Mark and Ray – From England

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Ray Wilkins

Nell’estate del 1984 il Milan decide di continuare col filone “britannico”, e dopo le esperienze di Joe Jordan e di Luther Blisset, il presidente Farina ingaggia gli inglesi Mark Hateley e Ray Wilkins: dei due l’acquisto più costoso è proprio quello del centrocampista, pagato 2 miliardi e 350 milioni di vecchie lire. La leggenda dice che il presidente Farina è volato a Manchester convinto di prendere Bryan Robson ma l’allora tecnico dei Red Devils si oppose. E così nel proseguo dell’incontro spunta fuori il nome di Ray Wilkins. Il presidente inglese è convinto di aver fatto un affare e non avvisa il suo manager ma a firme fatte, il tecnico Atkinson va su tutte le furie peggio di aver ceduto Robson e si dice che l’allenatore del team anglosassone abbia rotto la porta a calci in collera con il suo presidente per la cessione di Razor.
Nel Milan, in quella estate 1984 si respira un’aria nuova, e questo grazie soprattutto al ritorno sulla panchina rossonera di Nils Liedholm: dopo anni di buio c’è una gran voglia di ritornare a livelli consoni al blasone milanista.
Oltre ai due inglesi, il vulcanico presidente Farina acquista Terraneo, Di Bartolomei e Virdis. Il Barone Liedholm decide di costruire un centrocampo di qualità, e le chiavi del reparto vengono affidate al duo DiBa-Wilkins.
L’annata del Milan, visto il recente passato, è più che soddisfacente, se è vero che i rossoneri riusciranno a riconquistare la partecipazione alle competizioni internazionali (Coppa Uefa) dopo diversi anni ed a raggiungere anche la finale di Coppa Italia dopo una lunghissima attesa, finale purtroppo persa contro la Samp del patron Mantovani.
Wilkins non delude le attese in lui riposte, salta solo 2 partite ufficiali e mette a disposizione della squadra tutta la sua sagacia tattica.
Unico neo la scarsa capacità di incidere in termini di gol. Il primo gol con la maglia rossonera lo mette a segno nell’estate 1985, alla sua seconda stagione in rossonero, in coppa Italia contro l’Arezzo.
L’annata parte bene il Milan è stabilmente nelle prime posizioni però da novembre in poi inizia ad essere travagliata, soprattutto a seguito delle drammatiche vicende che portano, nel mese di dicembre, alla fuga del presidente Farina con il Milan sull’orlo del fallimento.
I guai societari influenzano pesantemente il rendimento della squadra, ed il venir meno delle aspettative generate dalla positiva stagione precedente, porta un clima di contestazione dei tifosi che sarà placato a febbraio solo dall’annuncio dell’acquisto della società da parte di Silvio Berlusconi.
La classe e la personalità permetteranno a Wilkins di restare a livelli  accettabili, e si conferma uno dei punti di riferimento della squadra (saranno 41 le presenze stagionali). In questa stagione i tifosi rossoneri conosceranno anche il modo di esultare di Ray dopo un gol: al gol estivo di Coppa Italia seguiranno due centri consecutivi in campionato alla 19ma e 20ma giornata, ed il pugno destro alzato verso i tifosi per incitarli all’entusiasmo divenne celebre. Nella stagione 1986/87, la prima di Berlusconi presidente, la dirigenza decide di confermare sia il tecnico (Liedholm) che la coppia di stranieri (Hateley-Wilkins), ma il cammino balbettante del Milan spinge lentamente alcuni giocatori ai margini dell’undici titolare.
Ray Wilkins è impiegato sempre di meno, ed alla fine della stagione con solo 24 presenze di cui 17 in campionato, la società punta ad uno stravolgimento generale che porta alla nascita del Milan di Sacchi.
Wilkins non rientra più nei piani e conclude la sua avventura in rossonero.
In totale saranno tre stagioni comunque positive, che faranno di Ray Wilkins uno dei calciatori più apprezzati dal popolo milanista.
La conferma di tutto questo è data dall’autentica ovazione che San Siro gli tributa nella serata di Millan-Barcellona che sancisce la conquista da parte dei rossoneri del Mundialito per club del 1987: un saluto che è riservato solo ai grandi della nostra storia, e Ray Wilkins ha avuto solo il demerito di essere un Grande in un Milan ancora piccolo.

Mark Hateley

E’ il 28 ottobre 1984, il Milan è appaiato all’Inter al terzo posto della classifica, non vince la Stracittadina dall’anno della Stella, arriva da due stagioni non consecutive in Serie B e il Presidente-agricoltore Giusy Farina affitta Milanello per banchetti di nozze nel tentativo di far quadrare i conti.
Altobelli prende palla e tenta di far ripartire l’azione nerazzurra ma viene prontamente fermato da un intervento deciso di capitan Baresi che, dopo aver recuperato palla, serve Virdis, il quale, giunto sul fondo, serve a centro area un cross sul quale si avventa Mark Hateley. Lo stacco dell’attaccante inglese è rapido e imperioso, tanto da permettergli di anticipare Collovati, che qualche anno prima accetta il trasferimento all’Inter per evitare la Serie B, e di insaccare alle spalle di Walter Zenga. 2 a 1, ha vinto il Milan!

«A come atrocità, doppia T come terremoto e tragedia, I come ira di Dio, L come Lago di sangue, A come adesso vengo e ti sfascio le corna!».

Attila, così fu ribattezzato dai tifosi Casciavit, sulla eco del recente successo di Abatantuono. Mark Hateley, classico centravanti britannico, che nell’estate 1984 è arrivato al Milan tra lo scetticismo generale, accompagnato da Ray Wilkins.
Con quel gol nel Derby aveva acceso le speranze del popolo rossonero che, mentre le altre squadre acquistano Maradona, Platini, Zico, Socrates, si è visto recapitare un giovanotto inglese, molta spocchia, ben poca tecnica palla a terra.
«Mi ha sbalordito», affermarono Franco Baresi e Mauro Tassotti, mentre Liedholm gongolante si assumeva i propri meriti: «Ha già imparato molto in fatto di tecnica, anche se può e deve fare ancora meglio. Il risultato, però, è sotto gli occhi di tutti».
Purtroppo fu solo una piccola grande illusione, che presto svanisce. Durante Torino-Milan la partita successiva a quel famoso derby, Attila s’infortuna al menisco del ginocchio destro e, quando rientra, pur continuando a lottare per la squadra, non è più lo stesso. Sempre generoso e battagliero durante i novanta minuti, nei due anni successivi, però, non è più in grado di ripetere le sue progressioni devastanti, né i gol epici come la rete che consegnò quel Derby emozionante al Milan o il gol del 2 a 0 alla Lokomotiv Lipsia, in Coppa Uefa, dopo la quale si appese alla traversa in segno di esultanza per essere più vicino ai tifosi.
Attila, grazie a quel 28 Ottobre, alla sua combattività e a quel gesto romantico, fece breccia nel Cuore del popolo rossonero che gli perdona parecchi errori, sia sul campo che fuori, come l’andare a sciare al Sestriere venti giorni dopo l’operazione al menisco, oppure dichiarazioni come: «Una volta a Milanello, Berlusconi ci confessò uno ad uno. Io ero giovane, ma figlio di un calciatore e ne sapevo abbastanza per comprendere che quell’uomo di football capiva poco. Voleva fare l’allenatore, voleva fare tutto. Aveva deciso di sostituirmi con Van Basten e Gullit, così mi mise da parte ma non mi fece nemmeno andare alla Roma».
Dopo tre anni e 17 gol con la maglia del Milan, Mark Hateley, la penultima giornata di campionato, contro il Como, saluta la Curva con uno striscione: «Grazie a tutti. I love You Milan. Mark Hateley», al quale tutto il tifo milanista rispose con un applauso commovente perché, pur non essendo un grandissimo, Attila, aveva sempre dimostrato attaccamento alla maglia e questo è sufficiente per essere amati e ricordati.
Mark Wayne Hateley sicuramente non è stato il più grande, forse non è stato nemmeno un campione, ma per quel gol e per quella sua irruente generosità si merita di essere ricordato anche dai ragazzini.

W Milan

Harlock

P.S.: con questo articolo finisco il racconto dei primi anni ottanta…nel tempo inizieremo quello della seconda metà anni ottanta, quello che ci porterà all’evento storico di Berlusconi.
Dal prossimo articolo ritoniamo a parlare e scrivere di attualità…qualcosina da dire c’è l’ho anch’io.

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"Quando il Milan ti entra nelle vene avrai sempre sangue rossonero" Ho visto la serie B, ho visto Milan Cavese, ho toccato il tetto del Mondo con un dito e sono ricaduto ma sempre rialzato. Ho un papà Casciavit....Grazie per avermi fatto milanista.