Milan, la consapevolezza di Pioli e l’operazione Ibra

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I quotidiani sportivi dopo la gara di sabato hanno perlopiù sottolineato la tristezza della prestazione del Napoli, irriconoscibile rispetto solo a un paio di mesi fa. Ed è vero, è così. Impauriti e incapaci di alzare il ritmo, i partenopei si sono accontentati di giochicchiare senza alzare mai il livello di gioco con una prestazione che dovevamo purgare. Abbiamo costruito di più, ma concluso quanto il Napoli, e creato meno pericoli; le statistiche: passaggi chiave 12 a 6, tiri 13 a 12 (3 contro 5 in porta), xG 0.79 contro 1.23. A momenti con un paio di giocate il Napoli più depressivo degli ultimi 5 anni (e parliamo di una nostra consolidata bestia nera) poteva aver ragione dei nostri eroi “al 200%” (in teoria) e in serata positiva, perché comunque la gara è stata buona. Si constata dunque per l’ennesima volta che il Milan ’19-20 non è una squadra che vive le partite, che vive il momento e che approfitta delle situazioni. Come ha detto Pioli: vincere o perdere per tanti è uguale. Va bene che, per scelta, abbiamo la squadra più giovane del torneo ma se vogliamo procedere fischiettando e a passettini evitiamo almeno di parlare di ‘rimonte’ e ‘rincorse’ che anche lottando come leoni sono ormai quasi impossibili, concentrandoci sul trovare un senso e un’identità di gioco. Cosa che piano piano sta comunque riuscendo. Si attende però un riflesso obbligatorio sui risultati.

In settimana mi è capitato di leggere un titolo sul Milan: “l’apparenza inganna”, si riferiva ai punti raccolti dopo l’esonero del Maestro, pochi ma con buone prestazioni. Io lo riferirei piuttosto all’ottimismo della disperazione che aleggia intorno alla squadra che ‘sta migliorando’ e ‘crea di più’. In termini strettamente numerici abbiamo costruito nelle ultime 6 gare 6.58 xG segnando 6 gol; gli xG concessi (inclusi rigori) sono stati 7.44, con 7 gol subiti. Uno score che significa che al momento siamo al miglioramento ‘a sensazione’. Tatticamente Pioli ha rimescolato abbastanza, aggiungendo cose nuove, scegliendo giocatori diversi rispetto a Giampaolo; e come mi è capitato di scrivere sembra quasi che per questa rosa sia più giusto il suo lavoro e il suo credo calcistico rispetto a quello del suo predecessore, il che è assurdo. Ma ad oggi non è che si vedano chissà quali differenze di rendimento, specie in termini offensivi. Vuoi perché le situazioni che crea il Milan sono improduttive: cross da fondo contro difese schierate, tiri da fuori contro difese schierate; vuoi per la scarsissima vena del centravanti Piatek, che si sta rivelando senza esagerazioni uno dei bidoni più significativi della nostra storia, per aspettative e momento storico. Tolti i rigori siamo a 1 fottutissimo gol in 13 partite, fra l’altro fatto da subentrante. Non che il suo ‘vice’ stia facendo meglio.
Al mister parmense va dato atto di comportarsi molto professionalmente come l’allenatore dell’oggi e del domani, sempre molto positivo, chiaro anche nel descrivere il momento: “45 giorni sono davvero pochi, se pensiamo ad un inizio stagione ora saremmo a metà agosto; […] ma non siamo a metà agosto”. Quindi la visione del tecnico è che continueremo a crescere come intesa e identità di gioco, e non c’è ragione per dargli torto. Sarà tuttavia sufficiente per non riavvitarci su noi stessi? Al momento per quello che si vede in campo è un grosso no, per fortuna da riverificare contro avversarie di livello più basso. Basterà niente però nel corso del prossimo mese per spezzare la sottile lastra di vetro che Pioli ha come base per il suo lavoro, e bisogna esserne consapevoli. Ecco perché constatato che ‘appendere la classifica su tutti i muri di Milanello’ ci ha portato a delle prestazioni dignitose e 1 punto su 4 gare difficili (per carità, is megl che 0 ma è sempre un ruolino di merda), è forse ora di togliere i foglietti. Se abbiamo un mister coerente e volenteroso, e la squadra lo segue, e pare di sì, sarà sufficiente per tornare a galleggiare verso il centro classifica anche al prezzo di qualche altro stop. Ce lo dice la storia recente, ad esempio il Milan di Allegri-Seedorf. A cercare salti più alti si rischia invece di rompere il vetro sottostante, anche perché bisogna essere realistici: il tempo perso non lo riguadagneremo, non abbiamo in canna exploit di risultati shockanti e la solidità di Pioli prima o poi andrà a sbattere contro la prossima stagione. Sarò chiaro: oggi comanda e si vede, ma appena qualcuno comincerà a pensare al domani…Meglio avere una squadra solida, allora, piuttosto che sognatrice.

L’Ego smisurato dello svedese può essere gestito da chi non riesce a contenere quello di un Piatek qualunque?

“Il risolutore dei problemi del Milan” non esiste. Il Milan è una squadra di calcio, nessun uomo può cambiarne radicalmente le sorti e il valore. Ecco perché l’operazione Zlatan Ibrahimovic mi trova scettico. Ci viene presentata come LA SOLUZIONE, e io mi chiedo: ma quale minchiata stanno cercando di venderci adesso?
Ci sono tante valide ragioni per rivolere il mitico svedese, la principale (per me) che avrei qualcuno da incitare durante le partite; Ibra non è il mio sportivo preferito né per carattere né per immagine ma qua siamo talmente distanti da quel che mi piace vedere su un campo di calcio che mi farei andare bene chiunque con un pelo di personalità, tecnica e carisma. Figuriamoci un Campione come Ibra. Inoltre ecco un elenco di attaccanti che preferirei a Piatek: Cornelius, Santander, Petagna, Lapadula (il grande ritorno), Pavoletti (lo aspettiamo volentieri), Caicedo, Balotelli (ecco l’ho detto), Kalinic (ecco l’ho detto), Carlos Bacca (anche oggi che non segna proprio più). E figuriamoci Ibra!
Ma ci sono anche tante valide ragioni per il ‘no’, più razionali e contestualizzate. Principalmente dico no all’ennesimo sogno di gloria momentanea e effimera, irrazionale, contro le evidenze. Perché basta ragazzi, basta. E il Kakà-bis, Sheva-bis ecc. ecc…basta. Roba che sa di vecchio, pensata evidentemente da ‘vecchi’, magari non anagraficamente, ma senza idee. Poi mi sta veramente sul cazzo questo tentativo di salvare le apparenze, che sottolinea ancora di più la debolezza di tutti; se la stagione è nata male, si è sviluppata peggio…comunque ce ne sarà un’altra l’anno prossimo. A quella bisogna pensare. Quest’anno ci si piglia i fischioni e muti.
In ultimo, come detto, Zlatan non cambia chissà che in termini assoluti; Ibra ha realizzato oltre 50 gol nella MLS ma i Galaxy hanno ottenuto risultati deludenti, disputando una sola volta i playoff dove sono stati eliminati dai ‘cugini’. Si è vero, può risolvere qualche partita; ma quello è appunto un ‘salvare le apparenze’. Si è vero che la portata dell’uomo nello spogliatoio può essere importante, ma mi capita di leggere che “appenderà Suso al muro” e “insegnerà a Leao”…insomma un carico di aspettative assurde che verrà disatteso. A 38 anni Ibra verrà presumibilmente a farsi celebrare, e con chi andrà d’accordo lo deciderà lui; le positività non te le porta lui, ma il contesto, che non pare idealissimo per accogliere una personalità così totalizzante senza uscirne di nuovo ribaltato.
Se poi ci saranno altre operazioni volte a portare maturità e leader in questo Milan stupido e moscio, ben venga questo gruppo di comando, che è una speranza perchè al momento non si sa niente di certo.
Per ora le operazioni che si conoscono certamente le ha fatte Mino the Hutt, che da vero dragone è ricomparso dal nulla mettendo sotto scacco (e da dentro) il debolissimo management di Elliott. Che Ibrahimovic e tutto il battage mediatico intorno a lui non facciano parte di questo ‘giro’ è una pia illusione.

Larry

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22/11/1997, primo blu. Un ragazzino guarda per la prima volta l’erba verde di San Siro da vicino.Il padre gli passa un grosso rettangolo di plastica rosso. “Tienilo in alto, e copri bene la testa. Che fra un po’ piove”. Lapilli dal piano di sopra, quello dei Leoni. Fumo denso, striscioni grandi come case e l’urlo rabbioso: MILAN MILAN…Quel ragazzino scelse: rossonero per sempre. Vorrei che non fosse cambiato nulla, invece è cambiato quasi tutto. Non posso pretendere che non mi faccia male. O che non ci siano colpevoli. Ma la mia passione, e quella di tanti altri, deve provare a restare sempre viva.