Eccoci qui, un altro anno da tifosi di una squadra morente, priva di orgoglio e ancor meno competitiva. Chi ce lo fa fare? Una passione pressoché incomprensibile, specie di questi tempi, forte e innata, messa a dura prova da lustri di insopportabili fallimenti e prese in giro. Qualche contentino lo abbiamo avuto, ma niente di che: qualche acquisto, alcuni ritorni, poche vittorie di grido, un solo trofeo messo in bacheca. Tra i ritorni, anche quello di Ibra, che pochi giorni fa è sbarcato a Milano – sponda Milan – per la sua terza venuta italiana. È forse questo l’unico aspetto che oggi anima, seppur in parte, il tifo rossonero: l’arrivo di un giocatore di 38 anni a ringalluzzire un reparto, quello offensivo, che in questi mesi ha mostrato tutta la propria inadeguatezza.
Cosa aspettarsi da Ibra non lo potrà sapere nessuno di noi, anzi, verosimilmente forse nemmeno lui. Un calciatore stratosferico, in grado di gestirsi, con parecchio carisma, certo… ma pur sempre di 38 anni. Mi sembrano comprensibili entrambi gli atteggiamenti che i tifosi del Milan stanno mostrando in questi giorni, tanto quello ottimista, quanto quello pessimista. L’unica cosa che mi permetto di aggiungere alla discussione è semplicemente un sonoro “cos’abbiamo da perdere?”. Nulla, o sbaglio? Quindi chi se ne frega, ben venga Ibra, non è lui né il suo stipendio a preoccuparmi, semmai tutto il contorno, ma questo ce lo siamo detti fino allo sfinimento.
Domani a Milano arriverà la Samp di Ranieri, l’allenatore che fino a pochi mesi fa era accostato alla panchina rossonera. Una squadra, quella blucerchiata, che si è resa protagonista di una delle peggiori partenze della propria storia in Serie A, ma che allo stato attuale delle cose sarebbe salva. Ranieri ha messo ordine nella disposizione tattica della squadra, ma soprattutto nel suo approccio alle partite, nella gestione delle stesse, nella spaziatura tra reparti. Più semplicità, meno idee: d’altronde non stiamo parlando di sceneggiatori della Disney che devono creare un nuovo blockbuster natalizio, ma di 11 ragazzuoli che devono fare il meno schifo possibile per riuscire a non retrocedere. L’errore di Di Francesco (e prima ancora di chi l’ha scelto) è stato forse proprio quello di aspettarsi e voler ottenere qualcosa in più da una rosa certo più che discreta, ma non certo di livello. L’ex mister di Inter, Roma, Juventus, Leicester, eccetera, eccetera, eccetera sarà con ogni probabilità il seguente: Audero; Depaoli, Colley, Murillo, Murru; Linetty, Ekdal, Jankto; G. Ramírez; Gabbiadini, Quagliarella. Come detto, un 11 di buon livello, ma nulla di più. Gaston coi suoi colpi può accendere il match, così come Quagliarella, mentre il reparto arretrato, nonostante il centrocampo di peso e resistenza, continua a soffrire a causa dell’inadeguatezza di diversi interpreti.
Sul Milan non c’è da dire più di tanto, basta citare i giocatori che andranno in campo: G. Donnarumma; Conti, Musacchio, Romagnoli, Theo Hernández; Kessié, Bennacer, Bonaventura; Suso, Piatek, Çalhanoglu. A parte due elementi, gli stessi di Bergamo. Alcuni di questi mi permetto ancora di aspettarli, di “comprenderli”, di giustificarli, se così possiamo dire. Altri, invece, per quanto mi riguarda sono irrecuperabili: egoisti, inconcludenti, dannosi. Il talento è fondamentale per poter arrivare ad alti livelli, ma prima di esso è fondamentale l’atteggiamento propositivo, il carattere, la leadership, la tendenza a sacrificare qualche obiettivo personale pur di raggiungerne altri di squadra. Quando questo manca, manca tutto. Speriamo solo che la purga sia rapida e fatta, almeno stavolta, con criterio.
Fab
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