“Ora lo scompenso tra le montagne russe del campionato e il cammino esaltante in Champions, deve appianarsi: per tornare a giocare nell’Europa che conta, infatti è più importante la seria A che la stessa Champions. Sono felice che la new generation, i milanisti ventenni di oggi, imparino a conoscere vibrazioni, palpiti ed emozioni europee. Ma. Ma. Ma…vuoti di memoria come a Firenze non devono più accadere fino a giugno, per non rischiare di lasciare il passo a qualcuno meno attrezzato e forse meno meritevole, ma più regolare in questo sprint di primavera. Per rivivere quelle emozioni, infatti, è indispensabile tornarci. (L. Serafini su Milannews)
Quello che ho appena riportato è il paragrafo finale dell’editoriale di venerdì scorso scritto da Luca Serafini per Milannews. Mi sono permesso di riportarlo, perché Serafini riesce a fare una perfetta sintesi del mio ultimo post.
Non si tratta di fare paragoni con le squadre formidabili del passato, ma acquisire quella mentalità vincente che ti impedisce di scendere in campo come a Firenze e a San Siro contro la Salernitana.
Personalmente, la sconfitta di Firenze è stata indigesta per come è avvenuta e soprattutto perché in questa stagione è già accaduto troppe volte. E il pareggio dell’altra sera purtroppo non fa che confermare questa situazione. Dopo aver trovato il gol nei minuti di recupero del primo tempo siamo scesi in campo per giocare la ripresa con un atteggiamento di supponenza e con la convinzione di gestire il risultato e di portare a casa la vittoria.Purtroppo molte volte ci siamo detti che questa squadra non sa gestire e non deve snaturarsi per cercare di fare un qualcosa che non sa fare. È evidente che il gruppo debba imparare a gestire il doppio impegno, se vuole iniziare a pensare in grande e a togliersi di dosso l’etichetta di squadra giovane.
Anche su questo concetto bisogna che ci capiamo: cosa vogliamo intendere per squadra giovane?
Mike Maignain 28 anni a luglio,
Fikayo Tomori 25 anni compiuti a dicembre,
Theo Hernandez 26 anni a ottobre,
Pierre Kalulu 23 anni a giugno,
Ismael Bennacer 25 anni compiuti a dicembre,
Sandro Tonali 23 anni a maggio,
Rafael Leao 24 anni a giugno,
Malick Thiaw ad agosto 22 anni.
Questo per citare solo alcuni esempi, ma potrei elencare tutta la rosa. Quindi dobbiamo capire cosa intendiamo per squadra giovane. Se a livello anagrafico o di esperienza.
Perché anagraficamente iniziamo ad avere una età giusta, con una media di 24/25 anni nei giocatori cardine della squadra. Se poi entriamo nel campo dell’esperienza, allora la situazione cambia. Sì, siamo una squadra giovane: questo ci porta a trovarci spesso proprio su quelle montagne russe citate da Luca Serafini nel suo editoriale. Ma perché allora si arriva a 20/21 anni a non avere più l’esperienza di una volta? Oppure perché in certi contesti un ragazzo di 22 anni non è più considerato giovane bensì già formato? Solo per necessità? Probabilmente.
In Italia sotto questo aspetto siamo molto indietro “culturalmente” in tutti gli sport e il mondo del calcio non è esente. I ragazzi che intraprendono la via del calcio non sempre sono aiutati e supportati in modo adeguato. In passato la squadra primavera formava giovani che potevano ambire a giocare in prima squadra fin da subito, magari li mandavi un anno in prestito a farsi le cosiddette “ossa” per poi rientrare alla base belli formati. Ora i vari Pobega e Colombo devono rimanere in prestito almeno tre anni, se non di più, per acquisire una certa esperienza. Eppure io a gennaio, vista la penuria dei nostri attaccanti, non avrei disdegnato di riportare a Milanello Lorenzo Colombo. I prestiti, comunque, sono spesso pericolosi, perché non sempre gli interessi di squadre come il Milan combaciano con quelli delle altre squadre. Perché a gennaio inizia un “secondo” campionato: da una parte squadre impegnate nella disperata corsa alla salvezza che porta all’accantonamento dei giovani a vantaggio dei profili più esperti o con allenatori con l’unico obbiettivo di salvare il proprio posto in panchina e dall’altra squadre come il Milan che hanno altri interessi e si trovano ad essere “ostaggio” di questo sistema.
L’altro giorno leggevo romanticamente di Daniel Maldini castigatore degli “orrendi”, per riprendere un aggettivo tanto caro a Chiara. Anche Daniel, comunque, che ad ottobre compie 22 anni, inizia ad essere considerato non più così giovane e “carente” di esperienza sul campo: finora 13 presenze con un totale di 387 minuti giocati, che significa meno di mezz’ora a partita. Poi ci lamentiamo del fatto che in Italia dal settore giovanile non escano più giocatori degni di nota o perché andiamo ad acquistare in Francia, dove a 19 anni sono già tecnicamente e tatticamente più avanti dei coetanei italiani.
Il campionato Primavera non serve più a nulla per come è strutturato. Troppa differenza fisica e tecnica rispetto alla Serie A, ma anche rispetto alla Serie B. Poi penso che solo da noi, nella maggior parte delle squadre, i maggiorenni giocano ancora in primavera e il Milan è una delle poche squadre che ha la tendenza a giocare con i sotto età e visti i risultati in campo europeo di martedì scorso la scelta è quella giusta.
Stalmach dicembre 2005,
Chaka Traore dicembre 2004,
Hugo Cuenca gennaio 2005.
Giusto per citare tre dei nomi degli ultimi investimenti rossoneri. Quindi quanto potrebbe valere una vittoria in un campionato primavera, se poi non si arriva ad attingere quasi nulla da quel settore, se non qualche piccola plusvalenza?
Una soluzione potrebbe essere la creazione delle tanto “ambite” seconde squadre. Perché ragazzi di 19/20 anni non possono continuare a vivacchiare in primavera. La Juventus in questo si è lanciata e ora dalla sua Under 23 qualcosa sta pescando: Miretti, Fagioli, Soulè… Bisogna comunque considerare che per creare queste squadre ci vuole denaro, strutture ed insegnanti di calcio. Sì, proprio insegnanti di calcio. Perché ormai si vedono sempre più spesso ragazzini di 13/14 anni fare perfettamente una diagonale difensiva, che poi non sono in grado effettuare un cross che si possa definire tale. Si sta smarrendo il concetto di tecnica.
Poi viviamo nel paese calcistico dove si reclamano a gran voce le riforme, ma nessuno le fa, perché “stiamo bene così”. Perché per creare le seconde squadre bisognerebbe riformare promozioni e retrocessioni: una Under 23 che retrocede in serie D rischierebbe di perdere tutti i cartellini dei giocatori e quindi anziché chiamare Milan Under 23 perché non chiamarla Cinisello Balsamo e creare quelle società satellite? Magari si risolve anche il problema a quelle società che ogni anno devono inventarsi qualcosa per mettere su una squadra da Lega Pro.
Forse iniziare a fare esperienza contro i vecchi marpioni della Lega Pro e mangiare un po’ di erba mista a sabbia, potrebbe essere positivo per i ragazzi, anziché giocare nei salottini ovattati del campionato primavera.
A mio avviso, il Milan, che in questi anni ha investito non pochi milioni e qualcosa potrebbe raccogliere, avrebbe il dovere per lo meno di pensare a questa soluzione, perché il campionato primavera, così com’ è, non aiuta e non prepara quei ragazzi che potrebbero un giorno avere un futuro a tinte rossonere.
W Milan
Harlock
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