Sarò rapido e conciso: sono le 8 e 20 di un soleggiato sabato mattina di un fine settimana senza calcio. Abbiamo tutti tante cose da fare, a maggior ragione con i club a riposo e solo con la deludente Nazionale di Di Biagio (fu Ventura) all’opera in questi giorni in Inghilterra.
Vado dritto al punto: delle polemiche mi sono rotto le palle. Mi sono stufato di leggere articoli approfonditi sulla situazione drammatica in cui versa Yonghong Li e a stretto giro di posta il punto della situazione della società che dice “ehi, tutto bene. Non credete ai giornali”. Non ho la competenza – né le conoscenze – per giudicare positivamente o negativamente la situazione economica del presidente rossonero. So di non sapere, come diceva Socrate, e per questo non giudico. Dentro di me sono sicuro che in realtà non sono l’unico a ignorare i fatti: lo stesso si può dire di chi scrive gli stessi articoli – positivi o negativi, non importa -, perché si sa, la moda del momento ci insegna che non è necessario conoscere qualcosa per poterne parlare e dare lezioni a riguardo. Insomma, della società salvadanaio di Li che sarebbe fallita, anzi no, non era la società salvadanaio, ma una delle tante che non aveva nessun tipo di significato per il Milan, non me ne frega niente.
Arriviamo poi al non me ne frega niente assoluto, un argomento su cui si sono toccate vette di vittimismo e nonsense assolute, in questo caso dalla tifoseria nostra dirimpettaia. Parlo del vandalismo all’Inter Wall. Nello stesso giorno in cui è stato vandalizzato il monumento romano ai caduti di via Fani, l’Italia calcistica si è fermata e indignata per quell’Inter Merda sotto il murales, accompagnato da qualche sparata di rosso sulle facce dei protagonisti dell’opera. Partiamo dunque da qui, dal fatto che in alcuni ambienti si sia parlato più dell’episodio milanese di quello romano, segno di quanto alcune persone riescano a vivere fuori dal mondo e dalla logica. Secondo, ho poi visto tra le reazioni dei tifosi rossoneri un profluvio di “mi vergogno per quel che è accaduto”, “chiedo scusa agli interisti”, “mi dissocio”.
Fermo restando che ognuno di noi fa quel che vuole, come vuole e quando vuole, a mio avviso non abbiamo nulla di cui scusarci, nulla di cui vergognarci, e non dobbiamo dissociarci da nulla. A doverlo fare dovrebbe essere l’autore (o gli autori) del gesto, non sicuramente tutta la tifoseria rossonera. Oltretutto, chi ha detto sia stato un milanista? Per quanto possa essere probabile, qualcuno ha la certezza di ciò? Non mi pare. Allora? Allora chi se ne frega. Il calcio è pieno di mancanze di rispetto, quella dell’Inter Wall non è nemmeno delle peggiori (e oltretutto a onor del vero quell’Inter Merda rende l’opera più verosimile e fedele alla realtà). Dobbiamo fasciarci la testa e strapparci le vesti per ogni coro contro i napoletani “puzzolenti”? Per ogni coro contro i baresi “colerosi”? Per Milano che dovrebbe bruciare? Per ogni striscione e ogni scritta “Milanista ebreo”? Io non lo farò, non so voi.
L’Inter Wall si potrà ripulire, e se non è così sopravviveremo tutti al vandalismo, tanto noi milanisti, quanto gli interisti. Oltretutto, in un Paese in cui sarebbe stato rovinato anche un murales dedicato all’Italia del 2006 disegnando un cazzo in bocca a Gattuso e i baffetti da Hitler a Camoranesi, era ampiamente preventivabile un esito simile. Purtroppo, sia chiaro. L’interista medio ha però un bisogno viscerale di autodeterminarsi, in una città di cui non porta il nome, in cui è nato dopo, in cui è il secondo figlio, quello meno vincente. Una città che non è sua, molto semplicemente. La costante necessità di autodeterminazione viene insomma dall’inferiorità palese (ma questo noi lo sappiamo). Quindi amici miei, fratelli rossoneri, non prendiamocela più di tanto se vogliono mettere la loro bandierina qua e là: è una tacita ammissione di inferiorità. Lo stesso vale per l’Inter Wall. Che ovviamente, quale ammissione e prova di inadeguatezza, spero venga ripulito al più presto e rimanere lindo il più a lungo possibile.
Fabio
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