Europa League da vincere, senza se e senza ma

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La Champions League è andata come la maggior parte di noi si aspettava fin dal sorteggio ma con quello che poi si è visto sul campo, soprattutto nelle prime giornate, dà un pò fastidio non essere riusciti a superare il turno ed accedere agli ottavi, dove la stagione scorsa insegna, può succedere di tutto. Certo fossimo stati in un altro girone, probabilmente non saremmo qui a lamentarci, ma è anche vero che l’assenza totale, da anni, di dirigenti che frequentino le riunioni di Uefa e Lega Serie A fa si che ormai abbiamo il peso politico di un pappatacio. Se pensiamo agli errori arbitrali di Milan-Atl. Madrid, Porto-Milan, Milan-Chelsea e ancora prima a Manchster UTD-Milan, certo non c’è da lamentarsi se poi vai fuori per un non rigore dato al PSG a tempo scaduto in una partita strapersa. Ma tant’è, noi vogliamo tenere un’immagine politica insulsa e intanto anche la stampa continua la sua battaglia decantando il passaggio del turno (da secondi) delle merde in un girone con Peppa Pig e Masha, mentre il nostro è un fallimento sportivo quasi epocale, quando già a settembre si sapeva sarebbe stata molto dura.

Ora l’Europa League va giocata fino alla fine, non perchè sia sempre Europa come sostiene il perdente che abbiamo in panchina, ma perchè questa squadra e questi ragazzi che sono totalmente annientati da un progetto tecnico bollito, devono ritornare a comprendere il senso del “vincere”. Non siamo nelle condizioni tecniche di poter fare gli schizzinosi, una Coppa Italia o una EL vanno giocate per vincerle, perchè abbiamo bisogno di sviluppare e coltivare la cultura della vittoria. Siccome questo input dalla società non arriva e non arriverà mai, dall’allenatore men che meno perchè non è in grado di lavorare razionalemente su questo punto, i ragazzi devono prendere in mano la situazione e rendersi conto che vincere una EL, apre le porte ad un’altra finale (Supercoppa) e dà vantaggi sportivi e di visibilità. È un piano B, ed è evidente, ma io vorrei anche che si uscisse definitivamente da questo retaggio tutto berlusconiano del bel giuoco e del giocare solo in palcoscenici consoni, ovvero la Champions. Perchè se questa mentalità è stata giusta e corretta nell’epoca (la prima) berlusconiana, portandoci tanti trofei europei ma pochini in Italia, per la squadra che avevamo, ora non possiamo più pensare di selezionare le competizioni da giocare e da non giocare. Semplicemente non si può. Posto sempre che ad Elliott interesserebbe arrivare 4 tutti gli anni e in semifinale di Champions tutti gli anni, c’è il consueto problema dell’albo d’oro, nel quale, fino a prova contraria non viene mai scritto, “secondo ma giocando bene” oppure “arrivati in semifinale”. Si gioca per vincere e arrivare in fondo a tutte le competizioni. Siccome oggi l’ambizione di vincere è ferma alle parole, bisogna iniziare a fare i fatti. Prima i passi brevi e poi la corsa.

L’arrivo di Ibra mi lascia abbastanza freddo, non perchè rinneghi Lui al canto del gallo ma perchè è più chiaramente una mossa di distrazione di massa in un momento delicatissimo. Va detto però che è anche un segnale evidente di come il Milan si stia, ancora una volta, muovendo a due teste. Da Galliani a Barbarella a Maldini e Elliott (Gazidis/Furlani), ora siamo arrivati al RedBird ed Elliott. Come scrissi tempo fa, qui il nocciolo è chi comanda veramente all’interno della socità, perchè i ruoli cardine sono tutti in mano ad Elliott, presidente, CEO e CFO. Mentre RedBird ha qualche presenza nel CdA ma poco altro. Quindi chi decide la politica societaria? Posto che l’obiettivo di entrambe le fazioni è uno solo, monetizzare dalla futura cessione del Milan. Ibra che non è uno sprovveduto e arriva dalla scuola Raiola, si è fatto blindare per bene in quota RedBird e agisce da consulente, ergo, se deve essere tagliato lo dovrà fare Redbird e non AC Milan, una piccola e sottile differenza che però può essere un grosso spiraglio per le nostre ambizioni da tifosi. Non è un garante e non lo sarà mai ma potrebbe avere un peso specifico importante, soprattutto vs Furlani e su certe decisioni.

Chiudo con la speranza che il Mondo Milan in generale possa vivere un momento di tranquillità dentro e fuori dal campo, in modo che si possa respirare di nuovo quella voglia di partite che abbiamo avuto fino a poco tempo fa, aldilà di chi comanda, di chi garantisce, di chi paga e di chi scommette. Abbiamo bisogno di recuperare entusiasmo e consapevolezza, la squadra rimane una buona squadra che non sta a 9 punti dalla vetta, non può vincere lo scudetto ma non deve mollare la presa perchè bisogna tornare a masticare la vittoria e il giocare per la vittoria.

FORZA MILAN

Johnson

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"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.