Fiorentina-Milan presentazione

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Un Milan davvero ottimo, ma solo per una quarantina di minuti. Poi un po’ di sofferenza, ma correndo pochissimi veri e propri pericoli. In modo estremamente conciso, questo il copione seguito da Milan e Torino nell’ultimo turno di campionato, che ha visto i rossoneri tornare alla vittoria grazie al gol del solito Rebic. Nulla di preoccupante il prevedibile calo fisico del secondo tempo, visti i diversi impegni sostenuti nelle ultime settimane (oltre ai match di campionato, anche i due incontri di Coppa Italia, di cui uno, proprio contro il Toro, prolungatosi fino al 120′). Ciò che invece andrebbe valutato il più attentamente possibile è, a mio avviso, l’utilizzo di Ibrahimovic da parte di Pioli. Che lo svedese abbia contribuito a cambiare da così a così una squadra prima spenta e priva della più blanda forza caratteriale è un fatto, ma lo è anche la sua età, ciò che dice la carta d’identità del fuoriclasse: quasi 39 anni. Nel match contro i granata, specie nella ripresa, è risultata palese la stanchezza del numero 21: pochissimi scatti, qualche stacco aereo, poca lucidità sotto porta. Oltre questo, il suo mancato contributo alla fase di pressing o a quella difensiva (se non saltando sui calci piazzati avversari) ha obbligato i compagni a sopperire alla sua scarsa verve. Insomma, in 9 devono correre per 10. Partita dopo partita, si tratta di uno sforzo che non può essere ignorate e che a mio avviso sta cominciando a pesare.

Certo, è complicato – se non impossibile – pensare a un Milan senza Ibra, ma è necessario provarci. La soluzione che preferirei vede Rebic come punta del 4231 di Pioli, con Theo Hernandez in alto a sinistra e, alle sue spalle, uno tra Laxalt e Calabria (ragazzi, questo passa…). Il francese di origine spagnola è sicuramente una delle note più liete di questa travagliata stagione milanista, ma nonostante ciò è risultato più di una volta evidente come la fase difensiva non sia il suo punto di forza. Non che questo sia un problema insormontabile, anzi, ma forse – lo ripeto ancora una volta – si potrebbe tentare di sfruttare il più possibile la sua progressione avanzandolo di una trentina di metri, sempre sulla sinistra. Che dipendiamo da Ibrahimovic è evidente molto più di quanto dicano le statistiche, ma non per questo dobbiamo tirare la corda, sia per noi, sia per lui. Anche perché, diciamocelo, a meno di miracoli quest’anno ci giochiamo gran poco, quindi non corriamo nessun rischio particolare, in termini di classifica.

Un altro paio di considerazioni su Milan-Torino: la prima su Matteo Gabbia, la seconda su Lucas Paquetà. Partiamo dalle buone impressioni: il giovane difensore rossonero ha dimostrato tanto sangue freddo e una signora personalità nel presentarsi così alla sua prima presenza con la maglia del Milan. Certo, non ha dovuto fronteggiare né Messi o CR7 dei tempi d’oro, ma anche il “solo” Belotti con il suo fisico, o Berenguer con la sua rapidità, potevano metterlo in imbarazzo. Invece, un paio di sbavature in fase di disimpegno e niente più. Quasi opposta invece la prestazione di Paquetà, giocatore su cui, lo confesso, credevo davvero molto. In questo momento il brasiliano è di fatto un corpo estraneo per la squadra, incapace di incidere o anche solo di impensierire i colleghi che lo hanno sopravanzato nelle gerarchie tecniche. Lunedì scorso ha abbandonato il campo, lasciando il posto a Bonaventura, a testa bassa, con in sottofondo, oltre a qualche timido applauso, anche qualche fischio poco convinto. Come a dire che nemmeno nello schieramento dei tifosi con o contro di lui il sudamericano è stato in grado di scaldare gli animi, come invece succedeva per esempio con Clarence Seedorf. Si è impegnato, ha corso, ci ha provato, ma sul più bello non è stato in grado di finalizzare, concludere, suggerire. Dispiace per il momento che sta vivendo, ma è evidente che questa stagione sia stata per lui un anno perso.

Stasera si gioca al Franchi di Firenze, terreno ostico e avversario agguerrito, per quanto poco ordinato. Queste le formazioni:
FIORENTINA (3-5-2): Dragowski; Milenković, Pezzella, Cáceres; Lirola, Duncan, Pulgar, Castrovilli, Dalbert; Chiesa, Vlahović.
MILAN (4-2-3-1): G. Donnarumma; Calabria, Gabbia, Romagnoli, Theo Hernández; Kessié, Bennacer; Castillejo, Çalhanoglu, Rebić; Ibrahimović.
C’è da vendicare l’umiliazione dell’andata, quell’1-3 che non bastò per esonerare Giampaolo, che sarebbe comunque saltato di lì a poco. Sei i punti che separano la Fiorentina dalla zona retrocessione, un numero tanto esiguo da non permettere ai toscani di dormire sonni tranquilli. Con 31 gol fatti e 35 subiti i viola hanno una differenza reti migliore di quella rossonera, ma ben sette punti in meno. Di certo, i valori dicono che la classifica non fa onore alla comunque discreta formazione titolare della squadra presieduta da Rocco Commisso. Pesa la mancanza di qualità, la difficoltà che la squadra ha nel creare gioco e occasioni se non delegando qualche lampo a Chiesa o Vlahovic. Tanta quantità, questo sì, ma poche idee: questo, in sintesi, il curriculum stagionale dei viola. Sul Milan c’è poco da dire che non sia già stato detto: con il 4231 sembra girare tutto a meraviglia, e in effetti molte delle disfunzionalità della squadra si sono parzialmente sistemate. C’è ancora tanto da fare, ma si è trovato un minimo di equilibro, di pericolosità, ma anche di agonismo. Sperando duri…

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.