Maggio, e siamo ancora primi. Bella dimostrazione di quanto la famosa ‘carta’, su cui non siamo certo considerati i più forti, sia solo un’indicazione di massima e da verificarsi sul campo.
Ormai a tre giornate dal termine la carta la possiamo gettare e osservare il percorso delle due squadre di testa; e se proprio si vuole, esercitarci in un ricalcolo dei pesi e delle misure prese ai blocchi di partenza del torneo e al giro di boa.
L’anima speculativa del Diavolo – In Italia difesa = catenaccio. O per essere di moda: difesa = Allegri.
Beh non è proprio così. Prendiamo ad esempio il Milan di Pioli. Dal derby di ritorno: 12 gol fatti, 4 subiti, 25 punti conquistati in 11 gare. Il Milan oggi è difesa.
Il Milan ha costruito ben più di quanto ha segnato (19.81 xG, mediamente 1.8 a partita), in queste 11 gare considerate, facendo peggio dell’avversario solo contro l’Udinese, la prestazione offensiva peggiore dell’anno. Ma soprattutto ha concesso solo 9.08 xG e appunto 4 reti, una performance difensiva eccezionale, ben al di sotto della media stagionale e mediamente pari appunto a quella della juventus di Allegri, che giustamente sta valendo ai ragazzi il primo posto. Ma mentre la juve fa densità e pratica una difesa posizionale, il Milan trasforma la propria metacampo in una lotta senza quartiere, in uno street fighting per ogni metro. Gioca a schiacciare il campo con un centrocampo basso e una difesa alta, puntando sul tempismo di Kalulu, sulla potenza di Tomori, sulla resistenza di Calabria e Tonali, sulla calma di Kessie.
Al di là delle dichiarazioni di Pioli di qualche giornata fa (“Miglior difesa? Strano, rischiamo molto” o qualcosa di simile), io penso sia una strategia voluta. Dallo stadio pare evidente una contrazione della squadra, una prudenza nello scoprirsi, con qualche concessione in più a Theo Hernandez. Il pressing è portato con parsimonia, preferendo invece una copertura aggressiva della propria metacampo dove il Milan concede fondamentalmente solo le fasce (e fa bene, sono le situazioni statistiche meno pericolose). E’ un gioco dispendioso per la testa e per le gambe, ma alla luce dei risultati è certamente la soluzione giusta per provarci fino in fondo. Il cuore di cui si parla è in realtà metodo, applicazione, lavoro. Sono contento che la strada che tende al successo sia stata aspra e piena di sofferenza; gli 1-0 forgiano le squadre che durano nel tempo, come gruppo e mentalità. E’ anche l’ultima catarsi dalla stramaledetta propaganda del Giannino: non segniamo molto, non giochiamo un calcio brillante; arrembante a tratti si, ma francamente Milan-Genoa per dirne una è stata una gara inguardabile. Eppure…
Alla base di tutto le scelte di Pioli, cui va aggiunta una stella al merito per aver mediato la sua visione di calcio bersagliera e verticale con la necessità di vincere che passa e passerà sempre dal concedere pochi gol; e le performance dei singoli, su tutti Pierino Kalulu il cui innesto ha coinciso con queste performance, e Mike Maignan cui manca giusto il tricolore al petto per diventare il numero 1 d’Europa conclamato.
Basterà per il successo finale? Non penso. Stiamo giocando troppe finali, a livello di tensione, e c’è un forte rischio usura. Il margine di errore è ridottissimo, con questi numeri in attacco e portare a casa lo Scudetto con tre 1-0 o similia trasformerebbe questo mezzo miracolo che stiamo facendo in un miracolo intero.
In queste ultime 3 gare dobbiamo assolutamente sbagliare il meno possibile in avanti, riequilibrando la fase offensiva in qualche modo. Tranne Leao, tutti i possibili protagonisti stanno sottoperformando: Diaz rifiuta qualunque tiro, Giroud è troppo raffinato e morbido, Ibra è a mezzo servizio, Rebic sta ancora litigando con sé stesso. A loro è richiesto di fare più e meglio in questo difficile finale. Alla squadra, probabilmente, di isolarli di meno.
Un’Inter sdimensionata – Attenzione, non ri-dimensionata ma s-dimensionata. Un tremendo neologismo (scusate) per indicare che questa squadra è per me di difficile inquadramento.
Come spiegare infatti il cammino dei nostri rivali, prima spogliati dei propri vestiti migliori e rivestiti in fretta con qualche usato di discreta/buona qualità; poi capaci di dominare il girone di andata, senza accorgersi del cambiamento d’abito e col migliore attacco e la migliore difesa, indici che reggono finora; primi al giro di boa e addirittura a +10 al minuto 74 del derby del 5 febbraio. Ed oggi secondi, trafelati (l’Inter esce da qualunque campo al 50esimo), e mentalmente poco solidi anche se purtroppo ancora capacissimi di approfittare di un nostro errore.
I nerazzurri giocano un buon calcio, va detto. A intermittenza, ma comunque di azioni di alto livello se ne vedono e il talento di alcuni giocatori (uno su tutti Perisic) è esaltato dal gioco. E specie a novembre-dicembre, nei primi tempi di tutti i derby e in Champions hanno dato dimostrazione di avere un’identità di gioco tangibile e diversa da quella contiana.
Eppure non mi sono mai parsi davvero convincenti, proprio perché l’anima data da Conte non è mai stata rifiutata, abbandonata, o sostituita ma cavalcata fino a comodità. Dimenticandosi che Andonio (che non vi piace sicuramente, ma è un grande allenatore a differenza di S. Inzaghi) coltiva i suoi successi su un substrato ben preciso: l’accerchiamento, la rabbia, la consapevolezza di dover essere sporchi e cattivi per combattere una guerra, anche se immaginaria. Conte vince lo Scudetto 2020/21 nel momento in cui Suning va in crisi, e i giornalisti e i tifosi (avversari e non) pressano, attaccano e congetturano.
Se si può fare un appunto a Simone Inzaghi, oltre che essere antipatico, non è tanto ‘aver puntato sempre sui soliti’ come si legge (anche se non coinvolgere mai giocatori discreti e a volte decisivi in passato come Vecino o Gagliardini è una cretinata), bensì aver lasciato un vuoto pesantissimo in termini di mentalità.
L’ha anzi colmato con una certa supponenza. Per Simone non esistono mai gli avversari, la sua squadra è sempre perfetta e solo misteriosi episodi l’hanno punita. Sono sicuro che a un certo punto l’Inter l’ha data per fatta: 74esimo del derby, fatta. Al fischio finale di juve-Inter, fatta. Al fischio finale del 3-0 ai nostri danni, o del 3-1 alla Roma, fatta. E può ancora, nonostante tutto, farcela.
L’Inter sarà pure dominante nei numeri, ma occhio: 10 gol li ha segnati alla Salernitana, 6 al Bologna alla seconda di campionato. E nonostante la miglior difesa, nelle ultime 11 partite ha incassato 10 reti da 17.01 xG, numeri a distanza siderale dal top. E’ insomma un dominio sulla carta pure questo.
Filtrano indiscrezioni di ‘turnover’ per stasera: magari! Una scelta più stupida di questa non si potrebbe fare, e non ci credo finchè non la vedrò.
Insomma, un’Inter indebolita ma nonostante tutto vicina alla vetta, oppure un’Inter più forte delle altre, ma mal gestita? La verità, se se ne può indicare una, è che ha avuto l’enorme vantaggio di non avere infortuni importanti e numerosi. Questa poca sofferenza e necessità ha lasciato a Inzaghi tanto tempo per lavorare coi soliti, e ciò si vede nei 15-20 minuti in cui i nerazzurri dominano quasi sempre, ma ha creato un’Inter A oggi incapace di durare 90 minuti e un’Inter B di comparse abbastanza scazzate; un gruppo poco reattivo e poco propenso alle sofferenze e ai rovesci che una stagione sempre presenta.
E il Milan? E’ scarsoh ma cazzuto, o forte ma in tranche agonistica tale da essere oggettivamente brutto, bloccato e pesante? Sicuramente è un Milan che parte da lontano (estate 2020) e sarebbe disonesto considerarlo figlio del caso o di un campionato “scadente”. E’ di certo figlio delle tante partite in emergenza, figlio del disinteresse di tutti, figlio di quella sensazione che il vento soffia sempre da un’altra parte e che solo remando tutti insieme si può contrastare.
Fondamentalmente, una gran bella sfida in un gran bel campionato, finalmente combattuto dopo anni di dittature.
Larry
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