Bologna-Milan presentazione

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Tanta era la preoccupazione per il match contro il Parma, che alla fine sono arrivati i tre punti. Non in modo agevole, dal momento che il tanto agognato vantaggio è giunto solo nei minuti finali, ma dopo una prestazione convincente sì, si può dire. Un buon Milan che ha a tratti dominato il match contro un avversario che solo poche settimane prima aveva fatto a fettine la Roma, relegato invece una settimana fa al ruolo di sparring partner, capace di rendersi pericoloso solo in un paio di occasioni. Una squadra quadrata, con una buona produzione offensiva, attenta difensivamente e a centrocampo, ma con ancora qualche evidente difetto.

Lo sappiamo, nel calcio di partite come quella del Tardini ce ne sono ogni settimana. Avversari annichiliti, possesso palla a oltranza, palleggio ben più che decoroso, diverse occasioni da gol, ma nessuna rete. Ci sta, capita, ma non sempre il risultato è casuale, anzi, raramente. Nel nostro caso scomoderei una citazione di Robert DeNiro, secondo cui «il talento è nelle scelte». Non nelle capacità fisico-atletiche o tecniche, ma nella bravura quasi innata di prendere le decisioni più produttive al momento giusto. Contro il Parma è stato questo il nostro più grande difetto. I giocatori del Milan, specie quelli creativi (Suso, Bonaventura e Calhanoglu) solo in pochissime occasioni sono stati abbastanza lucidi da essere decisivi con le proprie scelte. Tutti e tre giocano una grandissima quantità di palloni nel corso dei novanta minuti, motivo per cui, volenti o nolenti, i nostri gol arrivano dai loro piedi. Questo non deve tuttavia portare al fraintendimento per cui siano (o possano essere) sempre decisivi. Per fare un paragone cestistico, sono come quei giocatori che mettono a referto 30/40 punti, ma con percentuali al tiro mediocri, del 20 o 30 percento. Insomma, sono importanti nell’economia offensiva rossonera? Certo, ma con una frequenza mediocre. Ed è qui che nascono i problemi. I tiri presi nel momento peggiore o le scelte di passaggio più ardite e inconcludenti non possono essere cancellate dal golletto o dall’assist, magari a loro volta inutili. Il vero salto di qualità passa proprio da decisioni migliori, che generano a loro volta più gol, meno palle perse e più pericolosità in generale.

C’è poi un problema di coraggio, nella nostra squadra. Per spiegarlo meglio porto come esempio le prestazioni a Parma dei due terzini: Conti e Theo. Entrambi hanno giocato un’ottima partita, ma se il secondo è stato tanto puntuale in fase di contenimento quanto a tratti devastante nella trequarti avversaria, il primo ha contenuto egregiamente Gervinho, ma mostrato poca intraprendenza offensiva. In particolare è enciclopedica la cattiva abitudine dell’ex laterale dell’Atalanta nel non andare quasi mai al cross di prima. Più di una volta ha stoppato e toccato il pallone troppe volte prima di far partire il traversone, impiegando un tempo di gioco in più prima di servire il/i compagno/i. Theo, dal canto suo, ha attaccato, aggredito, segnato. Ha mostrato una sicurezza nei propri mezzi e una ferocia che nessun altro dei nostri ha palesato. Non a caso, a segnare è stato proprio lui, che ha osato e vinto. Queste sono forse piccolezze, è vero, ma fanno tutta la differenza del mondo, specie se vediamo il rendimento di un giocatore come Candreva, che è passato dall’essere uno dei più odiati dai tifosi dell’Inter a ritagliarsi un ruolo da co-protagonista nella squadra di Conte.

Oggi si gioca a Bologna, campo ostico contro un buon avversario. Sinisa (un abbraccio grande quanto la Via Lattea) dovrebbe schierare il suo undici così: Skorupski; Tomiyasu, Bani, Danilo, Krejci; Dzemaili, Poli; Orsolini, Svanberg, Sansone; Palacio. Occhio al gioco sugli esterni e alle incursioni di Dzemaili, nonché al killer instinct del vecchietto Palacio, che con noi non va mai per il sottile. Pioli, dal canto suo, dovrebbe rispondere con Donnarumma; Conti, Musacchio, Romagnoli, Theo Hernandez; Kessié, Bennacer, Bonaventura; Suso, Piatek, Calhanoglu. Unico dubbio il ballottaggio tra Jack e Paquetà. Piatek ancora titolare, anche perché personalmente non ho molto apprezzato la “verve” con cui Leao è entrato a Parma. Più coraggio, ragazzi, e più lucidità. Un passo alla volta, magari, potremmo anche uscire da ‘sto guado.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.