E’ terminato, finalmente. Un 2019 che per i colori rossoneri è stato l’annus horribilis di un decennium horribile. Non era partito nemmeno così male e per qualche mese è sembrato che la qualificazione alla CL (che nelle nostre speranze doveva essere il primo importante gradino della risalita) fosse a portata di mano. Poi, alla fine, per un punto “Martin perse la Coppa”. Da lì in poi il tracollo. Leonardo e Gattuso se ne vanno loro sponte. Al di là dei giudizi sui due il segnale, a posteriori, era inquietante ed avremmo dovuto subodorare che qualcosa non andava. Poi i tentennamenti di Maldini, il conseguente arrivo di Boban in pompa magna, una campagna acquisti raffazzonata che ha lasciato a dir poco perplessi, la scelta disastrosa di mettere Giampaolo alla guida di questa banda di ragazzotti, il quale arriva, buca clamorosamente e viene giubilato. Dopo il solito tira e molla infinito arriva il normalizzatore Pioli (normalizzatore non vuole essere denigratorio). La squadra sembra reagire, fa qualche buona prestazione fino al tracollo devastante di Bergamo. Una sconfitta che lascia il segno per le dimensioni (storiche) ed il modo in cui è arrivata con una squadra scesa in campo con la testa già alle Maldive. Inaccettabile e doloroso ma, in fondo, null’altro che l’immagine didascalica di ciò che siamo diventati.
Anche sul fronte societario le notizie non sono incoraggianti. Un bilancio devastante, la rinuncia alla coppetta in nome di non si sa bene cosa, i nuovi sponsor che non arrivano, quelli vecchi che pare si dilegueranno (il rinnovo con Emirates è tutt’altro che scontato), il merchandising che non decolla nonostante l’arrivo di frotte di dirigenti e commerciali di grido e strapagati, la comunicazione pietosa, il peso inesistente nei corridoi che contano. Potrei andare avanti parecchio. Quando si arriva al “si stava meglio quando si stava peggio” significa che non vedi nessun futuro e noi non lo vediamo.
In questo periodo natalizio ho provato a riflettere per quanto lo hanno permesso i pochi neuroni rimasti intatti alimentati a stento da quelle leggere tracce di sangue disperse nel mix colesteroalccolico che mi scorre nelle vene (meglio dire si trascina stancamente) dopo l’ordalia natalizia. La situazione in cui siamo è certamente figlia della gestione Elliott. Gestione disastrosa ovviamente. Si, certo, dal nostro punto di vista di tifosi ma mi sono fatto delle domande. Elliott è un hedge fund, questo lo sappiamo, ma (mi sono documentato per quanto possibile) un hedge fund di successo. Fondato nel 1977 con un capitale di 1,2 milioni di dollari (peanuts direbbero gli yankees) per arrivare a gestire investimenti per 34 miliardi. Non solo, ma ha garantito ai suoi investitori un rendimento medio del 13,2% (uno dei più alti in assoluto e l’unico capace di garantirli costantemente per un periodo così lungo), superiore del 2% al benchmark S&P 500 e che non ha distribuito rendimenti in soli due anni su 41, Insomma, 41 anni di successi e, soprattutto, non si è a conoscenza di investimenti che alla fine non abbiano portato fior di utili.
Al di là delle considerazioni morali (ci sarebbe da scrivere un libro) possiamo pensare che siano così sprovveduti da essersi “trovati” la patata bollente Milan per le mani senza sapere cosa stavano facendo ? E’ opinione comune che non sappiano come gestire un business anomalo come è il calcio per di più in una nazione anomala come l’Italia. Vado controcorrente, non lo credo affatto. Sono specialisti delle rinnovabili dove sono molto attivi al momento? non mi risulta, forse di telecomunicazioni? Nemmeno, eppure sono arrivati a dominare il CDA di Telecom mettendolo in tasca ad uno squalo dell’alta finanza come Bollorè. Non conoscono la realtà italiana? neanche visto, per l’appunto, i casi Telecom e STS. Quindi come si spiegherebbe questo fallimento? Non si spiega, perché forse fallimento non è.
Quando Elliot ha escusso le azioni del Milan abbiamo creduto (o abbiamo voluto credere, fate voi) che fosse davvero andata come ce l’avevano venduta. Un misconosciuto avventuriero cinese che non riuscendo a far fronte ai suoi impegni aveva perso la scommessa con Elliott che, obtorto collo, si era trovata involontariamente invischiata in questo gioco perverso. Avevamo anche pensato (io almeno me la sono bevuta come rosolio) che l’unico modo che avevano i Singer per riportare a casa i loro averi con tanto di interessi fosse di riportare la squadra ai livelli consoni, ridarle valore e rivenderla come nelle loro abitudini. I fatti dicono che era un abbaglio. Quindi dove starebbe l’interesse? Probabilmente nello stadio, quel buco nero con la speculazione edilizia intorno, e forse anche altrove. Forse è solo una piccola parte di quel gioco di do ut des, connivenze, scambio di favori, cointeressenze, alleanze, misteri ed intrallazzi border line che caratterizzano il mondo dell’alta finanza dove il fatto che ci siano di mezzo una squadra di calcio che deve scendere in campo tutte le settimane e qualche decina di milioni di tifosi sparsi in mezzo mondo che pendono dai risultati sportivi è solo un fastidioso effetto collaterale. Fastidioso perché ad alto impatto mediatico e quindi obbliga ad andare con i piedi di piombo perché le apparenze vanno salvate.
Non credo che il rendimento sportivo non importi in senso assoluto. Se le cose fossero andate benino (ad esempio avessimo centrato la CL) sarebbe stato un piccolo ulteriore valore aggiunto ma non certo l’interesse primario e nemmeno secondario. Quindi si mette un AD strapagato, gli si danno dei paletti esclusivamente finanziari, ci si inventa la strategia dei giovani di belle speranze da far crescere, si prende qualche figura gradita ai tifosi e “se la và la ga i gamb” se va male nessuno si mette a piangere.
Per noi tifosi è dura da mandare giù ma il calcio oggi è solo business. L’era dei presidenti mecenati è finita da tempo ed attualmente chi c’è dentro lo fa per perseguire i suoi obiettivi ed interessi, quali essi siano. Dove stiano non lo immagino nemmeno perché a guadagnarci, apparentemente, in Italia sono in pochi. L’unica cosa che mi viene in mente è che è un mondo dove girano molti soldi e dove quindi è ancora facile farli sparire e riapparire, che garantisce visibilità (per chi la cerca), e che permette di accedere a certi ambienti e stringere le relative alleanze di cui sopra. Meglio prenderne atto.
L’unica cosa che posso sperare e che Elliott raggiunga presto i suoi scopi e venda in modo da togliersi dalle scatole definitivamente e con lei i suoi accoliti tra i quali, forse, alcune vecchie conoscenze che, strano a dirsi, continuano a ronzare attorno al Milan anche se formalmente non ne avrebbero più titolo. Non mi illudo che chi arriverà sarà un munifico benefattore, che si scopra che da piccolo giocava nelle giovanili rossonere sognando di fare fortuna per potersi comprare un giorno la sua squadra del cuore e riportarla sul tetto del mondo. L’unica cosa che spero è che sia qualcuno al quale, per suo puro interesse, convenga che la squadra funzioni.
Che sia questo, finalmente, l’anno della vendita? Non lo posso sapere ma lasciatemi almeno sperare…
Tanti Auguri a tutti Voi e Forza Milan !
PS: Come ben sapete D. Raine ci ha raggiunto e presto, anzi prestissimo, farà il suo esordio un altro nuovo redattore. La selezione è stata durissima e rinunciare alle candidature qualificate pervenuteci ci ha spaccato il cuore ma purtroppo i posti erano limitati. Ringraziamo tutti coloro che si sono proposti: Hannibal Lecter, Dart Fener arrivato a cavallo della morte nera, 2 terrapiattisti, la comunità degli ultracorpi, 7 vegani, 2 astemi, un tifoso polacco (scartato a malincuore solo perchè scriveva in lingua madre), il 12° plotone Spetsnaz, 1 infiltrato gobbo, un gentile signore che si firmava “varie ed eventuali”, il cugino di Suso, il mago Oronzo (con la sola scrittura del post vi ungeva giacca e cravatta), La Bocca di Sauron e tutti gli altri. Scherzi a parte: Grazie a tutti
Axel
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