In famiglia, nel lavoro, nella vita di tutti i giorni. Ci sono momenti in cui è necessario guardarsi negli occhi. Sono quei momenti difficili in cui da solo non ce la puoi fare, non puoi giocare da lupo solitario come faresti sempre pensando che se le cose vanno storte è colpa degli altri, non puoi più permetterti di fare quello che vuoi. Sono quei momenti in cui, solo rinunciando ad un poco di te stesso e ragionando e comportandoti come squadra, puoi sperare di venirne fuori. Il calcio, come disse un tizio parecchio tempo fa, è la metafora della vita, ed i momenti brutti che puoi vivere in un campionato non sfuggono a questa regola. Ma quando arrivi a doverti guardare negli occhi i casi sono due. O negli occhi degli altri trovi quel cenno d’intesa che non ha bisogno di parole, che ti carica e ti dà sicurezza, che ti regala la certezza che se anche andrà male potrai dividere dispiaceri e responsabilità con tutti gli altri, che se si affonda lo si fa tutti insieme, oppure leggi sguardi che si abbassano, che sfuggono, che non capiscono o non vogliono capire. Sguardi che hanno paura e che pensano solo alla propria salvezza. Ed allora, se anche eri disposto al tuo personale sacrificio, ti passa la voglia. E come passa a te passa agli altri semmai per qualche frazione di secondo gli fosse venuta.
Dopo Verona Milan, nella tante chat che condivido con i “colleghi” della redazione ed i tanti amici rossoneri con i quali condivido la passione, qui sul night, ho letto tante considerazioni. Tecniche, tattiche, di posizionamento in campo, di modo di difendere (chi dice più basso, chi non è convinto), di attaccare, di forma fisica e chi più ne ha più ne metta. Considerazioni che in massima parte condivido (d’altra parte siete, tutti insieme, un parterre di gran livello) ma rimango comunque convinto che qualcosa di difficilmente spiegabile, di impalpabile, sia successo nello spogliatoio. Mi rendo conto di non essere un tecnico esperto del calcio e che vivo il calcio ed il Milan in modo molto più passionale che razionale, che sono un tifoso da bar, ma nella vita, ed in proporzione 1/100.000.000 anche in quarant’anni e più di calcio giocato (ed un poco allenato) ho vissuto molte volte questi momenti e quello che è successo contro il Verona l’ho riconosciuto come uno di questi. Non saprei dirvi chi, come, quando, magari qualcuno che non ti aspetteresti. Chi ha iniziato a guardare negli occhi i compagni prendendosi la responsabilità, chi di fronte ad uno sguardo sfuggente ha insistito fino a che l’altro ha dovuto per forza guardarlo e prendere una decisione, spendere la sua parola, non so se qualcuno ha alzato la voce o se gli sguardi sono stati più forti delle parole, ma scommetterei che è successo.
Il primo sospetto mi è venuto dopo circa 15 minuti dall’inizio della partita quando un caro amico mi scrive: “C’è Juric che sta contando i giocatori perché non si può giocare in quindici. Perché di Kessie in campo ce ne sono almeno cinque altrimenti non si spiega come possa essere ovunque…”. Ed in effetti ha delle ragioni. Non che abbia mai fatto mancare corsa, fisicità ed impegno, non sia mai, ma domenica è sembrato letteralmente insuperabile. Il miglior centrocampista della seria A, di livello internazionale. Uno dei pochi che, non bastasse il totale strapotere fisico, ha pure i piedi educati. Ma più ancora di Caterkessie mi hanno stupito i vari Krunic, Dalot, Casti, Saele, Tomori (sempre meglio…) e… oddio lo dico? Ma si va… Meitè. Pure Leao che se davanti ha inciso poco o nulla (se non una finta inimmaginabile che ha favorito l’azione di Dalot del secondo gol), ha corso, ha contrastato, ha tenuto vigili i centrali veronesi senza mai lasciarli tranquilli e, per recuperare un pallone, ha pure messo a rischio la progenie. Anche Donnarumma, che ultimamente avevo visto meno concentrato del solito, pur non dovendo fare interventi risolutivi ha letteralmente comandato la sua area e quando serviva ha dato un segnale dimostrando di essere il vero padrone dei suoi 16 metri. Romagnoli, che tanto avevo criticato, tira fuori una prestazione solida e senza sbavature tanto in fase difensiva che quando doveva far girare palla. Calabria, oramai, non è più una novità.
Quindi in una domenica in cui venivamo da un brutto periodo, con fuori sei titolari (tanto che quando Juric cambia 5 giocatori per dare freschezza alla squadra Pioli può rispondere come il solo Hauge), contro un Verona sugli scudi che aveva fatto soffrire tutte le grandi (e pure noi all’andata quando viaggiavamo come treni), col rischio di mandare a quel paese tutto quello di buono si era costruito nel girone di andata e rischiando di andare in campo con la tremarella, questa squadra tira fuori la prestazione che non ti aspetti. Compatta in trenta metri per tutta la partita (tranne gli ultimi dieci minuti recupero incluso perché avevano ormai la lingua per terra), vincente negli uno contro uno, mai presa alla sprovvista dalle ripartenze degli scaligeri, che conquista la maggior parte delle palle morte, che segna due gol uno più bello dell’altro (e dagli ultimi dai quali te lo saresti aspettato) ma che, soprattutto, ha sempre dato la sensazione di poterla gestire a piacimento. Pressando alto quando era il momento (ma sempre compatta non lasciando spazio alle ripartenze) alternando ad un difesa attenta e ringhiosa ed un giro palla in alcuni momenti persino disarmante.
Juric (a cui devo un complimento per le dichiarazioni pre partita sui rigori del Milan e post per l’onestà intellettuale) non ci ha letteralmente capito una ceppa e, che piaccia o meno il personaggio, è uno che di calcio ha dimostrato di saperne parecchio.
Ora, non abbiamo conquistato nulla ed i punti sono punti a prescindere da quando e con chi li conquisti o li perdi ed il campionato è ancora, ahimè, lungo. Però questa vittoria ha per me un sapore speciale perché qualcosa è successo. In un anno così anomalo il Milan ha dimostrato di essere la squadra più anomala di tutte (nel bene e nel male), ma se rimarrà questo spirito e se recupereremo mano a mano gli assenti, nulla è precluso. Come dice Seal questa squadra avrà per forza alti e bassi (proprio per come è stata costruita) ma tanto quanto può perdere, e male, con uno Spezia qualsiasi (con tutto il rispetto) o soffrire da bestia contro l’Udinese per strappare un pareggino immeritato all’ultimo secondo, è anche capace di stupirci contro chiunque. Non faccio voli pindarici e, come sempre ho detto, firmo il quarto posto, ma voglio semplicemente sedermi sul divano e godermi le prossime partite ad iniziare da giovedì contro lo United. Perché, quando gli sguardi si incrociano e non si abbassano può capitare davvero di tutto. Perché quando gli sguardi del branco, undici sguardi, si incrociano, sono più forti di mille parole…
FORZA MILAN
Axel
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