C’è ben poco da aggiungere all’analisi di Ale di ieri, davvero inoppugnabile.
Dovevamo costruire sulla base dello Scudetto, ma rischiamo di finire sfondati dal peso delle aspettative.
Non è l’ora di essere teneri né concilianti ma di fare la conta di morti e feriti, eventualmente farne altri se necessario, e rimettere in ordine le priorità adatte non solo al Milan ma ad una squadra Campione in carica.
La prima considerazione riguarda l’assetto dirigenziale. Già solo il fatto che ricomincino le speculazioni sull’identità del proprietario si tratta di una spia molto grave. Jerry Cardinale e i suoi uomini sono finora il vuoto pneumatico, un grosso passo indietro rispetto alla rigida, professionale e presente gestione Elliott. Non c’è più quella sensazione di ordine nella strategia e negli obiettivi, e non ne abbiamo guadagnato nulla sotto altri profili. La perdita di una figura come Gazidis non è quantificabile in modo preciso ma si sente, e la maggiore libertà (teorica) data dalla sua uscita si è tradotta in una fase di confusione. E questo a prescindere dall’investitura di un nuovo AD piuttosto che dalla conferma, con autonomia, di Maldini.
Poi, checchè ne dica la claque, dove si è mai vista una squadra vincere lo Scudetto ed effettuare un mercato eslcusivamente di prospettiva senza alcun riguardo né investimento verso il miglioramento immediato della base tecnica?
Oggi lo sport dei vari Suma&co è dividere il campo in bianco e nero, ovvero in: o ti va bene il mercato ‘sostenibile’ (plastic free, senza olio di palma), oppure sei un cerebroleso che non ha capito un cazzo perché De Bruyne e Mbappè non ce li possiamo permettere. Ecco, secondo c’è una scala di grigi abbastanza forte fra questi e Dest, Vranckx, Thiaw e Vazquez.
Seconda considerazione, le scelte del mister, che non è stato capace di capire gli elementi leganti e fondanti dei successi dello Scudetto, e di farne perciò base della crescita. La sensazione è anzi che abbia scelto quelli sbagliati, in primis “la tattica” intesa come disposizione, schemi, atteggiamento. Il Milan fin dal minuto 1 della stagione in corso (e, come sottolineato da Ale, fin dalle amichevoli) si è riproposto come una versione 2.0 del 2021: stessi squilibri, maggiore sfrontatezza, maggiore impeto anche se per meno minuti. Il raccolto è un lusinghiero secondo posto in campionato, posizione che occupiamo avendo vinto i due scontri diretti contro Inter e juventus, e da leccarsi i baffi alla luce di quanto visto da novembre in avanti; e gli ottavi di Champions, che sono un traguardo entusiasmante perché arrivano dopo 8 anni dall’ultima partecipazione. Ottimo, ma entrambi i risultati sembrano però aleatori e posticci; il Milan sta regredendo e la cosa peggiore è che la mazzata, e i primi due obiettivi persi, siano giunti dopo la sosta; dopo un momento cioè in cui una buona parte della squadra ha potuto fermarsi, riorganizzarsi e pensare proprio sotto la guida di Stefano. Un disastro che sottolinea quanto poco il mister abbia compreso del momento.
La sensazione è che ora l’allenatore proverà a riportare il gruppo in un habitat con minore pressione, ripristinando una situazione in cui tutto ciò che arriva di buono in termini di risultati può dirsi un traguardo e non cambiando una virgola a livello di gioco. Il risultato potrà poi pure arrivare, speriamo, ma di crescita temo non ne vedremo nemmeno l’ombra; e questo sarebbe il fallimento più grande della stagione, più dei risultati.
Il Milan sta imbarcando perché da mesi non ha priorità logiche. La squadra scende in campo seguendo uno script efficace a tratti, ma sempre più inadatto al momento fisico, tecnico e mentale degli uomini arruolabili. Poco importa che Tomori sia stato un leone al suo avvento a Milano, capace di duellare 1vs1 contro tutti gli attaccanti su tutto il fronte difensivo: oggi non è in grado di farlo, probabilmente può essere efficace come al solito ma su una porzione ridotta di campo; oppure se deve concentrarsi su una zona specifica e con meno campo alle spalle; poco importa che Theo abbia la qualità di spaccare il campo tagliando verso il centro: oggi questa caratteristica porta solo confusione e più che disordinare le difese avversarie lo fa della nostra.
Due esempi di mosse tattiche che non rispondono alla logica. Bisogna fermarsi a pensare, dandosi priorità: cosa serve a questa squadra più di tutto, fisicità? Tecnica? Disordine? Ordine? Fantasia? Sicurezza? In base alle risposte, scegliere gli uomini. Il pragmatismo applicato al momento fisico e mentale e alle caratteristiche dei giocatori ci ha portato allo Scudetto; non il 4231, non gli schemi, non gli uomini “della provvidenza”. E non certo le sequenze scriptate cui assistiamo da mesi.
Terza considerazione, difficile che Pioli possa agire con forza in un ambiente così scarico. I giocatori sono distratti e stanno fallendo tutti il salto di qualità. Pesanti le parole di Kjaer, ma giuste. Il tempo di essere considerati “giovani” è finito. Il percorso di crescita può svilupparsi in vario modo, ma in questo momento molti mancano di coerenza, finendo col sopprimere le loro caratteristiche e regredire. Essere giovani e sfrontati ed essere maturi e sfrontati comporta tutto un altro livello di responsabilità, caratteristiche, obiettivi e atteggiamenti; e non sta scritto da nessuna parte che un atleta giovane tutto talento e pochi pensieri debba necessariamente restare leggero ed estroso per sempre.
Questi ragazzi non sanno dove stanno andando, non sono aiutati da un ambiente tattico sciatto e con poche prospettive, ma soprattutto non si sono nemmeno mai fermati a farsi due domande ricevendo aiuto nelle risposte.
Su questo fronte occorre chiarezza filosofica e di programmazione urgente, più che su tutti gli altri.
Dopo aver partorito il nuovo contratto, Bennacer si è trasformato in Pablo Garcia: messaggio difficilmente equivocabile relativamente agli stimoli che purtroppo l’ambiente non sta, in questo momento, dando.
Larry
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