Milan = lavoro, mentalità e qualità.
Quanto tempo è passato dai momenti più tristi, in cui tutto sembrava inevitabilmente e irrimediabilmente ridimensionato, con quella nota di ridicolo che ci ha torturato per tanti anni.
E’ un Grande Milan, che regala già ricordi e pietre miliari. Le immagini che stanno venendo fuori da questo 2021/22 me le sto fissando in testa, ultima quella del Tata prodigioso; non ho paura di restare deluso.
Milano non è Bergamo ed esige vittorie; la sensazione è che la squadra ne sia ben consapevole e stia facendo crescere la propria mentalità e il proprio talento di pari passo con la cattiveria e il pragmatismo che serviranno per resistere il più a lungo possibile in vetta.
Il sogno non è più un sogno, i segnali ci sono e la realtà dice questo. Poi nel calcio si può anche non vincere, il Milan spesso non ha vinto; ma ha un tifo orgoglioso e capace di distinguere il fallimento dalla sconfitta.
Mentre tanti di noi stavano nella propria caverna incattiviti da anni di sevizie sportive, il Milan si ricostruiva mattoncino dopo mattoncino, passando da qualche passo falso e schivando il baratro di una nuova rivoluzione grazie all’intelligenza e alla dedizione delle parti.
Maldini ci ha portato fuori dal deserto, fuori dalle caverne putride, sbagliando e impegnandosi personalmente fino al limite. La sua visione si sta concretizzando. Chi lavora con lui, non sembra meno eroico. Ora anche dagli alti palazzi ci giungono buone nuove, un Milan finalmente al passo coi tempi, gli incassi che crescono.
Non penso sia tutto parte di un grande schema, bensì di un’unione di forze importanti e di intenti comuni, in seno a un’ambiente non semplice da capire ma capace di regalare enormi soddisfazioni.
La facilità con cui oggi qualunque pezzo entra a far parte del meccanismo è la forza ritrovata di questo grande team, che ha pochissimi nodi da risolvere. Specie in campo, dove l’identità del Milan, intuita solo da pochi addetti ai lavori e ancora sottovalutata, ha resistito a questo mese abbondante di crisi di uomini e di energie. Una crisi che avrebbe distrutto qualunque squadra, proprio domenica abbiamo visto l’Inter trasformarsi nel Nulla dopo l’uscita di Barella e Dzeko (avessi detto…); noi siamo ancora là nonostante un elenco assenze da brividi.
Ora basta però, un po’ di stabilità per favore! La sosta è quel che ci voleva, speriamo con poche sorprese.
Ibra è andato via (pazzo!) ma giocare gli fa bene. Già nell’arco di qualche partita si è trasformato da oggetto totemico a target-man, anche se va detto che comunque anche nella fase di semimobilità ha segnato un gol da strapparsi gli occhi a Bologna. Questo è talmente un Campione che, davvero, questa sua seconda venuta senza un trofeo sarebbe peccaminosa.
E’ rimasto Ante, l’uomo che ha svoltato un derby complesso con la cattiveria. Io individuo in lui colui che può farci prendere il largo, deve essere però continuo per qualche mese. Basta guardarlo in faccia per vedere in lui qualcosa di tutti noi qualche anno fa, quando avremmo voluto anche strapparci il cuore pur di far andare via certa gente e ridarci il nostro Diavolo. Tecnicamente non è maestoso come Leao (il vero acquisto dell’estate insieme a Tonali) ma è più imprevedibile; se io fossi un allenatore avversario, non saprei davvero cosa inventarmi su Rebic.
Poi c’è chi lascia a casa Fikayo Tomori, uno dei migliori difensori in circolazione se non il migliore, una forza della natura, un genio, un game-changer. Impossibile contare tutte le volte che in partita mi trovo a dire “cheggiocatore” del Fika. Esaltante, da Milan.
Momento importante per Pioli, anche lui bisognoso di tirare il fiato e programmare i mesi di dicembre e gennaio; i giochi si compiranno più avanti, ma visto che dal rientro al 6 febbraio in virtù del calendario asimmetrico ci aspetteranno quasi tutti i big match della stagione anche per il tecnico è opportuno ricaricare le pile e continuare nel finora inappuntabile lavoro.
Larry
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