno mostrato nel recentissimo passato è stato confermato nella sciagurata, tragica notte greca. Siamo discontinui. Siamo molli quando conta. Siamo immaturi. Semplicemente, non siamo una grande squadra. Forse nemmeno una grande in divenire. Lasciano decisamente il tempo che trovano le dichiarazioni polemiche di Leonardo nel post partita. Va bene il torto arbitrale (il secondo clamoroso nel giro di pochi mesi in Europa), ma certe parole rischiano soltanto di essere un alibi per giocatori da cui è lecito aspettarsi molto di più, Higuain in primis. Meglio Gattuso, su cui tuttavia grava la responsabilità di una partita preparata emotivamente male e gestita peggio.

Ciò che è stato detto appena sette giorni fa non può essere rimangiato dopo due sole partite, per quanto deludenti. I risultati di Gattuso, almeno in campionati, sono da un certo punto di vista confortanti. Nel senso che obiettivamente è un allenatore acerbo, inesperto, ma che sta facendo il massimo nelle sue corde. Si può discutere sull’opportunità di avere un apprendista sulla nostra panchina e sul gioco espresso, e sapete qual è la mia opinione in merito, ma non ci si può attendere molto di più di quanto sia stato finora messo in mostra. Le discussioni tecniche sono ormai al limite dell’inopportuno: semmai è ora la società a dover essere messa in discussione (non in senso lato, per carità, ma in questo specifico contesto). Quale la strategia sul lungo termine? Tornare grandi? Abbastanza vago come concetto. Come si punta a farlo? La domanda da un milione di dollari è servita. Perché è chiaro che gli errori di Gattuso sono dal primo all’ultimo in buona fede, ma è altrettanto palese che ci serve altro, non altre sperimentazione. Servono i big in campo e in panchina, riflesso speculare dei big o presunti tali dietro le scrivanie di Casa Milan.

Intanto un altro dei temi che lascia la partita di Atene è il rendimento di Higuain. Il nostro campione, l’uomo della provvidenza, il numero 9 che avrebbe finalmente riportato ai fasti che merita il numero che fu di van Basten, Weah Inzaghi. Oggi il Pipita, dopo un buon inizio di stagione, continua ad avere le polveri bagnate. Certo, c’è stata di mezza la squalifica post espulsione contro la Juve, ma è proprio dalla partita contro la sua ex squadra che l’argentino pare abbia perso smalto. Sia chiaro, è il nostro miglior elemento, un campione indiscutibile e la nostra miglior risorsa in una stagione di rincorsa all Champions. Anche per questo è tuttavia lecito aspettarsi qualcosa in più da uno stoccatore senza paragoni negli ultimi anni di Serie A. Al netto degli alibi che chiamano sul banco degli imputati gioco e allenatore, l’argentino deve cambiare atteggiamento e prendersi sulle spalle la squadra, come già fatto in passato.

Intanto martedì si va a Bologna, lo stadio che vide le imprese di Aliyu e N’Gotty. Di fronte a noi la squadra allenata da Inzaghi, in grande difficoltà di gioco e punti e coi nervi tesi. Qualche buona individualità (Santander, Orsolini e i vecchietti Danilo e Palacio), ma poca identità di squadra. Il nome dell’allenatore in panchina? Una nostra vecchia conoscenza, un altro degli allenatori improvvisati che il Milan ha prodotto negli ultimi anni. Non serve nemmeno specificare che il Milan di Gattuso, pur in emergenza e con tutti i suoi difetti, dovrebbe fare un sol boccone dei felsinei. La vigilia parla di un 442, con Suso e Calhanoglu ancora esterni di centrocampo, Kessiè e Bakayoko in mezzo, Cutrone e Higuain coppia gol e in difesa la linea Calabria-Abate-Zapata-Rodriguez a difesa di Donnarumma. Un po’ di carattere è gentilmente gradito. I tre punti, forse, ancora di più.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.