In questi giorni di festa e fermo del campionato non ho davvero voglia di scrivere di partite, mercato (per noi al momento solo voci), di tattica, tecnica, infortuni, recuperi e così via. Preferisco pescare nei ricordi, gli episodi che hanno fatto di me il milanista (e nighter) che sono. Ho sempre creduto che noi Milanisti siamo un po diversi, che in questi colori ci sia qualcosa che ci accomuna, che ci siano tra noi dei tratti specifici. Che Milanisti si nasce, poi arriva il giorno in cui semplicemente lo scopriamo… Questo il mio, aspetto di conoscere il vostro…
Gli scudetti erano le figurine più ambite di tutto l’album Panini. Ma quello scudetto era meraviglioso, quasi magnetico e quando scartai il pacchetto e me lo ritrovai tra le mani lo tenni stretto per ore non riuscendo a separarmene.
Era il ‘70 l’anno della terza elementare e durante quell’anno mio padre, a malincuore, mi permise di avere il mio primo album panini. L’album me lo comprò lui ma per le figurine erano cazzi miei. Erano tempi di vacche magrotte e la mia paghetta settimanale fruttava al cambio del tempo 5 pacchetti da 5 figurine e con 25 figurine alla settimana doppioni e triploni compresi l’album lo finivi, se ti andava di lusso, in dieci anni alias, toccava ingegnarsi.
Nonostante fossi solo in terza, quindi ancora una spina nella gerarchia della scuola, mi feci coraggio ed entrai nel giro del mercato nero delle figurine col fondato rischio di prendere fregature e qualche sberlone dai congedanti di 5°, i veri padroni del mercato, nel caso avessi provato a fare il furbo proponendo qualche affare troppo vantaggioso o avessi vinto troppe figurine all’angolo del casinò perché perdere contro una spina non sarebbe stato onorevole e, piuttosto, me le avrebbero fatte cagare fuori con la forza. Le figurine s’intende…
Passai settimane a frequentare il “casinò” dove le figurine si scambiavano, si giocavano, qualche volta si vincevano e, molto più spesso, si perdevano contro i più grandi. Mi presentavo con in mano un piccolo mazzetto di doppioni che avevo nel frattempo raggranellato per dimostrare il mio diritto a stare là limitandomi ad osservare in silenzio. Dovevo capire come girava il mulino. Non fu difficile. Le figurine venivano valutate in funzione della loro rarità ed alcune venivano pagate anche con centinaia di figurine comuni. Poi si giocava, d’azzardo, ad alfabeto, un gioco basato sul puro culo o sulla furbizia. I bari esistevano anche allora, anche alle elementari ed alcuni erano davvero bravi. Si giocava uno contro uno e da una mazzo coperto si estraevano una figurina a testa che finiva in un mucchietto che mano a mano aumentava fino a che l’iniziale del cognome del giocatore di due figurine gettate in sequenza combaciava segnando il punto. Ad esempio Sabatini-Schnellinger S contro S, punto. Si poteva giocare ad un punto a due, a tre o anche a 50 quando i boss si giocavano mazzi da centinaia di figurine a testa e spesso finiva in rissa, un rischio che Io, piccolino, non potevo permettermi.
Rispetto agli altri però avevo due vantaggi. Ogni due settimane andavo a Modena per il weekend con i miei per visitare i nonni. Avendo acquistato colà alcuni pacchetti mi resi conto subito che le figurine rare, sotto la Ghirlandina, erano altre rispetto al milanese. Il caso voleva che un mio cugino modenese qualche anno più anziano (che abitava sopra i miei nonni e con il quale mi accompagnavo spesso) facesse anche lui la collezione. Avendo disponibilità molto superiori alle mie aveva una quantità industriale di doppioni alcuni di essi, per i miei standard, molto rari (ma lui non lo sapeva) ed Io avevo i miei dei quali alcuni erano rari per lui. Ovviamente mi giocai bene i miei Jolly e carpendo un po subdolamente la sua fiducia e facendo leva sulla sua generosità di primus inter pares tornavo a Milano il lunedì regolarmente carico di mazzi che diventavano sempre più ingenti che mi permisero di riempire parecchi buchi dell’album e di arrivare al casinò con tanta valuta pregiata divenendo presto un interlocutore credibile al mercato nero tra l’incredulità dei miei compagni di classe ed un certo rispetto dei più grandi che non si capacitavano da dove potessi prendere tutto quel ben di Dio (ma seppi mantenere il segreto…).
Inoltre questo mio nuovo status privilegiato mi aveva reso alquanto popolare nella mia classe ed ottenni dai boss una sorta di esclusiva per la stessa divenendo il pusher ufficiale panini della 3°A protetto dai Boss stessi ai quali potevo permettermi di elargire qualche favore “gratis” ed allargando quindi indisturbato il mio giro d’affari. Le cose stavano procedendo piuttosto bene con l’album che si riempiva sempre più, un sacco del supermercato pieni di valuta comune ed un paio di mazzetti ben forniti di gioielli pregiati ma quel giorno ebbi il classico colpo di culo. Era un sabato “milanese” ed avendo incassato la paghetta al ritorno da scuola mi presentai come di rito all’edicola sotto casa per comprare i miei 5 pacchetti.
Non mi ricordo in quale dei cinque fosse ma aprendone uno mi resi conto subito che c’era uno scudetto, e questa di per sé era una buona notizia, ma non potete neanche immaginarvi lo stupore quando mi resi conto che era lo scudo del Milan, quello che a Milano (ma per quanto ne sapevo anche a Modena) nessuno aveva mai visto tanto che si mormorava che la Panini non lo stampasse proprio.
Avevo in mano la fortuna, un sei al superenalotto ante litteram e lo sapevo. E poi era bellissimo. Metallizzato come tutti gli scudetti, aveva il fondo dorato. Al centro, in rilievo, la scritta in rosso nero, a destra il simbolo con i colori e la croce rossa in campo bianco, a sinistra il diavolo. Non un diavolo cattivo nonostante le corna ed il tridente. Era un buon diavolo fiero e potente ma non crudele, un diavolo bellissimo.
La sera dopo cena, mentre mi rigiravo lo scudo tra le mani, stavo facendo i miei piani per il lunedì. Sarei andato al mercato nero e l’avrei messo all’asta. Avrei potuto chiedere letteralmente quello che volevo ed anche l’immagine ne avrebbe giovato. Sarei diventato per un giorno il bambino più popolare della scuola quello che possedeva lo scudetto del Milan. Inoltre, pensavo, se poi la figurina comincia ad arrivare sul mercato perde il suo valore e quindi dovevo sfruttare l’occasione alla svelta. Qualcosa però frenava la mia esaltazione, non sapevo cosa, una sensazione inquietante. Quella figurina era troppo bella e quei colori troppo brillanti. E se poi non se ne fossero trovate più non avrei mai potuto finire l’album e questo era un tarlo che non mi faceva dormire ed infatti passai la notte quasi insonne al pensiero della grave decisione che mi accingevo a prendere. Poi, finalmente, mi addormentai.
Mi sveglia la domenica mattina e, magicamente, la notte aveva portato consiglio. Tutto mi appariva ora chiaro. Feci colazione in fretta per non insospettire i miei e poi tirai fuori l’album, presi lo scudetto e lo incollai. Ora non valeva più niente ma non avrei mai potuto vendere lo scudetto della mia squadra del cuore. Si perché non me ne ero reso conto fino a quel momento ma il Milan era la mia squadra del cuore. Allora non lo sapevo ma quello scudetto e quello notte cambiarono la mia vita per sempre perché da quel momento ebbi dentro di me la consapevolezza della fede per questi colori. C’era già ma fino ad allora era rimasta latente. Il rosso ed il nero con qualche spruzzo di bianco, per me, idealmente, sempre su uno sfondo dorato come il colore di quello scudetto meraviglioso e delle coppe che avremmo poi vinto così copiosamente.
Da quel giorno diedi il tormento a mio padre perché volevo andare a San Siro a tutti i costi per vedere il Milan. Lui che, per motivi a me tuttora sconosciuti, non vedeva di buon occhio questa mia insana passione per il calcio ed il Milan, resistette anni adducendomi le scuse più disparate fino a quando il 9 Dicembre del 73’, pur di farmi smettere di protestare alternando pianti e capricci e dietro promessa che a scuola mi sarei impegnato dovette capitolare e per la prima volta mi portò. Era un Milan-Fiorentina, ma questa è un’altra storia….
Quando penso a questi momenti mi dico sempre che non possiamo sparire nel nulla, rimanere in questo limbo in cui ci hanno relegato e dal quale pare stiamo faticosamente uscendo. Mi attacco a questi ricordi, ai tutti i momenti bellissimi che ho vissuto ed ogni anno spero di vedere qualche segnale. Sarà che sono 8° DAN di illusione Milanista, sarà che talvolta i segnali sembrano esserci, non so Voi ma Io ci credo…
FORZA MILAN
Axel
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