Ci sono persone che sono dei fuoriclasse “in assoluto”. Nel calcio gente come Pelè, Van Basten, Maradona, Messi, Baresi, Maldini… potrei citarne diversi altri. Uomini, nel nostro caso giocatori, che avrebbero fatto la differenza in qualsiasi squadra e condizioni si fossero trovati perché dotati di un talento naturale inarrivabile e sarebbero esplosi dovunque; quelli che si possono definire fuoriclasse. Lo stesso vale per i coach. Personaggi come Rocco ed Herrera (ai loro tempi), Ferguson, Michels, Cruijff, in tempi più moderni Guardiola. Anche Sacchi e, paradossalmente, più ancora il Sacchi di Parma che con una “squadretta” fece cose egregie mentre al Milan non fece “altro” (Altro tra virgolette in quanto fu comunque una rivoluzione di enorme portata) che trasportare le sue idee già testate prima in un gruppo già fortissimo di suo costituito da fuoriclasse e campioni. Non facile, certamente, ma un pochino di più… Allenatori che hanno, nel loro momento d’oro, trasformato il modo di giocare; che hanno saputo lasciare una traccia. Quelli che ti fanno dire che c’era un calcio prima ed un altro poi.
Poi ci sono i “relativi”. Sono quella categoria di giocatori e allenatori, che, certamente hanno delle qualità superiori alla media, hanno voglia, determinazione ed indubbie qualità, nel caso degli allenatori idee ed un loro preciso modo di gestire, allenare e mettere in campo le loro squadre, ma riescono a tirare fuori il loro meglio quando capitano nel posto giusto al momento giusto. Quando trovano un ambiente ed una situazione che permette loro di sentirsi a loro agio, essere parte di un mondo che li considera e li sostiene, che li fa sentire forti, persino più forti di quanto non siano “in assoluto”. Quando trovano ognuno l’ambiente che si sposa al loro modo di essere di persone e riesce ad esaltarne le qualità.
Quando sento dire che il Milan di oggi sta “over-performando” sono in un certo senso d’accordo anche se i rosiconi lo intendono in senso denigratorio, come a dire che la magia finirà presto e toneremo ai livelli che “ci competono”. Francamente invece di denigratorio non vedo nulla, anzi. Sono arrivato alla conclusione che il vero valore aggiunto stia proprio nella società. Intendiamoci, bravissimo Pioli, bravissimi i ragazzi che ci mettono cuore ed anima ma, in tutta obiettività, dubito che, presi singolarmente, farebbero così bene in altre situazioni.
A suo tempo non fui molto tenero con Gazidis, Maldini e tutta la compagnia. Non capivo quale fosse la strategia, quello che chiamiamo “il progetto”, dove volessero arrivare e mai mi sarei immaginato che ci saremmo trovati adesso dove siamo. Il dove siamo non è solo riferito alla classifica ed a come stiamo giocando ma alla situazione societaria in generale con un percorso virtuoso anche dal punto di vista finanziario e gestionale che garantisce un futuro in crescita anche sportiva. Conti sotto controllo, nuovi sponsor, stipendi “adeguati” ed anche Milanello e le strutture che sono state rivoltate come un calzino cercando di portare la società all’avanguardia. La sensazione è che oggi nel AC Milan, anche i giardinieri, gli impiegati di casa Milan, gli usceri e chiunque altro/a (con forse qualche eccezione che “conferma la regola”) siano orgogliosi e gratificati dal solo fatto di essere lì e che si ritengano (giustamente) importanti tanto quanto i giocatori che vanno in campo. Insomma, sembra che abbiano creato una macchina ben oliata e funzionante dove, ciliegina sulla torta, funziona anche bene lo scouting (per i giovanissimi da lanciare) e la scelta dei giocatori che devono esser pronti da subito “vedi Maignan”. Si può essere più o meno d’accordo su questo o quel nome, su questa o quell’altra scelta, ma i risultati, fino ad ora, gli hanno dato ragione.
Cosa mi ha fatto riflettere? La querelle Donnarumma ad esempio. Un giocatore giovane ma che già si era affermato e considerato universalmente uno dei migliori nel suo ruolo a livello mondiale. Eppure via da quell’ambiente che l’aveva cresciuto, lanciato, allenato ed addestrato, quello che su di Lui aveva contato tanto da farlo diventare un titolare inamovibile praticamente dall’esordio, che l’aveva tutelato e coccolato, quello stesso ambiente che, pur sapendo da tempo sarebbe andato via, l’ha fatto giocare fino all’ultimo secondo (e lui, gli va dato atto, ha risposto), in un nuovo contesto, fuori dalla “confort zone” per sua stessa ammissione, ha perso la posizione ed accumulato errori ed errorini sia nel club che in nazionale tanto che non pare nemmeno più essere lo stesso giocatore che era a Milano. E forse non lo è davvero.
Allo stesso modo invece chi arriva da queste parti, magari dopo un ambientamento più o meno lungo, magari anche dovendo andare oltre le nostre perplessità, dopo qualche partita così così, si dimostra poi all’altezza tanto che arrivo a credere che anche qualche nuovo arrivato di fronte al quale adesso storciamo il naso possa alla lunga darci delle soddisfazioni ed essere utile alla causa. Anche i rinnovi di Pino, Kjiaer, Calabria, ed il modo entusiasta con cui sono stati concordati e commentati dagli stessi mi fanno pensare che sappiano quanto il Milan dia loro quel qualcosa in più che da qualunque altra parte perderebbero ed hanno saputo dargli il giusto valore. Ammesso che le voci non siano prive di fondamento anche il fatto che Romagnoli voglia rimanere (e se del caso pure sganciandosi dalla sanguisuga) non vorrà dire che abbia realizzato che se va via rischia una parte di carriera? Al Milan in fondo è considerato tanto da essere “il capitano” anche se spesso va in panchina.
Per finire mi chiedo anche se, chi invece crede di esser un fuoriclasse assoluto, tanto da voler andare via per prendere una bella manciata di Sterline e giocare nel campionato considerato oggi il più importante al mondo, non sia in realtà semplicemente un buon/ottimo giocatore capace di dare il suo meglio, pure lui, in una condizione ideale, che stia rischiando la stessa fine di Donnarumma. “Stiamo cercando UOMINI che siano anche ottimi giocatori”; alle parole di Paolo ci credo. Come dire.. assoluto o relativo? Meditiamo…
PS: parlocchiando di questa visione dei fatti con il nostro amico ForThose, mi fa notare: “Penso anche a casi come Acerbi ed El Sharawy. Il primo, per sua stessa ammissione, si sentì arrivato al Milan e si perse. Il secondo, pur senza ammetterlo, dovette andare via per ripulirsi e maturare. Sfortuna, caso, fatalità ma di certo l’ambiente di quel Milan contribuì. Sono certo che in questo Milan non avrebbero fatto la stessa fine”. Come non essere d’accordo?
FORZA MILAN
Axel
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