Finalmente la sosta per le nazionali è finita portandosi via con sé tutte le polemiche scaturite dalla mancata qualificazione al prossimo mondiale e dalla ricerca ossessiva dei colpevoli di questa débâcle che dentro di noi sappiamo benissimo chi essere.
La sosta si porta via anche tutte le battute e i sorrisini di quanti godono nel vedere Donnarumma in difficoltà. Sinceramente sono tra quelli a cui la situazione non fa nè caldo nè freddo: più o meno un anno fa ha fatto la sua scelta, dal mio punto di vista preferendo stare dalla parte sbagliata… peggio per lui. Avevo circa 8 anni quando ho vissuto il passaggio di Collovati all’ “altra” sponda di Milano (quella sbagliata) e sto sopravvivendo senza patemi anche ad un Milan senza il buon ex numero 99. Anche perché, prima o poi, il karma presenta il conto. Esattamente come fece con il buon Collovati in quel bellissimo pomeriggio del 28 ottobre 1984, in una azione ormai entrata nell’immaginario collettivo del tifo milanista ed il cui poster ho avuto appeso per moltissimi anni in camera mia affianco a quello di Marco van Basten.
Dicevamo, la sosta finalmente è finita e si può pensare liberamente al nostro Milan. Anche se, a dire il vero, io sono già sette giorni che ci penso, perché la prossima giornata di campionato, per via degli scontri diretti, potrebbe essere decisiva. Non dobbiamo fare calcoli, dobbiamo scendere in campo con il coltello tra i denti, perché i ragazzi bolognesi vorranno vendere cara la pelle anche in onore al loro tecnico Mihajlovic, impegnato in una gara molto più importante: la partita della vita.
Non so voi, ma io sento l’aria frizzantina come non capitava da moltissimo tempo. Sento l’odore delle grandi occasioni, sento l’odore dell’impresa e spero che i ragazzi abbiano le mie stesse sensazioni.
In questi giorni tristi e abbastanza noiosi senza il mio Milan, ho sfogliato un po’ di vecchi album e mi sono imbattuto in alcune foto di Milan Waregem del dicembre 1985. Per i più giovani: i rossoneri allenati dal barone Liedholm perdono 2-1 contro gli sconosciuti belgi, anche grazie a errori arbitrali incredibili (tanto per cambiare) e questo diede il via alla contestazione contro il presidente Farina. Contestazione che darà la spinta decisiva a Berlusconi per rilevare il Milan e salvarlo dai tanti debiti accumulati dall’ex presidente vicentino.
Ed ecco, capisco che io possa risultare un po’ azzardato nel paragone, ma tra l’avvento di Berlusconi e quello di Elliott io ci vedo delle analogie. Il cavaliere in tre anni ci porta dal tribunale ad essere Campioni d’Europa nella dolce notte di Barcellona; Elliott in tre anni ha risanato il bilancio (notizia di questi giorni è che il rosso scenderà ulteriormente) e ci ha portati ad essere competitivi anche a livello tecnico. Anche se qualcosa, comunque, di Elliott mi preoccupa e mi ritrovo a chiedermi continuamente: ci possiamo fidare di un fondo americano? Sono arrivati portando con sé una efficienza incredibile che ricorda il primo Berlusconi – che a livello di gestione e organizzazione era avanti anni luce. In tre anni hanno stravolto il management rossonero, hanno scelto gli uomini giusti, li hanno fatti lavorare in autonomia beneficiando delle loro competenze, hanno scelto di stare fuori dal contesto comune e di non farsi tiranneggiare dai procuratori. Molto probabilmente abbiamo aperto una via che dovranno imboccare altre squadre, se vogliono sopravvivere. D’altronde, siamo stati i primi a vincere la Coppa dei Campioni quando altri non ne conoscevano nemmeno l’esistenza. Siamo stati i primi a cambiare mentalità nel modo di giocare in trasferta. Essere i primi a tracciare la strada è parte del nostro Dna.
Eppure la proprietà attuale resta un’entità silente: credo di non aver mai sentito Singer parlare di Milan ed è proprio perché faccio fatica ad identificarli, a “toccarli” con mano per questo non riesco a fidarmi del tutto e ho paura che questo bellissimo Milan possa finire da un momento all’altro. Nello stesso tempo provo a convincermi che Maldini rappresenti la mia garanzia di continuità e soprattutto di vero autentico milanismo, che non guasta mai.
Ora, comunque, non voglio ascoltare le mie paure: ci sono i ragazzi da sostenere, non bisogna farsi trascinare dalle chiacchere da bar, bisogna stare concentrati e pensare a noi stessi, senza paura. Come quel Milan del 1988 che io amo moltissimo: anche in quella occasione molto probabilmente si cominciò a pensare allo scudetto con un po’ di anticipo, ma quella squadra non si fece prendere dalla paura e iniziò a crederci senza più fermarsi. Chiaramente il livello tecnico della squadra di Sacchi è superiore a quello della squadra di Pioli che, proprio per questo, ha dei grandi meriti nella crescita tecnica di molti ragazzi, ma la fame di vittorie deve essere la stessa. Perché l’appetito vien mangiando e io e tutti i tifosi che saranno allo stadio abbiamo una fame di vittorie incredibile. Dopo anni di prese in giro, di bonifici cinesi che non arrivavano, di campagne acquisti dove per convincere i giocatori si citofonava a casa loro, meritiamo di stare dove siamo ora. Sarò passionale, sarò troppo positivo, ma ce lo meritiamo. Tutti quanti.
E quindi, spazziamo via tutte le paure e andiamo a comandare. Perché quello è il posto che ci compete, perché noi siamo sempre un passo avanti agli altri, perché noi siamo il Milan.
FVCRN
Harlock
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