I numeri torturati e il circolo dei timidi

4543

E dopo le piccole soddisfazioni in campionato, il Milan, riesce a regalarsi una piacevole serata anche in campo europeo. Nel corso della sfida di giovedì sera a San Siro, infatti, i rossoneri hanno avuto la meglio sul Rennes che, seppur reduce da un bel filotto di otto vittorie consecutive, non ha saputo offrire una prova di spessore contro la squadra di Stefano Pioli. Di contro il Milan ha interpretato bene la prova e, al netto dei soliti errori che hanno dato linfa per brevi tratti ai francesi, ha dominato l’avversario mettendo in scena una sfida dai connotati ben precisi con un vincitore praticamente mai in discussione. Sono state confermate le buone sensazioni su alcuni singoli dopo le ultime uscite. Su tutti Ruben Loftus-Cheek, autore di una doppietta e attualmente a quota 7 gol in 26 presenze con il Diavolo.

Non male. Bella serata anche per Rafa Leao che, dopo praticamente un mese (da Milan-Atalanta di Coppa Italia), torna al gol in un periodo in cui, anche senza segnature, stava comunque mostrando segnali di crescita. Si conferma anche il buon trend del terzino francese Theo Hernandez che, proprio sul gol del 10 ex Lille, ha offerto l’assist decisivo. Insomma, lo score recita 10 vittorie nelle ultime 14 partite, con due pareggi ottenuti contro Salernitana e Bologna e due sconfitte, entrambe incassate contro l’Atalanta. In campionato il terzo posto sembra congelato, con vista addirittura sulla seconda piazza momentaneamente occupata da una Juve in calo ma senza coppe europee. In Europa League – con i dovuti scongiuri in vista della gara di ritorno – il cammino sembra poter esser percorribile per il Milan. E quindi chissà, che dopo i dolori della prima fase di stagione, non ci si possa regalare una piccola consolazione nella seconda parte.

I recenti risultati positivi, intanto, hanno riaperto l’annoso dibattito sulla bontà o meno della stagione del Milan. Transitivamente, il dibattito si amplia fino a coinvolgere il tecnico Stefano Pioli, il maggiore indiziato per i periodi negativi vissuti dalla squadra in stagione. E si ritorna al solito vecchio refrain dei periodi altalenanti: Fase 1: conferma del tecnico senza se e senza ma. Fase 2: prime voci e riflessioni. Fase 3: bomba di qualche giornale sul possibile sostituto. Fase 4: timido ritorno sui propri passi fino a rimettere sul tavolo l’idea della conferma. E via così: tutti bravi quando si vince, tabula rasa quando si perde. Il sintomo più evidente della mancanza d’equilibrio e, soprattutto, di lungimiranza.

Onestamente credo che, già da tempo, la società dovrebbe aver preso una decisione precisa su Pioli, in un senso o nell’altro. Impensabile affidare il destino di un allenatore a quelli che saranno i prossimi risultati in stagione perché, specialmente dopo ormai quasi 5 anni, dovrebbe essere ben chiaro quello che è il ‘patrimonio’ tecnico dell’attuale allenatore del Milan. In questo senso, nella sua recente uscita pubblica pre Milan-Rennes, il presidente Paolo Scaroni ha speso parole di grande apprezzamento sul mister ex Fiorentina: “Pioli? Rispondo sinceramente, noi siamo contentissimi di averlo in panchina, stiamo vincendo molte partite in questo periodo, stiamo andando molto bene quindi è una domanda impropria”. 

Parole di circostanza? Chi lo sa. Certamente, se sei soddisfatto di avere un Milan ‘tennistico’ che approccia la propria progettualità sul concetto di ranking e semplici piazzamenti, Stefano Pioli è l’uomo giusto anche per i prossimi dieci anni. Se invece, come impone la tradizione del club rossonero, si intende tornare ad una dimensione vincente e competitiva ad ogni livello, qualcosa deve cambiare. Pioli, ma non solo Pioli. Perché se è vero che il tecnico è il principale responsabile di una stagione diventata quasi apatica, è altrettanto vero che sarebbe comodo e limitato indicare l’allenatore come mater morbi, il cui allontanamento, significherebbe l’eliminazione di tutti i problemi. Magari fosse così. Ma è innegabile che il ciclo di Pioli al Milan sia ormai confuso.
“Se torturi i dati abbastanza, alla fine confesseranno quello che vuoi” asseriva Darrell Huff, voce autorevolissima della letteratura statunitense in campo statistico. E’ proprio quello che si cerca di fare recentemente. Per esempio quando si tira fuori il dato che ricorda come, gli attuali 52 punti in campionato del Milan, fossero gli stessi della stagione 2021/22, quella che consegnò ai rossoneri il 19esimo Tricolore. O anche quando si mette in evidenza il dato sulle vittorie di Pioli e quelle di Arrigo Sacchi, come se si potessero mettere sullo stesso piano squadre, tempi e storie completamente differenti.

Peccato che, questi numeri torturati, dicano anche altro. Ovvero che il Milan, al momento, è potenzialmente a -11 dalla capolista, l’anno scorso dopo 24 partite era a -18. L’anno dello Scudetto il distacco era di appena un punto con una partita in meno e, proprio alla 24esima, aveva vinto il derby contro l’Inter per 2-1; quest’anno la storia è stata ben diversa come in tutto il 2023 quando si è trattato di fronteggiare i cugini. Anche nella stagione 2020/21 il distacco era minore, ovvero di 4 punti. Questi crudeli numeri, dunque, ci stanno anche dicendo che il Milan sta rendendo costante nelle ultime due stagioni l’essere fuori dalla lotta al titolo anzitempo. Poco importa dei filotti ottenuti lontano dalle grandi ambizioni e dai testa a testa. Poco importa delle statistiche ad uso e consumo. Servono solo a risvegliare il circolo dei ‘timidi’. Quelli del ‘Ma sì, cosa può fare più di cosi? Tutto sommato sta andando bene’. Forse per molti si è smarrita totalmente l’idea di competitività. Che va ben oltre una somma di punti, un filotto, un comparing tra stagioni, bensì risiede nella capacità di dare costanza alla propria crescita e alla propria abilità nell’essere sempre in corsa. Mentre il Milan sembra saper correre solo quando gli altri ormai sono vicini al traguardo. Forza Milan.

Joker

Seguiteci anche su

WhatsApp

Telegram

YouTube

Un bisbiglio, un nuovo gioco. Una poesia da imparare, due colori che inebriano la mente ancor prima della vista. Uno spettro di emozioni da cui imparare a essere uomo. Questo è stato il Milan nella mia vita: il silenzio più profondo della passione, l'urlo più solenne e selvaggio dell'anima.