La stagione è ormai virtualmente finita, specie dopo la matematica qualificazione del Milan alla prossima Champions League raggiunta con il pareggio di Torino. Le ultime quattro partite dell’anno saranno oltre l’inutile, una serie di incontri che sul futuro non potranno dire nulla né in merito ai giocatori, né in merito alla guida tecnica. Al massimo diranno se il Milan potrà o meno giocare la prossima Supercoppa Italiana (bastano 3 punti), ma nient’altro. Il futuro di Pioli è ovviamente già segnato, ma ancora non si è chiarito il nome del suo successore. Come già espresso la scorsa settimana non sono in grado di sbilanciarmi su Lopetegui e il suo gioco, non lo conosco. Rimane il fatto che a pelle, così come molti altri, nemmeno a me faceva particolarmente impazzire la sua figura, e sono tutt’altro che triste della marcia indietro fatta dalla società. È tuttavia su questo su cui vale la pena interrogarsi. Quanta fiducia ha nelle sue stesse scelte una società che cambia idea dopo una sommossa del tifo? E oltre questo, che tipo di polso può avere dell’ambiente un board che pensava che un Lopetegui potesse andare bene ai supporters dopo la stagione vissuta?
Andiamo con ordine: pur non conoscendo nel dettaglio il tipo di gioco che esprimono le sue squadre, Lopetegui di certo non poteva essere un nome in grado di scaldare il tifo. Non è un ex giocatore con idee brillanti e innovative come un Xabi Alonso, non è un allenatore con un curriculum internazionale di alto livello come un Klopp, non è un allenatore conosciuto per il gioco divertente che esprimono le sue squadre come De Zerbi. I tre nomi citati possono essere categorizzati come l’”astro nascente”, il “top di gamma” e l’”eccentrico”/il “visionario”. Potremmo definire invece Lopetegui come l’”usato sicuro”. Diesel, 120.000 km., unico proprietario, tagliandi completi, gomme appena sostituite. Dopo una stagione in cui il Milan non ha superato la fase a gironi di Champions League, è stato eliminato ai quarti di finale di Europa League dalla Roma e di Coppa Italia dall’Atalanta e si è visto vincere in faccia, in casa, lo Scudetto della Stella dell’Inter, per risollevare l’umore dell’ambiente non è possibile scegliere un “usato sicuro”. Non è proprio ammissibile. E se lo capiamo noi com’è possibile che non lo capisca chi deve prendere queste decisioni di mestiere?
Arriviamo ora al secondo punto. Una volta compiuta una scelta è corretto che una dirigenza faccia marcia indietro dopo che i tifosi si sono espressi negativamente su di essa? In linea di massima sarei più propenso a rispondere “no”. Nel senso che una decisione, una volta presa, va difesa e perseguita. Per assurdo da adesso in poi ogni scelta di mercato non condivisa dal tifo potrebbe essere oggetto di protesta. Si suppone che ogni decisione presa da dirigenti che, si spera, siano competenti in materia, sia fondata su ricerche e analisi, non buttata lì a caso. Probabilmente se in questo caso si è compiuta una simile inversione a u è perché di ricerche e analisi ve ne sono state poche. Insomma, per come la vedo io la società aveva la coda di paglia e piuttosto di cannare totalmente una decisione tanto ostracizzata dal tifo (e che gliel’avrebbe potuta rinfacciare) ha preferito ricominciare il casting da capo.
Va da sé che oltre all’allenatore servirà rinforzare la rosa in tutti i reparti: Buongiorno in difesa, un Toni Kroos a zero a centrocampo più un altro tassello, un Sesko o Zirkzee davanti e uno o due ricambi sulle fasce in difesa. Serviranno non meno di 120 milioni di budget totale e senza cessioni “eccellenti” (se non per offerte importanti e con gli eventuali ricavi reinvestiti), ma soprattutto sarà essenziale ricostruire la mentalità di una squadra che o se la costruisce ora o non riuscirà a farlo più.
Fab
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