Colgo l’occasione del pezzo per unirmi al cordoglio di tutto il mondo del calcio e non solo per la scomparsa di Joe Barone. Quando una vita così giovane (si, a 57 anni si è ancora giovani) si spezza, è sempre un dispiacere ed una tragedia per chi rimane (con le dovute ed ovvie eccezioni) indipendentemente dal ruolo e dagli incarichi che la persona ha ricoperto fino a quando ci ha lasciati.
Detto questo, nella simpaticissima pausa nazionali di cui nessuno sentiva il bisogno, mancava il solito tormentone sul Milan, sulla sua cessione (o sulle sue cessioni) e magari perché no, su qualche rinnovo di un big che non arriva. Stavolta avremmo di che parlare visto l’episodio di Acerbi e della levata di scudi a sua difesa che c’è stata, oppure dell’imminente scadenza di un prestituccio di soli 275 milioni di euro, con 100 milioni di interessi maturati finora, che pare il presidente dell’Inter abbia qualche difficoltà a ripagare e\o rifinaziare entro la deadline di Maggio 2024.
Invece no, settimana scorsa c’è stato il colpo di scena della perquisizione della GdF nella sede del Milan, in cerca di documenti che proverebbero chissà cosa, in una indagine che più passano i giorni più si copre di ridicolo e assume i contorni di una vera e propria azione di disturbo all’ingresso degli arabi nel mondo del calcio italiano.
Prendo spunto da questo episodio per fare un’amara riflessione sulle condizioni in cui è stato ridotto il tifoso milanista dal 2009 in poi. Già a quell’epoca sentivamo parlare della famosa fiscalità spagnola e qualcuno iniziava a fare calcoli astrusi per capire se potessimo o meno permetterci l’ingaggio di quel determinato calciatore o l’ingaggio più il cartellino, mentre altri iniziavano a prendere i libri di economia e diritto internazionale per farsi una base necessaria a capire di quali sogni potesse vivere il tifoso rossonero durante il calciomercato. Tutti ragionamenti che ovviamente poi andavano in fumo davanti alle illogiche operazioni di mercato che ci vedevano coprire d’oro i feretri zero (cit.) con contratti pluriennali che piuttosto che giovare al bilancio contribuivano ad affossarlo sempre più. Oppure agli illogici acquisti di scarponi che non servivano ad aumentare il tasso tecnico della rosa ma a dare spallate ad una situazione finanziaria già precaria di suo.
Quindi con il passare degli anni siamo arrivati alla famosa farsa della cessione al cinese. Dalla fiscalità spagnola siamo passati a studiare i paradisi fiscali, come questi potessero essere un veicolo per il pagamento di 3 caparre necessarie alla finalizzazione della vendita dell’Ac Milan ma soprattutto abbiamo iniziato a studiare le scatole cinesi che hanno contraddistinto la creazione di società in Lussemburgo e i prestiti fatti dai fondi internazionali.
La famosa fiscalità spagnola!
Poi è arrivata l’escussione del pegno per una rata del prestito non pagata, e ci siamo appassionati con i fondi, i loro ragionamenti sugli investimenti a medio\lungo termine, tutto propedeutico a farsi un’idea su come potessero gestire il Milan ed eventualmente a quando avrebbero potuto rivenderlo. Tutto questo con sempre sullo sfondo quote di partecipazioni azionarie nei veicoli che di fatto erano stati usati per acquisire il 99,93% delle azioni di Ac Milan.
Per arrivare poi alla storia recente, con la vendita a RedBird, la familiarizzazione con termini come vendor loan e con procedure che sarebbero tipiche di altre realtà che poco hanno a che vedere con il mondo del calcio.
Il tifoso vive di sogni e di speranze, di aspettative, e negli ultimi 15 anni per alimentare questi aspetti ci è stato praticamente chiesto di prendere una laurea in economia, una laurea in giurisprudenza con indirizzo diritto internazionale (vedasi le famose beghe tra Elliott e qualche socio di minoranza che cerca di estorcere quanto più possibile dalla vendita a RedBird), un master a Yale in alta finanza e gestione delle imprese e, perché no, anche un master di II livello in comunicazione e social media management.
Trovo tutto questo aberrante, sono cose che fanno disamorare e allontanano il principale cliente del calcio dall’appassionarsi e seguire la propria squadra. Personalmente non mi sono disamorato più di tanto, ma sono comunque stufo di dover leggere accanto alla parola Milan qualcosa come: “Scandalo Milan” – “Il Milan non può permettersi il giocatore Z (evito di scrivere X altrimenti i ricordi volano veloci alla pantomima di Mister X dagli occhi cerulei che ha contribuito a farci scavare il fondo del barile negli anni passati)” – “Milan, il bilancio sorride” eccetera eccetera.
Io voglio (si, voglio) tornare ad emozionarmi per un acquisto last minute che ci proietta di diritto nelle pretendenti alla vittoria della Serie A e della Champions League (si, ogni riferimento ad Alessandro Nesta, che tra l’altro compie gli anni in questi giorni, è puramente voluto), voglio tornare ad emozionarmi per le prime partite di un perfetto sconosciuto che sotto gli occhi di tutti dimostra di avere le stimmate del campione (Kakà e Pato su tutti). Ma soprattutto voglio tornare ad emozionarmi per la capacità di dominare l’avversario della mia squadra, la capacità di imporre un sistema di gioco da tutti riconosciuto e distinguibile, la capacità dell’allenatore di leggere le partite e riuscire a cambiare il corso con i cambi qualora le cose si mettessero male.
Sono consapevole che nel calcio, alla fine della fiera, vince una squadra soltanto. A me basterebbe avere una garanzia di competitività, lasciando tutto il contorno di bilanci, cessioni, quote azionarie, prestiti e quanto altro a chi di dovere. Voglio tornare a discutere di quanto sia forte Roberto rispetto a Daniele, di come sia stato possibile che Rino sia stato panchinato per far giocare Massimo. Voglio tornare ad emozionarmi, sussultare ed esultare per una finale di un trofeo vinto giocandolo, cercando di dare il massimo per vincerlo nei tempi regolamentari. Vivere un goal all’ultimo minuto sgolandosi e urlando a squarciagola per la gioia di aver passato un turno, consapevoli che giocherai fino in fondo per vincere quella competizione.
Per fortuna sembra che già ad Aprile non mancherà l’occasione di vivere due match che potranno permetterci di continuare a sognare l’unico trofeo che manca alla nostra bacheca e che io voglio vincere.
Sperando che la stessa voglia ce l’abbiamo l’allenatore e i giocatori che scenderanno in campo e che le nostre speranze non debbano essere solo quelle di un ingresso in società degli arabi di turno o di un proprietario interessato a investire per competere e provare a vincere.
Seguiteci anche su