La tela del Rangnick

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Sono mesi che il nome di Rangnick gira. Un giorno ha già firmato, un altro no ma è praticamente tutto fatto, un giorno si allontana, un altro si avvicina, poi è certo che arriva ma dopo che avrà colloquiato con i Singer, un altro lo danno in cammino verso il santuario di Compostela dove chiederà la benedizione della Madonna per la nuova avventura in rossonero. Un giorno viene per allenare, un altro arriva come direttore tecnico, un altro ancora per fare tutto portandosi dietro altri 5379 tra collaboratori e dirigenti (mi sembra giusto visto che a Milanello ed in via Aldo Rossi c’è una certa carenza…). Come sempre la stampa di casa nostra non pubblica notizie ma supposizioni. Dopo qualche spiffero corroborato dallo sbrocco di Boban che l’ha portato alla chiusura del rapporto con la società, le smentite di “Aivan il Gazzaro”, la seguente ammissione dello stesso Ralfone dei contatti con la società e l’intemerata finale di Maldini (il tutto dipanatosi in qualche mese condito dai soliti “filtra ottimismo/pessimismo”) è sicuro che più di qualcosa tra il Milan e Ralfone c’è. Il resto lo fa la fantasia (D Raine la definirebbe Poesia…). Basta studiare la storia del tizio in questione e ricamarci sopra, non è poi così difficile e così gli scooppatori seriali di casa nostra hanno fatto. Per quanto ho potuto leggerne da varie fonti (inclusi i post illuminanti di Seal e Johnson) e dalle sue stesse dichiarazioni, risulta chiaro che l’uomo ragno made in Crucklandia di allenare non ha più una gran voglia. Ormai si reputa, ed è a tutt’oggi, un costruttore di squadre e considera l’allenare solo un fastidioso effetto collaterale che è meglio evitare se possibile. Questo il ruolo con cui “ha messo le ali” ai team calcistici della galassia Redbull. Perché dovrebbe tornare indietro per sedersi su una panchina, per di più costantemente pericolante come insegna il recente passato, rinunciando al potere decisionale di cui oggi dispone e lasciando la parte che più anela del suo lavoro ad altri (Maldini o chi per lui non importa…)? Fino a lì ci arrivavo anch’io che ho fatto le scuole basse e non sono iscritto all’albo degli imbrattacarte markettari (e mi perdonino quelli che invece la professione la esercitano seriamente). Nei vecchi detti contadini vi è saggezza e spesso ci azzeccano (un po come a pensar male…) quindi, visto che ha tanto tuonato, probabilmente pioverà ed il Barbacrukko di Backnang planerà, prima o poi (Covid ed inizio della nuova stagione permettendo), a Milano.

Senza entrare nella disanima tecnica del calcio alla crema di crauti di Ralf-One (chi mi ha preceduto su questi schermi l’ha già fatto con competenza e dovizia di particolari) il puntare su un uomo che abbia una precisa idea di gioco, di approccio ad allenamenti e partite e, ancor di più, della completa gestione dell’area  tecnica (incluso lo scouting, la filosofia delle squadre giovanili, il mercato in-out etc.) è… come dire? Un progetto? Oddio, l’ho detto.. eppure si, si dovrebbe definire in questo modo, peccato che…

Un progetto può essere grandioso, chessò, un grattacielo di New York, un ponte sospeso, un sommergibile nucleare di ultima generazione o anche solo una “casupola di Ansedonia”  in perfetto stile Squallor ma hanno in comune alcune regole fondamentali. Ad esempio che quando si approva il progetto che presenta l’architetto poi lo si lasci lavorare seguendo i suoi dettami, che se si stabilisce un budget gli si lasci la scelta dei materiali, che una volta scelta la società di costruzione gli si lasci la responsabilità dei lavori e delle persone a cui li affida. Insomma, patti chiari e definiti di comune accordo ma poi indipendenza nelle sue responsabilità. Al di la della portata del progetto, e la portata di quello di Elliott è tutta da verificare nelle intenzioni e nei relativi mezzi messi a disposizione, lo si può realizzare bene, benino, così così o proprio ammerda…

Ora provate ad immaginare. Renzo Piano progetta il ponte di Genova ma poi il presidente della regione, il ministro, il sindaco e/o chi per loro, pretendono di mettere becco su tutto. “No, gli stralli li facciamo così e non cosà, il cemento usiamo un Portland I anziché un Portland V perché costa meno e si trova più facilmente e non importa se la resistenza alla corrosione non è comparabile, poi magari cambiamo il direttore lavori perché quello di adesso ci è antipatico, i piloni li abbassiamo, la carreggiata la stringiamo tanto il traffico non è poi così congestionato ed i lombardi che si imbottigliano nei weekend estivi vadano pure a farsi fottere”. Se poi, Dio non voglia, ne venisse fuori un disastro a chi dareste la colpa? e, detto fra noi, non tutti gli architetti sono delle archi-star che possono permettersi la possibilità di fare la voce grossa mandando a quel paese i committenti tanto hanno la fila fuori dalla studio… E forse, dico forse, la scelta di personaggi non di primissimo piano, in alcuni casi, non è casuale.

l’eccezione che conferma la regola

Chiedersi quale sarà il progetto di Rangnick, se potrà funzionare, dove ci porterà ed in che tempi è assolutamente lecito, direi doveroso per chi come noi tratta di Milan, ma mi chiederei pure se, alla fin dei conti, glie lo lasceranno realizzare o se faranno di Ralfone l’ennesima vittima sacrificale. Non dimentico che, limitandoci alla sola gestione Elliottiana, in una stagione e mezza sono stati cambiati tre allenatori e due set di dirigenti tecnici. Il duo Leonardo/Maldini prima ed il tandem Boban/Maldini poi, al netto dell’inesperienza e di errori pesantucci (prendo ad esempio l’investimento per Paquetà e l’ingaggio del Gianmaestro ma non sono i soli), avevano anche loro una idea, un progetto. Probabile che fosse un progetto nato male ma è altrettanto vero che “Aivan il Gazzaro”, al quale la proprietà ha dato potere decisionale anche sul colore della carta da culo dei cessi di Milanello, ha cassato la maggioranza delle loro scelte rendendo di fatto impossibile la realizzazione di qualsiasi idea che non fosse risparmiare sugli ingaggi, spendere il meno possibile di cartellini ed evitare qualsiasi giocatore al di sopra dei 23 (con l’unica eccezione di Ibra ma quello è un discorso a parte) con risultato che Leonardo ha salutato, Gattuso, quando ha capito l’antifona, si è dileguato, Boban, e da Boban non ci si poteva aspettare nulla di diverso, ha scatenato la terza guerra mondiale e Maldini ha sbottato pesante e probabilmente se ne andrà pure lui a fine stagione. Avranno pure tutti i loro torti (ne sono convinto) ma forse non erano i soli ad averne.

Sarà questa la volta buona che proprietà (ed il suo rappresentante in terra “San Aivan il Gazzaro”) riusciranno ad iniziare un percorso ed andare avanti imperterriti senza cambiare idea alla prima difficoltà? Lasceranno che il Rangnick tessa la sua tela o gli cambieranno le carte in tavola al primo acquisto che tenterà di fare? Lasceranno che ad allenare ci pensi lui (o il suo uomo di fiducia) o gli metteranno il tutor? Gli pareranno il sedere o scaricheranno le responsabilità su di lui alla prima difficoltà per salvarsi lo sparagnao? Lo sosterranno o lo delegittimeranno?

Poi valuteremo se il progetto funzionerà o se sarà l’ennesimo buco nell’acqua ma prima, almeno, lasciatelo provare…

FORZA MILAN

Axel

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