Rui Costa – Maestro senza eccessi

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Nell’autunno del 1981, il Benfica organizza dei provini calcistici per tutti i bambini delle scuole, che hanno la passione per il calcio, presieduti nientemeno che da Eusebio in persona. Dopo una decina di minuti la “Perla Nera” ferma tutto, ha già visto abbastanza, con passo lento va verso il centrocampo, e si ferma di fronte ad un ragazzino di nove anni, che lo ha impressionato per movimenti ed eleganza. Gli chiede: ”Ragazzo come ti chiami? Vorresti entrare a far parte del Benfica?” il ragazzino risponde in maniera pronta “Mi chiamo Rui Manuel Cesar Costa e sono tifoso del Benfica dalla nascita”.
Inizia così la carriera calcistica di Rui Costa, gioca per otto anni nell’accademia della squadra lusitana dove, con il passare degli anni, il suo straordinario talento da trequartista in grado di mandare in porta i compagni con linee di passaggio assolutamente inimmaginabili per gli altri giocatori viene sempre più a galla.

“Rui Costa dentro, palla buona per Shevchenko, Shevchenko, Shevchenkooo, rete!!! Uno a zero per il Milan. Rui Costa ha illuminato la notte di San Siro con una apertura deliziosa e Shevchenko non ha perdonato Casillas”. (telecronista Tele più)

È il 26 novembre 2002, i rossoneri incontrano il Real Madrid per il secondo turno di Champions League, Ancelotti schiera Rui Costa e Rivaldo, dietro all’unica punta Shevchenko nel suo famoso sistema ad albero di Natale.
Il Milan gioca bene, i suoi fantasisti sono in partita, Seedorf controlla la palla e appoggia a Kaladze, il quale serve Rui Costa posizionato dietro al cerchio di centrocampo, il portoghese si gira e con il suo piede destro disegna una traiettoria incredibile per l’ucraino che s’inserisce tra le maglie blanche e batte il portiere del Real con un destro ad incrociare. Quella Champions è magica e la vincono proprio i ragazzi di Ancelotti nella storica finale di Manchester contro la Juventus ai calci di rigore.
E pensare che il trasferimento al Milan per Rui Costa è traumatico, come trovare la forza di abbandonare la città che ti ha adottato: Firenze.

“Ho vinto poco a Firenze, ma a livello emotivo non so quante Champions ho conquistato”. (M. Rui Costa)

A Milano l’avventura inizia con un brutto infortunio al gomito è la sfortunata stagione di Terim. Le cose migliorano con l’arrivo di Carlo Ancelotti e con lui in panchina tocca l’apice nella stagione 2002/2003 dove alza al cielo la Champions League, vince la Coppa Italia nella doppia finale contro la Roma di Capello e la Supercoppa Europea ai danni rivali del Porto per uno a zero con gol di Sheva e il cross vincente parte dal suo piede fatato, una coppia prolifica in fatto di assist e gol. Un anno quasi perfetto per il portoghese.
L’anno successivo arriva in rossonero Kakà, stesso ruolo ma più giovane, più veloce. L’ambientamento del brasiliano nel calcio italiano è sbalorditivo, non lo ferma nessuno, segna e risolve le partite quasi da solo. Ancelotti però non vuole rinunciare al talento lusitano e li prova assieme nel sistema dell’albero di Natale. Un 4-3-2-1 per far coesistere i due trequartisti con Pirlo, Seedorf e Gattuso alle loro spalle, ma è il Milan di Kakà, Rui partecipa poco, spesso è relegato in panchina.
Tra il 2004 e il 2005 arrivano anche le delusioni più grandi, perde gli europei giocati nel suo Portogallo, in finale contro la rivelazione Grecia e pochi mesi dopo il Milan subisce la clamorosa rimonta di Istanbul. Nel 2006 Rui decide di ritornare a casa al Benfica, la sua casa, dove dopo altri due anni di magie nei campi del Portogallo appende le scarpe al chiodo.
Rui Costa è semplicemente uno dei migliori trequartisti europei, in grado di unire l’estro della giocata creativa e spettacolare alla concretezza. Ogni tunnel, ogni tocco di palla e ogni movimento è sempre fatto con un obiettivo molto semplice: andare in gol. Il più delle volte proprio grazie ad un suo assist illuminante per i propri compagni disegnati con geometrie che per molti erano possibili solo in forma teorica.
Un vero numero dieci, ma non un genio e sregolatezza, lui è un maestro senza eccessi. Ma non solo per le grandi giocate, Rui Costa è in grado di distinguersi anche per l’umiltà perché non si sottrae mai agli autografi, “ci rimanevo male quando non mi davano l’autografo, proprio per questo mi fa molto piacere firmarli, in particolare ai bambini”.

“Il Milan ti entra nelle vene e non esce più. Chi ha avuto la fortuna come me, di vivere la famiglia del Milan non dimentica”. (M. Rui Costa)

Torna a San Siro in una notte di Champions, le sue notti, con il Benfica, per l’ultimo saluto, e viene onorato da eroe. C’è un intero popolo, quello rossonero che inneggia il suo nome in segno di riconoscenza. Il sipario della “Scala del Calcio” si rialza per tributare la giusta ovazione al maestro che fino a pochi anni prima aveva diretto in maniera egregia la sua orchestra. Gli spettatori di San Siro si dimostrano generosi nei suoi confronti e lo ringrazia inchinandosi davanti a lui, come fa il suo amico e compagno di tante avventure Clarence Seedorf.

“E’ un fuoriclasse puro, quindi giocatore di statura straordinaria, mondiale. È l’unico assieme a Zidane in grado di cambiare volto a una squadra. Anzì più di Zidane. Rui è un giocatore universale, completo.” (Z. Boban)

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"Quando il Milan ti entra nelle vene avrai sempre sangue rossonero" Ho visto la serie B, ho visto Milan Cavese, ho toccato il tetto del Mondo con un dito e sono ricaduto ma sempre rialzato. Ho un papà Casciavit....Grazie per avermi fatto milanista.