Non sappiamo come finirà. Né quando. Credo che nessuno al momento sia un grado di predire il futuro che, al momento, appare incerto come non mai, come, probabilmente, non avremmo mai immaginato. L’unica cosa sulla quale mi sbilancio è che la nostra vita non sarà più la stessa. Quanto sarà differente non riesco nemmeno a immaginarlo, ma sono convinto che esisterà un modo di vivere pre e post Covid. Non foss’altro perché questa pandemia ha abbattuto alcune delle certezze che avevamo obbligandoci a rinunciare a cose e comportamenti che davamo per scontato. Adesso sappiamo che di scontato non c’è nulla. Non è poco e, forse, da questo punto di vista sia chiaro, non è neppure una brutta cosa.
Anche il calcio cambierà. Provate ad immaginare. Chi l’avrebbe mai detto che un giorno saremmo rimasti senza campionato e coppe? Che sarebbe stato messo tutto in stand by? Che il più diffuso mezzo di intrattenimento della società Italiana (e non solo) degli ultimi 120 anni circa si sarebbe fermato? Che nemmeno gli enormi interessi economici e sociali che ruotano intorno a questo mondo ne impedissero il blocco? Che una stagione agonistica sarebbe stata stoppata quasi da un giorno all’altro e senza sapere ne se e ne quando ne tantomeno come, si sarebbe conclusa? Chi l’avrebbe detto anche solo due mesi fa?
Ad oggi, al di là degli sproloqui di lega e federazione che ipotizzano date e calendari senza sapere se abbia un senso anche il solo ipotizzarne, non sappiamo dove si andrà a parare. Non sappiamo, e adesso ha pure poco senso parlarne, come sarà conteggiata questa stagione. Scudetto e piazzamenti convalidati alla data di congelamento? play off/out? Cancellazione della stagione e piazzamenti validi solo per i posti UEFA? Impossibile ipotizzare ora che, non sapendo in quanto tempo finirà l’emergenza corona, non possiamo nemmeno sapere se la prossima stagione ci sarà, né in Italia e, meno ancora, in Europa.
Ciò che è certo e che, vada come vada, il danno economico sarà enorme. Pensare a fallimenti in serie non è catastrofismo ma semplice pragmatismo. In generale le società di calcio Italiane avrebbero già, chi più chi meno, bilanci in rosso o in pareggio in tempi normali, figuriamoci in una stagione così. Sicuramente verranno a mancare gli introiti da stadio (e non sono solo i biglietti) e non sappiamo se i diritti televisivi saranno corrisposti per intero così come le sponsorizzazioni etc. Nel frattempo la UEFA, per il bel lavoro che fa, ha chiesto alle leghe un piccolo sostegnino di 470 milioncini (la quota pro Italia sarebbe di una settantina…) che le società dovrebbero sborsare. Le società che hanno alle spalle grandi e danarosi gruppi (o proprietari) è probabile che in qualche modo troveranno la maniera di far fronte ma dovranno comunque adottare una pesante dieta dimagrante perché pure i gruppi che le sostengono subiranno perdite sostanziose e non saranno propensi a scucire più dello stretto necessario per tirare avanti. Ma tutte le piccole che già scalchignavano troveranno le risorse? E cosa succederà nelle serie minori dove i fallimenti erano già all’ordine del giorno? Insomma, pur ipotizzando che l’emergenza finisca in tempi relativamente brevi le conseguenze saranno pesanti.
I grandi eventi che hanno sconvolto il mondo se da una parte hanno creato disperazione e miseria da quell’altra hanno lasciato in eredità un mondo da ricostruire. E quando devi ricostruire è più facile pensare ad un cambiamento radicale tenendo conto degli errori del passato. L’evoluzione sociale della razza umana ha ricevuto grosse spinte in avanti proprio dalla reazione ai momenti drammatici della storia. Anche il mondo del calcio si ritroverà (con le dovute proporzioni) a dover ricostruire sulle macerie. L’occasione sarebbe ghiotta per rifondare questo mondo arrivato ormai alla soglia delle perversione, dove pochi potenti hanno in mano il pallino del gioco, dove gli enormi interessi che ruotano intorno lo rendono “too big to fail” e quindi in nome della salvaguardia degli stessi si permette qualsiasi nefandezza a chi detta le regole, dove, il vertice, è costituito da un fitta e legata indissolubilmente rete di personaggi.
Mi chiedo cosa capiterà anche al mercato. Già, provate ad immaginare. I valori di stipendi, provvigioni, cartellini, plus valenze fittizie, sponsorizzazioni fatte in casa. Un enorme castello di carta fondato su numeri gonfiatissimi che apparivano già fuori mercato in un mondo normale. Provate ad immaginare… Un giocatore qualsiasi che oggi vale 20 milioni, dopo tre partite buone sale a 40, se poi fa una stagione sopra le righe non c’è più limite. Già… Ma le regole del mercato non cambiano. Una valorizzazione diventa un valore solo quando si arriva alla transazione. E per vendere è necessario ci sia anche chi compra altrimenti i valori rimangono solo sulla carta e non sono più valori ma solo speranze o numeri buttati a caso. Lo stesso vale per gli stipendi promessi ai giocatori ed ai rinnovi contrattuali. Faccio un esempio banale. In un mondo che si ritroverà con perdite enormi da ripianare chi potrà proporre ad un portiere, per quanto un giovanissimo fuoriclasse del ruolo, un contratto a sette cifre o quasi? E le provvigioni multi milionarie? Ed il costo del cartellino? Chi potrà più pareggiare i bilanci con plusvalenze (vere o fittizie che siano) se non ci sarà più chi compra o che può stare al gioco per mancanza di cash? Come faranno tutte le squadre di media/bassa classifica e delle serie minori che vivono producendo calciatori da vendere ai piani superiori? Come potranno evitare la bancarotta? Gli sponsor, che verranno da un anno disastroso, saranno ancora in grado di pagare cifre iperboliche? La sensazione è che il castello di carta si reggesse solo grazie ad un incremento costante quanto fittizio dei valori in ballo i quali servono per ripianare le perdite precedenti ma che, proprio per la loro progressione, procurano costi altrettanto in crescita anno dopo anno? Ed anche le federazioni nazionali e continentali e la Fifa si troveranno in qualche guaio se le competizioni che procurano loro la linfa per mantenere le schiere di burocrati, board, commissioni, strutture, tribunali e chi più ne ha più ne metta, verranno interrotte a lungo. Insomma, un loop perverso dove nessuno potrà pagare quanto e come faceva prima in un mondo dove invece il giro di denaro dovrebbe rimanere in costante crescita per reggersi in piedi.
Salterà il banco? Non possiamo saperlo, né tantomeno ipotizzarlo, ma il rischio c’è. Se il castello di carta brucerà bisognerà ricominciare da capo e non è detto che in un momento così drammatico ed in pieno caos ritornino ad essere importanti i vecchi valori o almeno parte di essi. Che il calcio possa ritornare ad essere prima di tutto uno sport anziché il circo barnum che è diventato, che i numeri in gioco si calmierino da sé, che si debba tutti ritornare con i piedi per terra. Chissà se anche noi tifosi saremo in grado di spendere quanto abbiamo fatto fino ad oggi per mantenere in piedi il circo? E, soprattutto, uscendo fuori da un periodo così difficile che ci obbligherà a fare i conti con noi stessi e rivedere le nostre scale di priorità, saremo ancora disposti e così vogliosi di farlo? Francamente non ho risposte da darvi e non azzardo nemmeno ipotesi. Facciamo così… vi cedo il pallino. Adesso “fate vobis…”
Oggi il calcio è l’ultimo dei pensieri ma un FORZA MILAN ce lo metto lo stesso, insieme ad un abbraccio a tutti Voi con l’augurio che si riesca TUTTI a superare indenni questi momentacci…
Axel
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