E così sia: il tanto agognato rinnovo di Ibra è arrivato. Ho già avuto modo di scrivere che personalmente non ho mai avuto dubbi sull’esito della trattativa perché, molto semplicemente, il Milan non aveva alternative valide all’orizzonte. Capisco il fastidio nel vedere l’atteggiamento del famelico pizzaiolo-procuratore, che non ha perso occasione per guadagnarsi un’altra dose di meritate maldicenze parlando di “questione di convinzione e stile”, ma al netto di queste inutili manfrine non poteva andare diversamente per varie ragioni. Le richieste di Zlatan, dal suo punto di vista, sono perfettamente legittime e comprensibili: sono il leader indiscusso di questa squadra? Avete disperatamente bisogno di me? Allora pagare ragazzi, l’ingaggio deve essere proporzionale alla mia importanza all’interno del gruppo, ergo devo essere il più pagato della rosa, pochi cazzi, e il fatto che nessun altro club mi darebbe questo ingaggio a voi non deve interessare, io posso pure ritirarmi serenamente e divertirmi con le pubblicità insieme alla divina Diletta (che è sempre un bel ritirarsi).
Più preoccupante, come già scritto in alcuni post precedenti qui sul night e come dichiarato dallo stesso Maldini, è la situazione di Zizzo. Già tre anni fa il portiere più promettente sulla piazza è stato a un passo dal non rinnovare il contratto, e si parlava addirittura di un confino in tribuna fino ad una soddisfacente cessione; poi il dinamico duo Mirafax agì direttamente sul ragazzo per convincerlo a rinnovare, o almeno questa fu la versione che passò. La realtà è che Raiola strappò più di sette milioni di euro netti l’anno, con ingaggio dello sconosciuto fratello incluso, per un portiere di 18 anni che aveva giocato un anno e mezzo da titolare in una squadra da Europa League quando andava bene: insomma un discreto rinnovare. Tre anni dopo siamo di nuovo qui: la squadra ha continuato a galleggiare tra il quinto e il sesto posto ma nel frattempo sono cambiati proprietà e non so più quanti dirigenti, tuttavia questa cazzatina del rinnovo di Donnarumma non è mai stata evidentemente una priorità. Il giocatore è migliorato parecchio guadagnandosi anche il posto da titolare della nazionale, e il contratto scade tra 10 mesi. Se per Ibra il potere contrattuale di Jabba the Hutt era importante, in questo frangente si divertirà come un bambino.
D’altro canto le priorità dei nostri vertici di organigramma, e questo è ormai acclarato, sono ben altre: di seguito trovate qualche pillola tratta da una recente intervista al Daily Mail del nostro presidente con delega speciale ai tornelli.
“Penso che un nuovo stadio sia l’unico modo con cui la nostra società può tornare a sfidare ancora una volta i top club a livello europeo, squadre del calibro di Liverpool, Real Madrid e Bayern Monaco. Questi club guadagnano oltre 100 milioni di euro di entrate dal loro stadio. Come puoi competere in un mondo in cui abbiamo il fair play finanziario se non hai la stessa fonte di entrate?”.
Procederei per gradi: cominciamo a sfidare ancora una volta l’Atalanta o la Lazio per arrivare tra le prime quattro, poi al Liverpool e la Bayern ci penseremo, o no?
“Se avessimo avuto 70 milioni di euro in più dei 34 milioni di euro di entrate da stadio a stagione, moltiplicati per i cinque anni da quando sono al Milan, si otterrebbero 350 milioni di euro di ricavi aggiuntivi – spiega Scaroni – . Non so cosa avrebbero potuto fare i proprietari con questi soldi, ma questo è il carburante di cui hai bisogno per migliorare la squadra.”
Ah ok….e come mai Lazio, Atalanta, Roma e Napoli incassano dallo stadio meno della metà del Milan e ci arrivano quasi sempre davanti? Un vero rompicapo.
“Dal mio punto di vista, quello che mi piace di San Siro è che hai una buona visuale del campo, ma tutto il resto è piuttosto negativo e antiquato. Se la regina viene a vedere il Milan, avremmo solo una stanza adatta a lei”.
Per questa ho chiamato un esperto e sono in attesa di riscontro, il passaggio sulla stanza adatta alla regina mi risulta francamente indecifrabile, forse è troppo elevato per un campagnolo ignorante come me.
Questo continuo martellare sullo stadio nuovo è entrato ormai di prepotenza nel museo dei tormentoni di condoriana memoria, ed è ancora più paradossale sentirne parlare in questo momento in cui nessuno ha la più pallida idea di quando gli stadi potranno riaprire le porte al pubblico: altro che ricavi da stadio per tornare al top, qua bisogna letteralmente salvare la baracca, e ovviamente è una situazione che riguarda tutto il sistema calcio che già non brilla per efficienza.
Mi collego rapidamente al capitolo mercato, ricco di voci ma ancora privo di operazioni definitive, come del resto un po’ tutte le squadre. Le risorse sono quelle che sono per cui ci si muove, comprensibilmente, con estrema cautela cercando di individuare buone occasioni e formule che consentano di sborsare meno soldi possibile; in questo contesto potremmo essere quasi avvantaggiati, ormai nel Milan questa è la prassi da anni. Si parla ancora di Bakayoko e Aurier, che sembrava sfumato poi invece è ricomparso, e negli ultimi due giorni è spuntato con forza il nome di Tonali che sembrava fosse già dell’Inter, vedremo come si evolverà la questione. L’arrivo di tal Brahim Díaz dal Real Madrid pare invece cosa fatta: è un classe ’99 e fino ad oggi ha fatto poco o nulla, non c’è che da augurarsi in un altro coniglio pescato dal cilindro in stile Theo.
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