I mesi più belli da tifoso rossonero degli ultimi (almeno) 11 anni volgono al termine. Alle 17 circa di domenica questo fiume di emozioni sfocerà in un mare di passioni, quali che siano, e questo periodo passerà in archivio, verrà rivissuto e reinterpretato alla luce del risultato finale e questo a prescindere da quanto equilibrio vorremo metterci.
Allora vorrei lasciare due righe, giusto per fissare qualche concetto che mi è molto caro al momento, e finirà annacquato più tardi nella settimana, dopo La Partita.
Tutti, chi più chi meno, hanno colto alcuni indizi lungo il percorso che ci ha portati “dallo 0-5 di Bergamo” (riassunto di tutti gli Orrori del decennio) alla sfida Scudetto di Reggio Emilia. Indizi che ci hanno portato, tutti, indistintamente, a bisbigliare quella parola lì (Scudetto appunto) nei momenti più disparati. Ce la siamo spesso rimangiata, chi dopo il pari di Salerno, chi al 92esimo di Lazio-Milan; chi si era esaltato veramente molto presto anche dopo Spezia-Milan 2-0 dell’anno scorso.
Ecco io faccio parte di questa categoria qua, che ha vissuto tutti gli up&down troppo up e troppo down, troppo schifosamente attivo e attento per farmi sfuggire gli indizi, tuttavia altamente schizofrenico. Come sanno bene gli amici Raoul Duke e Ale Johnson, che specie in questi ultimi mesi hanno imparato a sopportare il mio stream of consciousness live che è, francamente, un po’ instabile.
Ho capito tante volte che stava crescendo qualcosa, ma ho anche sempre avuto paura. Oltre alla mancanza di pazienza poiché 11 anni a guardare gli altri vincere e primeggiare (specie i sabaudi) mi ha reso un filo nervosetto. Ho compreso che alcuni giocatori erano predestinati (Theo) ma li ho punzecchiati più di altri, per restare in una comfort-zone di ipercriticismo dove ho/abbiamo vissuto per anni. Ne sono/siamo usciti qualche volta, con gli acquisti dei Cina, con l’arrivo del Pipita, qualcuno con il Milan di Mihajlovic…ci siamo sempre fatti tanto male.
Ho capito che a Elliott poteva anche non interessare del calcio, ma il buon management si. E se per anni ho scritto che una buona gestione poteva bastare a rilanciare il Milan, perché non crederci? Eppure a volte sono inciampato anche io, probabilmente anche questo inverno quando non è arrivato nessuno.
Tanti indizi, un percorso vero e intenso per arrivare qui, oggi, davanti, definitosi nell’ultimo mese che fra gol al novantesimo, match tirati, e supergol, mi ha lasciato in estasi ogni singola domenica (e lunedì e martedì…).
Alla faccia degli interisti che ancora non hanno capito, ma anche di tanti altri che, a differenza dei cugini che sono colti nel vivo e dunque in parte giustificati, sono solo invidiosi.
Vissuto tutto sulla pelle questo decennio infame, faticoso. Non farei scambio: quello che mi da tornare a vivere certe emozioni lo ritengo impagabile. Tenetevi i filotti e gli scudetti a immagine e somiglianza del presunto “nemico”, io mi tengo un decennio di sofferenza e me lo tengo volentieri. Mi sento più forte. Mi sento anche più psicopatico, ma fa bene alla creatività.
Uscire dal buio insieme a Maldini, a Pioli, a Theo, a Tonali, è un privilegio. Vincere, una gioia che ripagherebbe doppiamente il dolore che abbiamo provato nel vederci umiliati, e snaturati, privati della nostra tradizione. Non ho un grande feeling ‘calcistico’ con questa squadra, è vero, non ho problemi ad ammetterlo; difficilmente riesco a prevederla, non mi lascia mai tranquillo devo sempre vivere le partite a mille all’ora; ho invece affinità a livello umano: nei valori e nei timori. E’ forse più importante.
Qualche mese intenso, che se le cose andranno in un certo modo racconteremo ai figli, diventeranno Leggenda; per chi c’era sul divano, sulle tribune, per chi ci sarà (troppo pochi, ma penso buoni) a Reggio domenica.
Li ho voluti vivere senza la fissazione per gli arbitri, e vi ho diffidato amici, vi ho molto diffidato, perché avete rischiato di perdervi questa lussuria massima pensando troppo alle fregnacce. Io parto da questo: avete ragione sugli episodi; ma chi vuole complottare, e brigare, e tramare, non ti lascia davanti all’ultima giornata. E arrivo a questo: conta il risultato finale. Abbiamo un’estate intera per flagellarci i maroni, non fatelo adesso.
Li ho voluti vivere anche senza l’odio per l’avversario, che rende più gustoso l’eventuale successo. L’Inter va rispettata, come anche gli interisti. Certe cazzate talebane non si possono leggere. Adesso stai a vedere che i giocatori dell’Inter non possono saltare, gioire, provocare; ma come si permette certa feccia giornalistica, eletta da nessuno a portavoce milanista. Gli avversari ci vogliono, sempre. E i tifosi sono tutti uguali.
Forse i nostri giocatori si stanno distinguendo per il contegno, per il pensare solo a loro stessi: fino a domenica ore 17:00 per i nostri l’Inter è esistita solo negli scontri diretti, è giusto sottolineato, non hanno mai detto una virgola a riguardo.
Per quanto riguarda noi, “interista vaffanculo” mi pare di averlo sentito giusto qualche volta. Testo scritto dall’Accademia della Crusca, esecuzione del coro delle voci bianche, mi pare che possiamo proprio fare la morale…
Io voglio un Milan che vince contro un’avversaria forte, e voglio sfotterli per bene; un domani magari vinceranno loro e sarà il contrario. Certi estremismi biliari non li sopporto, mi fanno più schifo dei deliri della parte opposta. Che, bisogna dire, stanno raggiungendo dei picchi succulenti come in occasione del “fallo su Pessina” che se vi capita di ascoltare le telecronache di tutte le lingue (italiano incluso) viene appunto giudicato regolare. Però oh, essere dietro a 90 minuti dal termine è dura; noi non faremmo una figura migliore.
Un testa a testa impagabile, pregno di significati, epico, storico. Non mi occorre altro. Sto già verso il Paradiso.
Se mi fate entrare Ragazzi, cortesemente, ve ne sarò grato.
Larry
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