Parlare di Milan e di calcio è veramente dura dopo quanto visto sabato sera. Inutile che vi stia a raccontare dell’ennesimo furto a casa della Juve, dell’ennesima partita in cui siamo finiti per soccombere e anche e soprattutto per decisioni arbitrali, le quali, con l’avvento del VAR, risultano ancora più sfacciate e assurde. Non rilancio il lamento, oggi è mercoledì e non avrebbe più senso. Chi mi ha preceduto ha scritto tutto quello che c’era da scrivere e quindi anche quota parte del mio pensiero. Se c’è una partita che intendo vincere a tutti i costi è proprio quella contro la Juve per due ordini di motivi: il primo è storico e me lo porto dietro fin da quando ero bambino, essendo cresciuto, scolasticamente parlando, in classi infestate da juventini. Il secondo motivo è quello di dare un dispiacere allo juventino autore del Piano Marshall insieme a quell’altro che tifava juve 36 partite su 38. Questi sono juventini dentro, nel loro DNA, nel modo di fare, nello stile e nel tifo inconscio. Solo uno juventino fradicio poteva scrivere quel pezzo che maledico ogni giono della mia vita. Articolo che a leggerlo ancora oggi è qualcosa di incredibile. Ma giustamente nella comunicazione ci teniamo dentro uno juventino. Perfetto.
Della sconfitta in terra sabauda rimane però qualcosa di positivo. In primo luogo la rabbia dei giocatori che, se ben incanalata, potrebbe essere decisiva nelle prossime sfide. Senza una giusta rabbia non andiamo da nessuna parte, specie se consideriamo i buchi di gioco che affiorano durante le partite. Le ultime esibizioni avevano visto un approccio blando e quasi suicida e i risultati ne erano stati la conseguenza; a Torino, forse complice una Juve distratta, abbiamo avuto un buon inizio con un pressing a tratti decente e buona corsa. Allora fare un gioco più aggressivo e propositivo non è proprio impossibile! Ed ecco che mi viene la rabbia, maggiore anche a quella del dopo partita di Torino. Quante volte avremmo potuto iniziare e condurre le partite in questo modo, portando a casa una prestazione decente, portando a casa un gioco più efficace e quindi anche più punti? E’ questo quello che rimprovero a questa squadra, incapace di aggredire l’avversario e metterlo alle strette.
Chiaramente, presi dalla disperazione, andiamo a Torino e attacchiamo, ci sta…almeno abbiamo osato. Tanto se cominciavamo con il solito copione si soffriva lo stesso. Ahimè nei momenti decisivi veniamo meno; dopo il vantaggio abbiamo avuto delle buone situazioni, ma non siamo riusciti a chiuderla, per mancanza di fortuna e di capacità tecnica. Faccio un esempio: ho visto Ilicic contro il Bologna scaricare due tiri in porta da posizione defilata, due tiri pazzeschi figli di una tecnica sopraffina. Da noi no, da noi i tiri da posizione simile finiscono sull’esterno della rete, quando va bene. Se a noi mancano le prodezze difficili, ecco che allora le nostre possibilità diminuiscono in maniera esponenziale. Lo stesso gol di Piatek nasce dal pressing e da un passaggio filtrante centrale. Una rarità, un pezzo unico. Alla fine sono tanti particolari che ci permettono di arrivare a dama.
Di contro però al primo errore veniamo castigati, gli altri sbagliano e noi guardiamo, sbagliamo noi e gli altri festeggiano. Stavolta a Gattuso non posso rimproverare quanto preparato prima che non sia ormai un problema di fondo, ma se certi giocatori fanno sempre gli stessi errori…, vanno anche messi in croce questi. Io attacco il tecnico quando vedo disposizioni attendistiche per non dire altro, ma a Torino si è almeno provato; non è poco. Su questo tema bisogna insistere, lo avessimo fatto prima, saremmo molto avanti.
Tuttavia ormai è inutile stare qui a lagnarsi del solito tema, ma occorre stringersi intorno a questi colori per la partita decisiva contro la Lazio. Sarebbe il caso che lo stadio facesse la differenza, fino alla fine…senza stare a mugugnare o fischiare. Fischiare è un diritto, ma a fine partita se non c’è stato impegno. Esistono tifoserie che si spellano le mani per applaudire i propri beniamini anche dopo una sconfitta onorevole. Spesso se qualche giocatore sbaglia un passaggio scatta la disapprovazione, capovolgiamo il concetto e incoraggiamoli di più. Arrivare quarti riguarda tutti, nessuno escluso. Cerchiamo di spingerli oltre, aiutiamo questo bambino a salire sulla sedia, diamogli questa spinta. Gattuso non è il mio tecnico (come calcio propugnato), ma nulla gli va ascritto in tema di impegno ed attaccamento. Per me dovrebbe fare solo una cosa: lasciarli liberi di giocare più sciolti e fantasiosi, senza imbottirli di preoccupazioni, ordini, discipline e attenzioni. Lasciali correre Rino, lasciali correre…
Gianclint
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