Milan-Fiorentina presentazione

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Sono un po’ stufo. Non da ora, per carità, ma sto cominciando davvero a sentire il peso di questi anni. Nulla di drammatico, per carità, si parla di calcio, non della vita di tutti i giorni, di ciò che conta davvero. Rimane tuttavia il fatto che sono oltre sette anni, dallo Scudetto perso contro la Juve, che il Milan ci dona poche soddisfazioni e molti patemi. Qualche fugace sorriso, certo, come la Supercoppa di tre anni fa, ma poca roba. L’uno-due Derby-Torino potrebbe stendere chiunque di noi, mettere ulteriormente a dura prova la nostra pazienza e non mi permetterei di giudicare se così fosse davvero per qualcuno. Non c’è niente di più sfibrante e deprimente della speranza costantemente tradita e delle aspettative anno dopo anno disattese, della distruzione di simboli come Inzaghi, Gattuso e Seedorf (sperando non capiti lo stesso con Paolo&Zvone) che tanto hanno dato a questi colori.

In pochi giorni e in sole tre ore di gioco abbiamo assistito all’intero spettro dell’impotenza che questa squadra potesse mostrare. Dal Derby in cui la superiorità dell’Inter è stata evidente e manifesta tanto da far sembrare lo 0-2 quasi riduttivo, fino alla trasferta in terra sabauda, dove la superiorità è stata la nostra, ma non per questo siamo riusciti a portare a casa i tre punti. Anzi, manco uno, se è per questo. Come dire che qualunque sia la nostra prestazione o la nostra predisposizione all’avversario e ai 90 minuti di gioco, il risultato non può che essere sempre lo stesso. La sconfitta. Questo cosa vuol dire? Che i nostri calciatori saranno sicuramente mediocri, sopravvalutati e manchevoli sotto mille punti di vista, ma prima di tutto sono quelle che in gergo tecnico non possono che essere definite, e perdonate il francesismo, delle “mezze seghe”. Non hanno un problema caratteriale, non sono insicuri, né hanno vuoti di concentrazione. Sono delle “mezze seghe”. Punto. Giovedì il Torino ha fatto poco e nulla per ribaltare il risultato, eppure ci è riuscito in un amen, e senza che noi riuscissimo a reagire una volta cucinata la frittata. Nel Derby non si è visto un briciolo di coraggio o anche di incoscienza per arrivare a tutti i costi a ricucire il danno del gol di Brozovic. Addirittura con l’Hellas in dieci il rischio di subire il pareggio è stato quasi insopportabile per le nostre coronarie. E mi spiace sentire da alcuni tifosi giustificazioni per quanto accaduto in questi giorni. Non che li voglia mettere in croce, capisco ogni reazione a caldo, ma pur essendo stata evidente l’ingiustizia arbitrale perpetrata tre giorni fa da Guida, non ci sono errori altrui che tengano. E certo, la prestazione nel primo tempo è stata molto buona, ma questo non ci ha impedito di subire un’altra sconfitta. Anzi, a onore del vero aggrava ulteriormente il giudizio poco fa espresso.

Altri tifosi si concentrano invece sul fattore anagrafico del gruppo, come fatto anche sul Night più volte, pure dal sottoscritto. Ho sempre affrontato l’inizio di questa stagione con la consapevolezza che avremmo vissuto momenti simili, ma a tutto c’è un limite. E soprattutto, una cosa sono i cali di concentrazione, i blackout, gli episodi negativi e gli svarioni dei giovincelli, un’altra la sciatteria che non viene corretta, la strafottenza e la sicumera ingiustificata. Un po’ di tutto questo c’è nel mancato passaggio di Suso (26 anni, non 12) nel Derby, nelle marcature svogliate su Lukaku e Belotti di Romangoli (Capitano) e Musacchio (29 anni), nonché negli errori clamorosi di Kessiè (100 e passa presenze in Serie A) e Donnarumma (quasi 150). Giocare nel Milan vuol dire anche sapersi e volersi prendere le proprie responsabilità, abitudine che purtroppo è andata perduta dalle parti di Milanello.

Il rischio che corriamo oggi è evidente: quello di alimentare il circolo vizioso in cui ci siamo fatti risucchiare. Contro la Fiorentina di Montella Giampaolo dovrebbe confermare l’11 di Torino. Di contro, i Viola si dovrebbero schierare con il solito 352, formato da Dragowski; Milenkovic, Pezzella, Caceres; Lirola, Pulgar, Badelj, Castrovilli, Dalbert; Chiesa, Ribery. Positivo nel match di Torino il giovane Leao, così come Theo Hernandez e Bennacer. Il loro brio e la loro freschezza deve essere presa da esempio da tani elementi che nel Milan odierno puntano più a vivacchiare o al proprio orticello, che al bene comune. Ma nulla si otterrà o si riuscirà a fare se non si cambierà mentalità, se non matureremo una cattiveria agonistica che ancora oggi sembra un’utopia.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.