Trieste-Milano è un tratto di autostrada che passa anche per il mio Veneto, in genere è molto trafficata ed è lunga più o meno 400 km. Ma Trieste-Milano ha un altro legame molto forte, un legame che si colora di rosso e nero. Se pensiamo a Trieste ci vengono subito in mente Cesare Maldini e Nereo Rocco ma di quella città è originario un altro giocatore che ha scritto pagine indelebili con i nostri colori: Fabio Cudicini.
Eh si, perché il portiere del Milan che vince tutto sul finire degli anni 60 è nato a Trieste il 20 ottobre 1935..
Il suo nome dà inizio a quella filastrocca che mio papà mi ha insegnato fin da piccolo e che ancora adesso riesco a ripeterla senza problemi e dice così: Cudicini, Anquilletti, Schnellinger, Rosato, Malatrasi, Trapattoni, Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati.
Il buon Fabio è famoso per il suo soprannome di “Black Spider”, cioè “Ragno Nero”, che i giornalisti britannici hanno inventato per lui la sera del 15 Maggio del 1969, quella sera si gioca la semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni. Il Milan all’andata ha battuto gli inglesi per 2-0 e Cudicini con una prestazione incredibile, neutralizza, tutti gli attacchi degli attaccanti del Manchester United, la partita finisce 0-0 e qualifica il Milan alla finale di Coppa Campioni.
Il suo corpo longilineo ed il suo famoso completo totalmente nero gli valgono quel simpatico nomignolo che lo accompagna ancora oggi a tanti anni di distanza da quella famosa partita europea.
E pensare che la gloria, Cudicini la conquista quando ormai sembra troppo tardi.
Il suo approdo in rossonero, infatti, avviene nel 1967 all’età di 32 anni. E’ l’allenatore della Roma Oronzo Pugliese a spingere il portiere triestino verso i rossoneri. Il tecnico della Roma prende in antipatia Fabio, che se ne sta sulle sue, e denuncia una certa allergia ai sistemi di allenamento dell’allenatore originario di Bari, perché mal si conciliavano con il suo fisico particolare. Fabio riesce a resistere a questa situazione solo per una stagione, perché l’estate seguente conosce attraverso i giornali di essere stato ceduto sottocosto (meno di 40 milioni) al Brescia.
Ma a Rocco, che ha sempre avuto un occhio molto lungo nella scelta dei calciatori, di Cudicini gli piaceva lo stile, ed è convinto che l’uomo poteva adattarsi bene al gruppo che sta formando e che si prepara a vivere le stagioni dei massimi trionfi. L’inizio in rossonero non è dei più facili, anzi. Estate 1967 all’inizio della preparazione rossonera il Paron Rocco si rivolge così al portiere.“Ciò longo se non hai voglia di lavorare come si deve puoi andare a casa”. Quel rimprovero è stata una frustata per il ragazzo triestino. E da persona intelligente ha capito che se non voleva deludere chi ha creduto e voluto fortemente lui, doveva stringere i denti, dare tutto in allenamento. Ecco, la seconda carriera di Cudicini inizia proprio quel caldo giorno.
Fabio cresce nel Ponzana (seconda squadra di Trieste), a 15 anni entra nelle giovanili dell’Udinese, squadra con la quale esordisce tra in serie B nella stagione 1955/56, e conquista subito la promozione in serie A.
Dopo due stagioni nel 1958 passa alla Roma.
Nella capitale gioca per otto stagioni, e per sei anni è portiere il titolare indiscusso.
L’esperienza romana per il taciturno ragazzo giuliano è soddisfacente infatti con i giallorossi alza al cielo 2 coppe Italia ed una coppa delle Fiere.
L’arrivo al Milan nell’estate del ’67 e dopo una breve alternanza con Belli, Fabio si prende la maglia numero uno e non la molla più. Diventa uno dei protagonisti di quella meravigliosa squadra che il mio papà ha sempre decantato, e al primo anno vince lo scudetto, per il club rossonero è il nono della sua storia.
In quella stagione per il Milan c’è gloria anche in Europa: al termine di una bella cavalcata il Milan vince anche la Coppa delle Coppe battendo in finale l’Amburgo con una doppietta di Kurt Hamrin.
Questo è l’inizio di una nuova epopea vincente dei rossoneri.
Trionfale è la stagione successiva, sia a livello di squadra sia a livello personale.
Il Milan non riesce a bissare la vittoria in campionato, arriva secondo, insieme al Cagliari, alle spalle della Fiorentina. Il Milan subisce soltanto 12 gol in 30 partite, e di questi Fabio ne raccoglie solo nove nella sua porta. Curioso che proprio nell’unica occasione in cui Cudicini non scende in campo, la squadra rossonera esce sconfitta per 3-1 nello scontro diretto con il Cagliari. La stagione europea invece ha il suo culmine con la vittoria della Coppa dei Campioni in finale contro il “maltrattato” Ajax per 4-1, con tre gol di Prati e dove Rosato annulla l’astro nascente Johan Cruijff, il futuro profeta del gol.
Nella cavalcata europea Fabio è un attore protagonista di quella avventura, durante la “campagna anglosassone” che Cudicini conosce la sua definitiva consacrazione a livello internazionale.
Le prodezze del Celtic Park nei quarti contro il Celtic e quelle dell’Old Trafford in semifinale contro il Manchester United metteranno il sigillo definitivo di “Black Spider” sul massimo trofeo continentale.
Il 22 ottobre dello stesso anno il cerchio si chiude, il Milan conquista la Coppa Intercontinentale nel famoso doppio confronto contro gli argentini dell’Estudiantes.
Nella bolgia della Bombonera anche Cudicini è vittima, come tanti suoi compagni, di qualche colpo proibito assestato dagli invasati avversari. Famoso il pestaggio di Combin con l’arresto a fine partita perché accusato di diserzione dal governo argentino. Con la conquista della vetta mondiale si chiude il ciclo internazionale del Milan del Paron Rocco.
Nel 1972 Cudicini fa in tempo a vincere un’altra Coppa Italia nella finale unica giocata al’Olimpico contro il Napoli ed a sfiorare un’altra vittoria in campo europeo arrivando fino semifinale di Coppa Uefa nel 1973 persa contro il Tottenham. Questo è l’unico trofeo mancante nella bacheca del Ragno Nero. Quella contro il Napoli nella finale della coppa nazionale giocata il 5 luglio 1972 è l’ultima partita ufficiale disputata da Fabio in rossonero.
Durante l’estate, l’infiammazione renale si fa sempre più dolorosa e a 37 anni capisce che è arrivato il momento di smettere con il calcio giocato. E così, dopo cinque stagioni e 183 presenze ufficiali con la nostra maglia, 1 scudetto, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Intercontinentale 1 Coppa Italia, Fabio Cudicini si consegna definitivamente alla leggenda rossonera.
L’essere arrivato ai grandi livelli tardi non gli ha impedito di assaporare il gusto dei grandi trionfi, ma certamente ha lasciato il rammarico per quello che è il grande rimpianto della sua carriera, quello di non aver mai potuto vestire la maglia azzurra della Nazionale italiana, chiuso prima da Ghezzi e poi da Albertosi e Zoff.
Ma nei cuori dei tifosi rossoneri e dei casciavit dell’epoca lui non è mai stato il dodicesimo di nessuno, solo e sempre il Numero uno a partire da mio padre che ancora adesso che sto finendo di scrivere mi sta interrogando.
“Massimo formazione di Madrid 69?”
“Ok papà, Cudicini, Anquiletti, Schnellinger, Rosato, Trapattoni, Malatrasi, Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati. Però ora tu mi dici quella di Barcellona 89”
Cuori Casciavit, la cosa più bella che c’è al mondo e il ragno nero ha contribuito alla grande con il suo aplomb.
FVCRN
Harlock
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