Stabilità è noia

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Dopo il monday night non elettrizzante ma comunque positivo contro un disastrato Torino, ci apprestiamo ad affrontare il saturday night a casa di una Fiorentina piuttosto in forma che all’andata ci suonò come tamburi a San Siro nella serata più buia dell’era Jean Paul. Subito dopo quella orrenda partita ebbi la netta sensazione, probabilmente esagerata, che il nostro campionato sarebbe stata un’agonia infinita nella zona pericolosa della classifica. Per fortuna siamo in qualche modo usciti da quel pantano e, se escludiamo la Caporetto prenatalizia di Bergamo che forse si può derubricare a infelice parentesi, da Dicembre abbiamo trovato un po’ di continuità di risultati, anche se di vittorie tonde e tranquille se ne sono viste poche.
Il copione di Lunedì è stato simile alle due sfide precedenti con i cuginastri e la Banda Cavallero, un primo tempo piuttosto brillante e un secondo tempo così così all’insegna della stanchezza e della poca lucidità in fase offensiva; nessun pericolo invece nelle retrovie, grazie alla buona vena di Romagnoli e compagni unita alla pochezza dell’avversario, e stavolta nemmeno il figlio segreto di Andy Brehme ha potuto nulla.
Questa sorta di quadratura del cerchio è purtroppo arrivata tardi per poter rimanere agganciati all’obiettivo del quarto posto dichiarato dalla dirigenza ad inizio stagione, l’Atalanta è lontana dieci punti, che sono tantissimi, e non sembra esattamente in fase calante se guardiamo cosa sta combinando anche in Europa. Continuo a chiedermi come in questa specie di Lourdes qualunque presunta pippa riesca a diventare un top player; e continuo a chiedermi come mai i giocatori che cedono, anche giovani e promettenti, si rivelino quasi sempre dei pacchi belli e buoni. Bravi loro.

Spacco tutto

Mister Ibra a parte, la nostra certezza in questo momento si chiama Ante Rebic, che sta offrendo prestazioni francamente sorprendenti: alzi la mano chi ad Ottobre avrebbe scommesso un euro su questo giocatore, che avevamo sì visto pochissimo, ma quel pochissimo non lasciava certo presagire  un simile rendimento di lì a tre mesi. Comincia a piacermi parecchio: mi piace la tecnica, mi piace lo stile di gioco, e mi piace la faccia perennemente incazzosa. E comincia a piacermi parecchio anche Bennacer, un genere di centrocampista che non vedevamo da anni, dotato di ottimo controllo di palla che gli permette di cavarsela benissimo sotto pressione nelle situazioni ingarbugliate.
Al momento, tuttavia, abbiamo un potenziale problema piuttosto rilevante lì in mezzo, dove siamo contati e abbiamo due soli centrocampisti centrali arruolabili, a meno di considerare Chalanoglu, Bonaventura o Paquetà in grado di giocare decentemente in quella zona di campo; personalmente lo escludo, fanno già abbastanza fatica in quelli che dovrebbero essere i loro ruoli, ammesso che qualcuno abbia capito quali sono.
Il brasiliano, per esempio, con il Toro ha offerto una prova da sufficienza stiracchiatissima, ma gridano vendetta alcuni passaggi sbagliati in campo aperto sulla trequarti avversaria, quel genere di passaggi che per un presunto fantasista dovrebbero essere il pane quotidiano. Non riesco proprio a decifrarlo questo giocatore, non me la sento di etichettarlo come pippa ma non capisco come lo si potrebbe impiegare per fargli fare il salto di qualità.

Per le questioni extra-campo, dopo la telenovela Arnault, siamo nel pieno della telenovela Rangnick: leggendo certe cose vien da chiedersi come i responsabili dell’area tecnica possano stare nella stessa stanza con l’AD senza lanciarsi vicendevolmente oggetti contundenti, viene narrata una vera e propria guerra termonucleare legata a differenti visioni sul futuro, soprattutto sul nome dell’allenatore. Non posso far altro che sottoscrivere parola per parola l’impeccabile scritto di Johnson di stamane, soprattutto in merito alla comunicazione, interna ed esterna, che ruota intorno al mondo rossonero. La precisione è chirurgica: ogni volta che sembra palesarsi un minimo di stabilità e continuità di risultati c’è sempre pronto il badile di cacca da buttare su una squadra già precaria di suo. Evidentemente è noioso limitarsi a parlare di calcio giocato quando si tratta di Milan, però ne avrei anche piene le gonadi.
Negli ultimi giorni abbiamo poi scoperto che il fair play finanziario esiste anche per qualcun’altro, e la stangata al Manchester City apre scenari imprevedibili su un po’ tutto il sistema calcio europeo. La battaglia tra Cityzens e Uefa va avanti ormai da 7 anni, e forse non è ancora finita, ma l’impressione è che alla fine il club inglese dovrà prendere e portare a casa. Logica vorrebbe che, se sono sotto la lente di ingrandimento le sponsorizzazioni fittizie, dovrebbero esserlo anche le plusvalenze fittizie, visto che, detta fuori dai denti, sempre di ricavi finti si tratta. Ma queste sono questioni per avvocati-belva.

Tuco

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Vedere Gullit e Donadoni fare polpette del Napoli a San Siro mi ha fatto innamorare del Milan, vedere Marco Van Basten segnare il gol più assurdo della storia mi ha fatto capire che il calcio può essere anche arte, vedere Buffon a gambe all'aria un attimo prima di trionfare in finale di Champions sui nemici di sempre ha dato un senso alla mia vita di tifoso rossonero