Parma-Milan presentazione

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Contro il Napoli non una prova imbarazzante, è vero. Non abbiamo “goduto” del Milan spento di questo inizio di stagione, ma non abbiamo nemmeno avuto modo di apprezzare una squadra sulla via della guarigione, a voler essere onesti. Insomma, dopo un principio nero, ecco la continuazione grigia, o meglio, totalmente incolore. Piatta come una donna senza curve né seno, apatica come una domenica senza Serie A, banale come le nature morte di un pittore poco più che amatoriale. Tuttavia, al contempo irritante come il traffico nell’ora di punta, odiosa come chi ti supera in fila in posta, inopportuna come il trapano che ti sveglia alle 8 del sabato mattina. Il Milan dona ulteriore dignità alla celebre citazione di Alfred Camus, che ne “La Peste” scrive: «Domanda: come fare per non perdere il proprio tempo? Risposta: provarlo in tutta la sua durata. Mezzi: passare giornate nell’anticamera d’un dentista, s’una sedia scomoda; vivere sul balcone nel pomeriggio della domenica; ascoltare conferenze in una lingua che non si conosce; scegliere i tragitti ferroviari più lunghi e più disagevoli e viaggiare naturalmente in piedi; far la coda ai botteghini degli spettacoli e non prendere i posti, ecc…, ecc…». Possiamo aggiungere: guardare le partite del Milan.

Vincere è bello, non vincere mi può anche star bene, sono in grado di sopravvivere alla mia squadra che non prevale sulle altre. Me ne faccio una ragione, non ho alternative. Ma che non ci si possa emozionare davanti al proprio sport preferito, praticato da ominidi con indosso i colori che ci fanno palpitare, beh, questa è ben altra cosa da dover mandar giù. Una pillola che nemmeno Mary Poppins saprebbe rendere commestibile. Discorsi triti e ritriti, ne convengo, ma considerata l’inutilità delle considerazioni precedenti a partite come quelle che sta attualmente disputando il Milan, beh, forse più opportuni. Ad ogni modo, piantiamola con il deragliamento emotivo e torniamo a noi.

Il Parma è un osso duro. Non tanto perché si trova quattro punti sopra di noi – questa non si può certo considerare un’impresa – quanto per la capacità di rendere dannatamente intensi (e quindi lunghi) i 90 minuti di gioco. Per informazioni chiedere alla Roma di Fonseca, che non più tardi di tre settimane fa ne ha buscati due al Tardini, tornando a Sud sulla A1 con la coda tra le gambe. Bruno Alves, Darmian, Barillà, Kucka, Kulusevski e Gervinho. Freschezza, ma soprattutto esperienza e corsa, parecchia. L’ossatura dei ducali è tutta qui: equilibrata e senza fronzoli, la squadra costruita da D’Aversa ha uno spirito oserei dire quasi europeo, di certo non convenzionale nel nostro campionato. Aggredisce, non si impone tecnicamente: per questa ragione può metterci davvero in serio imbarazzo.

Per poter giocare il calcio del Parma, che tra l’altro già un anno fa in questo periodo si stava imponendo come una delle sorprese dell’anno (per poi perdere pericolosamente posizioni sul finire della stagione), servono organizzazione e disciplina, caratteristiche per il Milan idiosincratiche, a cui è letteralmente allergico. Come un furfante quando incontra un onest’uomo non riesce proprio a soffrirlo, allo stesso modo gli svogliati rossoneri non concepiscono l’esistenza di chi fa del duro lavoro il mezzo con cui raggiungere i risultati fissati. Il Milan arruffone cerca con espedienti di portare a Milanello la pagnotta, ma chi è abituato a guadagnarsela col sudore non la dà via così facilmente: per questo il match di oggi mi sembra estremamente pericoloso, considerando inoltre che un ulteriore 0 potrebbe davvero farci scivolare a un passo dal baratro della lotta per non retrocedere, distante una ridottissima manciata di punti.

Come se la giocherà il condottiero Pioli? Col 433, naturalmente: Donnarumma; Conti, Musacchio, Romagnoli, Theo Hernandez; Kessié, Bennacer, CalhanogluSuso, Piatek, Bonaventura. Squadra che vince e convince non si cambia. Anche se non vince, né convince. Ché tanto i nostri somarelli questi sono, anche se non carini e coccolosi come l’Ih-Oh del Bosco dei 100 Acri. Ugualmente tristi e depressi, però. Che dire, esclusi pochissimi degli elementi appena citati, la mia personale fiducia nell’11 iniziale è credo la più bassa registrata dai tempi del Milan di Pippo Inzaghi, che poteva vantare l’utilizzo di elementi del calibro di Menez, Destro, Honda e Montolivo. Parliamo di cinque anni fa, la stagione successiva alla nostra ultima comparsata in Champions League. Un lustro che non terminerà certo il prossimo anno, né temo quello successivo. Armiamoci di pazienza, amici: se non altro apprezzeremo di più il nostro tempo, come accennato poco fa. Grazie a Camus. O grazie al cazzo.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.