Fuori Diaz, Theo, Florenzi, Maignan, Messias, Plizzari, con Ibra, Krunic (forzatamente in panca) e Giroud appena rientrati, senza minuti nelle gambe e quindi in condizione precaria, con fuori Tonali e Leao per preservarli per questa sera vista l’importanza della partita in CL (giusto o no che sia ma questo è un altro discorso), non puoi non pagare dazio. Il problema non è solo il livello tecnico-atletico inferiore di chi, giocoforza, deve andare in campo al posto dei titolarissimi, ma anche che per mantenere “il tuo gioco” quello che hai provato in allenamento ma, soprattutto, rodato ed perfezionato in tante partite, non puoi fare a meno di così tanti protagonisti tutti insieme. Puoi sostituirne uno e, per quanto importante, non te ne accorgi nemmeno, due, magari con un po più di fatica, tre se sei in giornata buona e la fortuna ti assiste quel minimo, ma sopperire a così tante assenze diventa difficile. Oltre, ripeto, ad un livello qualitativo obiettivamente inferiore (senza voler criticare nessuno sia chiaro) si perdono le distanze, si tende a giocare meno compatti, a non rispettare movimenti e posizioni come il mister le ha preparate per pura mancanza di abitudine a stare in campo ed in più a perdere tanti duelli nell’uno contro uno.
Infatti capita che non riusciamo proprio nelle cose che hanno caratterizzato il nostro gioco e dato un’identità alla squadra fino ad ora. Non riusciamo a pressare alti come facciamo solitamente recuperando palla nella trequarti avversaria creando pericoli, non riusciamo nei raddoppi, non teniamo i reparti vicini, non riusciamo a ripartire in velocità ed a giocare da dietro con gli scaligeri che ci pressano altissimi. Invece l’Hellas (che con noi ha sempre il dente avvelenato) entra in campo determinato e riesce a non farci letteralmente giocare. Se poi prendi un gol evitabile dopo otto minuti, il tuo centrale subisce un fallo dall’attaccante e ti fischiano un rigore contro ritrovandoti sotto di due gol già al 24’ (ma la VAR? by the way…), non te ne danno uno che, seppur non chiarissimo, ci poteva stare e, per finire, al 36 deve uscire per infortunio (l’ennesimo) quello che fino a quel momento era stato il tuo miglior giocatore in campo, pensi che la maledizione di Casimiro IV Jagellon, in confronto, sia come le minacce della mamma quando ti inventavi il mal di pancia per bigiare scuola. C’è il fondato rischio che ti chiedi cosa hai fatto di male a questo mondo per meritare tutto questo, che gli zebedei cadano per terra e rinunci a lottare perché contro l’ineluttabile non si può. Questo l’umore di tifosi, giocatori tecnici e di tutto l’ambiente alla fine del primo tempo. Speranze? Le stesse di imbroccare un sei al superenalotto che ti svolti la vita.
Capita invece che Pioli, sempre più “padrone” di questo Milan, si inventa i cambi che non ti aspetti. A parte Rafa, già entrato per sostituire Rebic infortunato, inserisce Casti e Krunic per Maldini (che, mi ripeto, non è ancora pronto per questi livelli e non so se mai lo sarà) e Saelemaekers che non era nella sua miglior giornata. Quindi, in un momento che definire difficile sarebbe un eufemismo, butta nella mischia uno appena rientrato da un infortunio che l’ha tenuto lontano dai campi a lungo ed un altro che si era ritrovato ai margini della squadra dall’estate passata (che lo volessero vendere è cosa nota) e che ci si chiede, o almeno me lo sono chiesto io, con che motivazione potesse entrare in campo.
Invece capita che Leao, che quest’estate si era convinto di essere un giocatore di calcio e nelle prime partite di essere pure un bravo giocatore di calcio, decide che è il momento di caricarsi la squadra sulle spalle e spaccare la partita con le sue scorribande incontenibili. Mette una palla al bacio per Oliviero che, a sua volta, dopo un primo tempo in cui non aveva visto un pallone, fa un movimento da vero “9” taglia fuori il marcatore e la sbatte dentro di testa. Sarà anche indietro di condizione ma gli è bastata un’occasione per fare gol. Capita che Krunic, che si era ritrovato ad inizio stagione, se ne infischia di essere appena rientrato e gioca come un dieci forte e navigato facendo impazzire l’intero centrocampo Veronese. Nel frattempo Leao, dopo un’azione travolgente, si inventa un assist geniale di tacco per Casti (poi ci arrivo …) che lanciato a rete in mezzo a due avversari difende la posizione e la palla come Diabolik difenderebbe Eva Kent circondata dall’ispettore Ginko al comando dei reparti speciali della polizia, costringendoli al fallo e guadagnandosi un sacrosanto rigore. Capita che Frank, contratto o no, va sul dischetto più freddo del Conte Vlad mentre si appresta a morsicare il collo di una vergine, manda la palla in rete e Poporipò a caccia di farfalle. Capita che Pioli se ne inventa un’altra mandando in campo Ibra tenendo dentro Oliviero. Capita che BravoSamu, alla faccia della mancanza di motivazioni, sembra un misto tra Rui Costa, per come fa pirlare avanti ed indietro i centrocampisti gialloblu, e Gattuso, per come strappa i palloni agli stessi con le grinta di un Ghepardo affamato che caccia un cervo in ogni parte del campo, mette in mezzo una palla apparentemente innocua. Capita che Gunther, non so se come ho sentito dire (ma mi piace pensarlo), spaventato dal fatto che da qualche parte in area ci siano Zlatan e Oliviero (cioè due tipi che al solo pronunciare il nome si sarebbe cagato addosso anche Gengis Khan in persona…) nel goffo tentativo di spararla lontana fa il più ridicolo degli autogol.
Così capita che si va sul 3 a 2 e finisce così. Tre punti d’oro. Tre punti presi all’Inda, ridicolizzata a Roma dalla Lazzie e tre punti presi alla Roma che perde malamente in quel del portacenere stadium. E chi l’avrebbe detto al 45’? Io no, lo ammetto. Ma, soprattutto, capita che questo Milan dimostra che anche quando sembra non avere più le frecce preferite nella faretra, sa compensare con la grinta, la voglia, l’attaccamento, la determinazione e” l’essere uomini” dei suoi ragazzi. E, se qualcuno come ho letto sul night (non ricordo chi, mi scuserà), afferma che Paolino prima di giudicare i giocatori giudica gli uomini che prende, comincio a credere che abbia ragione. Una vittoria di cuore, di grinta, di voglia di non arrendersi, di attaccamento alla maglia, come testimoniano le lacrime (sacrosante e benedette) di Casti nel dopo partita e la felicità per lui dei suoi compagni che non si sono fatti pregare nel dimostrarglielo con abbracci, baci ed applausi a scena aperta.
Stasera andremo a giocarci una partita altrettanto difficile con il Porto con gli uomini ancora contati. Una partita che sarebbe difficile già di per sé, con tutti i problemi di uomini di cui sopra, in un girone in buona parte compromesso dopo che, come non bastasse un sorteggio assassino e la sconfitta nella prima contro il Liverpool (che ci stava), ci hanno fatto perdere immeritatamente per “qualche svista arbitrale” di troppo contro i Simeones. Eppure questo Milan ci sta insegnando che non bisogna arrendersi mai; ed allora… Andiamo e giochiamocela. Giochiamoci le partite del ritorno e proviamo a qualificarci. Se poi non andrà, amen, non importa, ma proviamoci perché, nonostante tutto, ormai dovremmo averlo capito, questo Milan non sarà eccellentissimo per qualità, non sarà come i Milan di sacchi o quello di Ancelotti, non avrà le qualità di Rivera ed il senso del gol di Prati o Inzaghi, non avrà la classe innata di MVB o la potenza di Gullit e tutto il resto che avevano i “Grandi Milan” ma è il Milan più cacciavite che ricordi.
Proviamoci, perché a volte, semplicemente… capita…
FORZA MILAN
Axel
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