Gli obiettivi – C’era attesa per l’estate del rientro in Champions, un’estate di domande e sogni.
Il mercato, che non va mai valutato di per se (anche se è difficile non farlo), può già dare alcune risposte abbastanza definitive ad alcuni dubbi ricorrenti. Ad esempio che il management Elliott è troppo attento all’attualità, troppo prudente e troppo distante dalla pancia del Diavolo per apparire interessato ai risultati sportivi.
Ci sono messaggi inequivocabili che le proprietà mandano verso le proprie squadre (e tifosi) quando mettono sotto il riflettore l’ottenimento di trofei. Nell’estate milanista si è parlato di Scudetto anche apertamente, ma questo pare più un discorso interno alla squadra. In realtà restano questioni pendenti in termini di completamento dell’organico, non solo a livello numerico, che lasciano questo traguardo sullo scaffale più alto dei sogni.
Abbiamo visto i limiti del sistema: Inter, Barcellona e Real in grave difficoltà, la juve che sta in piedi a livello di acquisti solo facendo leva sul suo potere oscuro (vedi l’affare Locatelli), disparità sempre più ampie con le inglesi che dopo aver fatto incetta per anni dei big del mercato adesso mangiano anche i medioman a cifre irraggiungibili; e il PSG, caso a parte, a certificare la differenza fra uno sceicco e tutti gli altri tipi di proprietà. Insomma più che dar contro a Elliott per non averci dimostrato il suo interesse verso trofei e successi, potremmo accontentarci di non averci dato prova del contrario con cessioni pesanti ad esempio, per reperire liquidità.
Il successo sportivo in definitiva interessa, ma non è la priorità.
Non di meno io mi sarei aspettato una mossa anche di immagine, che generasse la tensione giusta in un ambiente che, alla faccia degli ottimismi da libro Cuore di qualche opinionista, può deprimersi al primo stop.
Mancano due settimane alla chiusura del mercato; si capiscono i motivi dell’attesa: esuberi ovunque, e di qualità. Condivisibile anche il non accelerare le chiusure oltremodo, fondamentalmente nel calcio di oggi si è persa unicità: in molti casi uno vale l’altro, perché svenarsi?
Si poteva lavorare meglio, ma ormai pare che nessuno chiuda il mercato con ampio anticipo.
Ma resta che siamo tutti tifosi. L’amico Raul Duke mi ha chiesto: “Metteresti la mano sul fuoco che prenderanno un trequartista?”. Diciamo che metterei la loro mano sul fuoco se non lo prendessero.
E nell’ambiente Milan si comincia a parlare insistentemente di “adattamento” nel caso “non arrivasse”; si può parlare di ragionamenti gianniniani in questo caso, o qualcuno si scandalizza?
Per quanto invece riguarda il lungo periodo, si è sempre detto che l’obiettivo sarebbe stato lo stadio. Condividerlo con l’Inter è parsa fin da subito una cosa stupida. Ne vogliamo riparlare, Scaroni, o continuiamo a dare la colpa alla “politica”?
Oliviero – Il Milan, comunque, arriva da un secondo posto e 90 punti nel 2020; ma anche da un girone di ritorno da quinto posto abbondantemente alle spalle dell’Atalanta e del Napoli, il cui suicidio finale non deve farci dimenticare il valore.
Si è scommesso sul gruppo, sulla crescita, sulla continuità. E, come ho già scritto, sono ampiamente d’accordo. Così han fatto Atalanta e Napoli per diverso tempo; entrambe le squadre sono più mature della nostra, nel bene e nel male (quando si è troppo maturi, si cade), i bergamaschi hanno perso Romero sostituendolo con Demiral e il Napoli potrebbe perdere Tiraggir Insigne. Per molti il cambio Gattuso/Spalletti sarà determinante; io ricordo che nel girone di ritorno il Napoli ha fatto 43 punti, tanti quanto i nostri nel girone di andata, e non credo che Spalletti possa spremerne di più. Anche se difficilmente il mister di Certaldo fallirebbe nel preparare l’ultima gara.
Difficile fare una valutazione a freddo, veniamo da un’altalena di oltre un anno a quote elevatissime. Fra i 43 punti del girone di andata e i 35 di quello di ritorno c’è una bella forbice, vedremo. Sicuramente partiamo più avanti degli anni passati, appunto alla pari con queste e presumo anche un gradino sopra le romane; non possiamo più rappresentare una sorpresa. Ma non mi cruccerei come i vari Suma&Serafini perché ‘non veniamo considerati’; tanto meglio.
A far pendere la bilancia verso il successo dovrà pensarci Olivier Giroud, il bomberone mio coetaneo che ritroverà la titolarità dopo qualche anno di turnover. Uno degli attaccanti più completi del panorama internazionale, il mancino di Chambery dovrà sostanzialmente fare ciò che (più di tutto) ha reso possibile l’impresa dello scorso anno: zlatanizzarsi, un’espressione sintetica per dire che dovrà essere leader tecnico e caratteriale, direttore d’orchestra e finalizzatore.
Intorno a lui dovranno dare messaggi importanti in primis Ante Rebic, giocatore la cui continuità è fondamentale per il nostro cammino d’alta quota, e Diaz, che ha accettato la numero 10 con tutte le conseguenze del caso. Zlatan va aspettato senza pretese, attendersi miracoli potrebbe generare più che altro nervoso. Ecco perché serve assolutamente un rinforzo di qualità in avanti, quale che sia il ruolo.
Saelemaekers è un buon equilibratore, ma cosa chiedergli più di confermare la crescita dell’ultimo anno? Mentre da Leao e Daniel Maldini non so cosa aspettarmi. Il secondo con 229 minuti di niente in un anno e mezzo in prima squadra è lecito che susciti dei dubbi di natura tecnica. Solo a nominarlo scatta un’inspiegabile gazzarra: per me se non si chiamasse Maldini saremmo tutti d’accordo che per la prima squadra si tratta di una scommessa difficile da inquadrare. Pare comunque più cresciuto del portoghese. Che rimane più forte e sicuro primo rincalzo, ma che si sta confermando purtroppo né carne, né pesce.
Se confermati gli innesti dei jolly Florenzi (che può rilevare anche Saele) e Adli, ci completeremmo in difesa e al centro, reparti dove Kessie, Theo e Tomori sono fra i fuoriclasse del campionato, e Kjaer e Calabria hanno offerto prestazioni solide per oltre un anno. Non è poco!
Dalla difesa in particolare, confermata in blocco, arrivano messaggi incoraggianti: i progressi nella tenuta sono la base per il successo. L’anno scorso abbiamo perso terreno rendendo inevitabile il successo dell’Inter a causa di qualche crollo di troppo; essere capaci di portare a casa gli 0-0 o gli 1-0 striminziti, giocando anche male, è lo step che dobbiamo fare. Non sottovalutiamo questo aspetto, il consolidamento passa dalla tenuta difensiva.
La Classe – “Le strade si dividono, gli auguro il meglio”. Il caso dell’estate in casa Milan, inutile negarlo, è stato l’addio di Donnarumma.
Un po’ tutti abbiamo preso la questione sul personale e de panza, io nel mio piccolo (e inutile) ho chiuso, probabilmente, per i prossimi 20 anni la porta a qualunque forma di partecipazione alle fortune o sfortune della Nazionale che ha già nel suo simbolo appunto il numero 99; per dire lo schifo che mi suscita il cosiddetto professionista di Castellammare di Stabia.
La perdita tecnica è grande, ma Maldini ha gestito con eleganza e saggezza la questione consentendoci di supportare la scelta della società (non era scontato) e dimenticare in fretta. Ma anche di non far degenerare la questione passando un messaggio esagerato o estremo (ricordate il polverone mirabelliano). L’eleganza del saluto a Gigio, il silenzio su Raiola, la rapidità con cui ha coperto la casella lasciata vuota sono figlie della Classe che sa tramutare le sconfitte in vittorie.
Il Milan è più importante di tutti, ma ci vuole un tocco unico per non tramutarlo in uno slogan populista e vuoto.
E’ difficile che un ex calciatore (leggenda in questo caso) possa portare molto di sé, dei suoi modi e dei suoi gesti, in un campo molto diverso come quello della direzione tecnico/sportiva. In questo caso Maldini ci è riuscito. Al di là dei risultati, per il Milan è stato un momento importante.
Le cessioni – Perché Hauge è stato ceduto? Il prossimo “rimpianto” rossonero ha avuto qualche possibilità, e non ci troveremo mai d’accordo sul giudizio; a me non è dispiaciuto, a tanti si. Molti confrontano in maniera secondo me troppo diretta lui con Castillejo o con Krunic. Non penso siano sovrapponibili. Credo anche che ci sia tutto un lavoro a Milanello che sicuramente da dalle risposte ai tecnici che compiono queste scelte.
Hauge si è dimostrato interessante ma non fondamentale e ha mercato; Krunic magari no, Castillejo si ma per meno di quanto lo valutiamo. Ed entrambi hanno dato un apporto evidentemente più convincente del norvegese in ciò che sono stati chiamati a fare, per i nostri tecnici.
Avendo visto alcune gare del Bodo Glimt prima del match l’anno scorso, segnalai Hauge nella presentazione qui sul Night, e scrissi che del giocatore avremmo sentito parlare. E confermo: ne sentiremo ancora parlare. In Norvegia sembrava Kakà, un giocatore che presa la palla puntava direttamente la porta anche da 30 metri; in Italia ha dato più l’impressione di poter far male partendo dall’esterno o solo in contropiede. Indubbiamente ha grande qualità sotto rete, all’Eintracht lo ha subito dimostrato.
Il punto è che non si può non cedere nessuno, né si può pensare di poter rifilare solo ‘pacchi’. E’ lecito dispiacersi, sicuramente. Paquetà, Andrè Silva, Locatelli stanno facendo vedere ottime cose; magari anche Hauge.
Però il Milan prima di tutto. La società deve fare scelte, non è più il Milan dei 40 giocatori a contratto che tutti gli anni rientrano. Con un cammino come quello dello scorso anno, e un secondo posto, di rimpianti non ce ne sono. Questo conta.
Larry
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