Milan-Udinese presentazione

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Signori miei, 38 anni, sì, ma una classe e un carattere inimitabili. Una fame, una voglia di vincere, una predisposizione al sacrificio e alla fatica che nessuno dei nostri giocatori ha mai mostrato in questi mesi (o comunque, molto raramente). Un impatto, seppur limitato a una singola partita da titolare, che onestamente non immaginavo potesse avere sulla squadra, e invece…. E invece Zlatan Ibrahimovic, anche complice il cambio di modulo di Pioli, ha illuminato un gruppo depresso e devastato da mesi – se non anni – di egoismo e comportamenti da prime donne. Ciò che serviva alla squadra era proprio questo: un leader vero, fatto e finito, diverso dai Romagnoli, Suso e Donnarumma, capace di motivare i propri compagni, responsabilizzarli, farli crescere al proprio fianco. Una manna dal cielo, insomma.

A Cagliari, non il campo più semplice dove giocare, il Milan ha sofferto il giusto (poco, in realtà) e colpito nei momenti migliori. Non banale che abbiano segnato i due attaccanti, prima Leao e poi Ibra, così come non è stato banale nemmeno il gol di Piatek pochi giorni fa contro la Spal. A Cagliari, dei tre pseudo-fenomeni citati nello scorso pezzo (Bonaventura-Calhanoglu-Suso), i moschettieri che si pestano i piedi e sgambettano insieme gli attaccanti, il solo turco è stato impiegato dal primo minuto, con i restanti due accomodatisi in panchina. Fermiamo però gli entusiasmi: non è detto che lo 0-2 sia figlio solo ed esclusivamente di questa scelta, ma soprattutto non è detto che la nuova disposizione tattica sia garanzia di successo, anzi. Fosse così facile…. È tuttavia un punto di partenza, anche solo per Pioli, che si è sentito libero di poter esplorare altre possibilità, di non essere ancora e in eterno schiavo della convinzione che senza quei tre calciatori non si possa giocare ‘sto sport.

Abbiamo visto di certo una squadra più ordinata, più sensata, più sicura di se stessa e più cinica. Non sono sicuro che il 442 sia (né che debba essere) il modulo su cui costruire il nostro futuro, ma di certo devono essere due le punte da schierare. In questo senso, per commentare gli ultimi rumor di mercato, non comprendo a pieno l’interesse del Milan per Under, un esterno da 433. Stesso dicasi (più o meno) per Dani Olmo, che può tuttavia anche giocare più centralmente. Se dovessero entrambi essere acquistati, magari già in questa sessione invernale, il Milan potrebbe trasformarsi offensivamente in una sorta di 4231/424, con Olmo e Under sugli esterni e Ibra alle spalle o al fianco di Leao/Piatek. Ecco, se la prospettiva tecnica dei due acquisti fosse questa, l’idea mi stuzzica e non poco. Ma lo confesso, per liberarmi di Suso mi basterebbe anche molto meno di Under, pure un Lanzafame qualsiasi.

Detto ciò, concentrazione al prossimo match: abbiamo una vendetta da consumare. Certo, di vendette nel girone di ritorno ne avremmo non poche da prendere, sarà difficile riuscire a farlo, ma cerchiamo di cominciare bene. A San Siro arriverà l’Udinese di Gotti, che dovrebbe scendere in campo in questo modo: Musso; Becao, Troost-Ekong, Nuytinck; Larsen, Mandragora, Fofana, Sema; De Paul; Okaka, Lasagna. Pioli dovrebbe invece confermare la formazione di Cagliari: Donnarumma; Calabria, Musacchio, Romagnoli, Hernandez; Castillejo, Kessie, Bennacer, Calhanoglu; Ibrahimovic, Leao. I friulani sotto la guida di Gotti sono diventati una squadra molto tosta e quadrata: 24 i punti in campionato (uno in meno del Milan e gli stessi del Napoli), che valgono al momento una posizione relativamente tranquilla a centro classifica. Il tridente De Paul-Okaka-Lasagna funziona, così come è stata registrata anche la fase difensiva, tanto che nelle ultime tre partite (tre vittorie) sono stati sei i gol segnati e solo uno quello subito. Una squadra insomma e con i suoi discreti guizzi, insomma. Di fronte, un Milan che sembra ritrovato più nell’atteggiamento che nei risultati, cui va necessariamente data continuità. Nella speranza che qualche soddisfazione, seppure piccola, arrivi anche dal mercato.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.