Siamo solo noi !

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E’ un giorno di fine Giugno del 1982 e, complice un amico “ben introdotto” presso il boss della musica milanese del tempo, tale Franck Mamone (chi è della mia generazione l’avrà senz’altro sentito nominare) riesco ad entrare nel giro Milanese dei concerti. Non che mi vogliano come chitarrista, non sono mica scemi, i pomodori in faccia non piacciono a nessuno, ma la manodopera da “scarichino” è ricercata anche se male retribuita. Il lavoro, a chiamata (cioè a concerto), inizia alle 14 circa. Si monta il palco (allora con i tubi innocenti…) sotto la sapiente guida di qualche caporale con la frusta, poi si scarica dai TIR l’impianto voci e sotto la guida dei tecnici si monta, poi, durante il concerto, si fa il servizio d’ordine, poi, quando l’ultimo degli spettatori ha tolto le tende, si smonta tutto e si ricarica. Il tutto per 50.000 fottutissime lire, una cifra però di tutto rispetto per noi giovinastri spiantati dell’epoca. Ma tant’è, non lo faccio per i soldi (non solo almeno) ma perché essendo appassionato ho modo di vedermi un sacco di concerti fantastici per i quali i magri fondi che avevo a disposizione non sarebbero mai bastati.

E’ fine di Giugno dicevo, e finalmente al Vigorelli arrivano i Toto. Potete immaginare cosa poteva significare per me, strimpellatore delle sei corde che aveva in Steve Lukather il suo riferimento assoluto… Arriva finalmente il giorno, però però… Il concerto era stato mal organizzato, pochissimo pubblicizzato sulle riviste del settore (ai tempi non c’erano il web ed i social) e poi… al Vigorelli? Una specie di prato spelacchiato con il palchè intorno  in zona fiera? Dopo aver preparato tutto finalmente arriva l’ora e riesco, grazie alle mie aderenze altolocate a farmi assegnare per il servizio d’ordine sul palco. Avrei visto Luke suonare da 2 metri, me lo sarei gustato, studiato, amato e baciato (si fa per dire..), ma… mi guardo intorno e per via della organizzazione sul prato del Vigorelli sono in mille scarsi. Che delusione… Finalmente Luke & Co appaiono ma si guardano intorno, confabulano un attimo tra loro e… tornano nel retropalco. Cioè, loro, i Toto, nel 1982 (l’anno di Toto IV per capirci, quello di “Africa” forse l’album più iconico della band americana), dovrebbero suonare per mille spettatori scarsi? cioè, gente abituata a suonare al Madison Square Garden (non al parco di Ozzero per la sagra del gorgonzola…) dove gli spettatori si contano in centinaia di migliaia? Passa qualche minuto e comincio ad assediare il capo cercando di capire cosa succede ma comincia a serpeggiare la voce che i Toto, incazzati neri per questo concerto davanti a nessuno ed in un posto che non ha senso, si rifiuterebbero di suonare in mezzo a tanta desolazione. Mormorii, boffonchi, nervosismo che serpeggia… Poi come d’incanto sento non lontano una voce…

It’s gonna take a lot to drag me away from you
there’s nothing that a hundred men or more could ever do
I bless the rains down in Africa
Gonna take some time to do the things we never had

Poi le voci diventano due, poi quattro poi mille… Il Vigorelli è un unico boato tra canti e mani che battono intermezzato da un “fuori fuori, fuori fuori” che assomiglia ad un uragano. E quei mille diventano diecimila, centomila, un milione. E i Toto, anche se sono veri professionisti della musica, toccati da quella infinita moltitudine che non possono vedere ma che sentono chiaramente, alla fine non possono resistere ed escono, per quel milione di fan adoranti  che erano venuti in quel postaccio solo per loro. E suonano, bene come mai più suoneranno, il più bel concerto, il più coinvolgente, di tutta una vita… Lo so, l’ho fatta lunghissima per una cosa che apparentemente non c’entra nulla ma… siate comprensivi, datemi un secondo.

Ecco noi milanisti siamo così, come quei mille disperati che erano là quella sera (compreso il sottoscritto). Vi rivedo in quei mille qui tutti i giorni, che discutiamo, ci scambiamo informazioni, pareri, facciamo il calcio mercato per conto della società come fossimo tutti dei Mendez con l’accento milanese (o di Scandolara, o Pagliarelle, ma poco importa…), magari qualche volta ci incazziamo l’uno con l’altro ma lo facciamo solo perché la passione è senza limiti e qualche volta ci porta oltre. Siamo solo noi

Lo rivedo in un caro amico che si spara quasi 300 km tra infami e trafficate statali e provinciali per far provare alla sua piccolina di soli cinque anni l’ebrezza di San Siro. Si, già, perché le cose importanti devono essere insegnate sin da piccoli. E quando lo fa? La porta a vedere una partita difficile, in un momento topico, dove un risultato negativo era da mettere in conto e la delusione per la piccola avrebbe potuto essere letale. Farla allontanare dal calcio o, peggio ancora, farla derivare verso altri lidi. Ma Lui ci crede e corre il rischio. Si ragazzi, siamo solo noi…

Lo rivedo in cinque pirla che si ritrovano a casa del fortunato di loro che ha pure il maxischermo. Che quando segna Leao prima e quando Valeri fischia la fine prorompono in un urlo disperato, le onde sonore del quale rischiano di radere al suolo il palazzo tanto che la coinquilina del piano di sopra chiama il 113 pensando che stessimo sgozzando qualcuno. “e Domenica Vi voglio qua, questo schieramento ha portato fortuna, non voglio sentire ragioni”. Siamo solo noi…

Quando, per una Domenica, invadiamo l’Olimpico, l’Olimpico non so se… mica il Dossenina di Lodi, trasformandolo in San Siro. Quando in casa sembrava che giocavamo noi e non i laziali, quando gli unici cori erano rossoneri. Ed i ragazzi, i superprofessionisti idolatrati, ricchi e famosi che scendono in campo lo sentivano, così come i Toto quarant’anni fa e ci hanno creduto come quegli altri ragazzi, quelli che gridavano ed applaudivano sugli spalti, fino all’ultimo secondo. La palla di tonali l’hanno accompagnata in rete loro. Si, siamo solo noi…

Ed ancora quando un altro fratello, sfortunato per problemi extracalcistici, anziché chiedermi un aiuto o sfogare i suoi guai, mi riempie what’s up con dei forza Milan, faccette sorridenti, e chiudendo invariabilmente con un FVCR. Avrebbe ben altro a cui pensare ma è Domenica, gioca il Milan, ci stiamo giocando un campionato e tutto il resto viene dopo e, chi se ne frega, qualcosa succederà… Siamo solo noi…

Quando, dopo anni di guano mandato giù a forza, tra cravatte gialle che svolazzavano falsamente sorridenti che volevano venderci il piombo per oro, tra bonifici che non arrivavano, miniere che non esistevano, prestanomi che si prestavano, mercati al risparmio quando i giocatori li compravamo alla LIDL, non abbiamo mai mollato. Quando alla prima di ogni campionato dicevamo: “Ma si dai, lo sento, quest’anno faremo qualcosa di buono…” anche se dentro di noi sapevamo che avremmo mangiato altro guano ma siamo rimasti sempre qui, a testa alta, anche se non vinciamo uno scudetto da 11 anni. Siamo solo noi…

Quando leggiamo, questa stampa schierata che non ci vuole certo un gran bene, che a tre dalla fine ed in cima al campionato, danno per favoriti i cuginastri e per i quali la vera notizia è una certa qualificazione in CL che oggi è diventata più importante del campionatuccio, che ci snobba e si rifiuta di considerarci, quella per cui gli errori arbitrali tanto si compensano. Per non parlare di quella di regime, troppo compromessa ed interessata per sembrare anche vagamente sincera. Per i nostri avversari ed i loro tifosi, che ci vorrebbero tutti perdenti. Le meno blasonate, perché l’invidia è una brutta cosa, e per le rivali di sempre che invece sono terrorizzate dal nostro ritorno. Che per quanto dalle parti di casa nostra abbiano vinto tanto (come… lasciamo perdere che è meglio) non si rassegnano e non ci perdonano che in Europa e nel mondo il calcio Italiano siamo solo noi ed i trofei in bacheca, quella che dalle loro parti è semivuota sul ripiano dei trofei internazionali, lo testimoniano. Se ne facciano una ragione. E sanno, anche se sparano una minchiata via l’altra, che con questa gestione oculata siamo più avanti in gestione, signorilità, scelte tecniche, stile e di conseguenza in prospettiva anche di risultati (e se andrà in porto l’affare Investcorp… ma di questo ne parlerò più avanti che per una volta l’insider ce l’ho per davvero) e rodono peggio di castori del Quèbec. Ma noi li lasciamo parlare tutti senza fare un plisset (o quasi va…). Siamo solo noi…

Ed allora Milanisti, Nighters, facciamo sentire a questi ragazzi, a Maldini, al commuovente Massara che all’olimpico piange solo in panchina liberatosi da un peso mentre i ragazzi si abbracciano e festeggiano, per il Gazzi, che avrà pure seguito i dettami del padrone ma ha dimostrato di saperci fare e tenerci (che se andrà via mi spiacerà perché penso cosa potrebbe fare un uomo così in gamba con qualche disponibilità in più) che ci siamo anche noi, che siamo con loro, sempre e comunque. Perché chi indossa la maglia del Milan, finchè la indossa (e molti anche dopo) è sempre uno di noi. Facciamolo a San Siro, trasformiamo in San Siro anche gli stadi delle prossime come abbiamo fatto a Roma, per la strada, urlando dal balcone, in ufficio… Si, lo sappiano tutti che, gente così… Siamo solo noi!

FORZA MILAN

Axel

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