Udinese-Milan presentazione

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Una settimana fa, al momento di scrivere la consueta presentazione prepartita, ero lì lì per pubblicare una delle classiche ricette che solitamente seguivano nelle passate stagioni la fine dei “sogni di gloria” del Milan, il momento in cui l’obiettivo stagionale poteva dirsi definitivamente sfumato. Non l’ho fatto, ed è stato decisamente meglio così, dal momento che mi sarei preso (altre) spernacchiate nei commenti. Oggi, due sole partite più tardi rispetto a quella che si sarebbe giocata la scorsa domenica pomeriggio, il Milan si è sbarazzato (a fatica, per carità) delle due genovesi, abbrancando il quarto posto in classifica, a -4 dal secondo. Le due vittorie, in cui la squadra non ha comunque certo brillato né per gioco né per solidità, hanno comunque dimostrato una cosa fondamentale: la squadra ha voglia di fare bene, e sta con Gattuso.

L’attuale allenatore è a mio avviso estremamente criticabile (d’altronde lo faccio, e spesso) dal punto di vista tecnico e tattico, ma gli va dato atto di una cosa: sa come creare un gruppo. In questo anno alla guida del Milan ha preso in mano lo spogliatoio e gli ha dato un’identità, se non tecnica, almeno emotiva. Nel bene e nel male, ma lo ha fatto. Il Milan oggi è immaturo, ma volenteroso. Incapace di gestire i vari momenti della partita, ma “con la bava alla bocca”. Schizofrenico, ma più Smeagol che Gollum. Sia chiaro, se continuassimo a esprimerci in questo modo sarebbe comunque complicato raggiungere l’obiettivo Champions (Juve a parte, Napoli e Inter sembrano molto più mature di noi e Lazio e Roma non si arrenderanno tanto facilmente), ma potremmo almeno dire la nostra. Serve però maggiore critica e autocritica, e in questo Gattuso deve essere artefice dell’ultima “evoluzione” caratteriale del Milan: il superamento del “colpadeglialtrismo”.

Gli ultimi anni del Giannino, sia a livello dirigenziale sia a livello di comunicazione, si sono distinti per una clamorosa mancanza di autocritica. Il Milan perdeva? Era colpa dell’arbitro. Il Milan non riusciva a essere protagonista nel mercato? Era colpa della crisi, dello stadio non di proprietà, della fiscalità spagnola. Il Milan le buscava in casa da cani e porci? Era colpa (solo) dell’allenatore. Secondo la convinzione che “colpa di tutti, colpa di nessuno”, si cercava sempre il singolo capro espiatorio da mandare al macello, salvo poi, una volta tolto di mezzo, ricominciare la settimana additando l’esecrabile personaggio degno di biasimo di turno. Una mentalità che hanno fatto propria gli stessi giocatori che hanno purtroppo conosciuto quella realtà, i quali reagiscono alle critiche come farebbe un ragazzino di dieci anni che prende 4 nel compito di matematica e vede i genitori incazzarsi non con lui, ma con la prof. Fa figo ripetere la litania del vate di Setubal, secondo cui “i miei giocatori sono sempre i migliori del mondo” o che parlava di “accerchiamento mediatico”: questa strategia può funzionare quella volta su un milione, ma il più delle volte è una “cagata pazzesca”. I giocatori, specie i tanti giovani che abbiamo in rosa, devono essere responsabilizzati. Devono capire che sta a loro reagire nei momenti di difficoltà e che spesso sono loro i primi colpevoli per ogni gol subito, ogni gol sbagliato, ogni punto perso.

In questo senso il gap numerico in classifica tra Milan, Inter e Napoli sta proprio qui. Certo, siamo d’accordo, la differenza di gioco è marcata e sto per affrontare un discorso che bene o male ogni squadra potrebbe ripetere, ma senza i gol di Icardi e Mertens, uno arrivato al 92′ e uno dopo aver subito una rimonta ignominiosa, oggi tutte e tre le squadre avrebbero lo stesso punteggio (ancora non so i risultati dei due anticipi, abbiate pazienza). E i gol di Icardi e Mertens non sono stati subiti perché Inter e Napoli sono più forti, ma perché noi siamo deboli mentalmente, siamo come quel maratoneta che dopo aver corso 41 km. crolla al 42esimo. Per questo ogni singolo minuto di ogni singola partita è per noi un esame fondamentale. Le qualità ci sono, è la testa che ancora è troppo lontana dall’essere solida.

Fab

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Ho questo ricordo, il primo sul Milan. Io che ad appena sette anni volevo vedere la finale di Atene, tra Milan e Barcellona… ma essendo piccolo dovevo andare a letto presto per la scuola. Allora mio padre, severo, mi permise di vedere la partita, ma solo il primo tempo. Finiti i primi 45 minuti, i miei genitori mi misero a letto, ma poco dopo sgattaiolai fuori dalle coperte e mi nascosi dietro la porta che dava sul salone. Al gol del Genio però non riuscii a trattenere la mia gioia… fortunatamente mio padre, interista, fu molto sportivo e mi lasciò concludere la visione di quella partita perfetta.