Come poteva finire la nostra stagione, se non nel solito modo di sempre? Con noi che lo abbiamo preso in quel posto, naturalmente. Il tutto, va sottolineata questa differenza rispetto agli anni passati, perdendo la corsa alla Champions all’ultima giornata, negli ultimi dieci minuti, contro i rivali di sempre dell’Inter e contro la squadra su cui avevamo fino a un paio di mesi e mezzo fa una decina di punti di vantaggio. Se volessimo proprio consolarci, potremmo ripeterci che magari anche guadagnando l’accesso alla Champions lo avremmo potuto perdere a causa del Fairl play finanziario, ma cambia poco. Semplicemente, abbiamo perso un’altra, l’ennesima occasione.
Un risultato che ha inevitabilmente lasciato degli strascichi: le dimissioni di Leonardo e Gattuso, i continui dubbi di e attorno alla figura di Paolo Maldini, l’incertezza su chi sarà chiamato a guidare il mercato e la squadra del prossimo anno. E soprattutto: chi prenderà queste decisioni? Tutto fa pensare che l’indiziato principale sarà Gazidis (e chi, altrimenti?), osannato in questi giorni per la lungimiranza con cui ha trasformato l’Arsenal in una macchina fattura-milioni. Sta di fatto che ci troviamo per il terzo anno consecutivo a cambiare gli uomini chiave del management, ripartendo ancora da zero, con poche certezze sotto ogni punto di vista.
Una situazione sfibrante, che, ve lo dico in tutta onestà, se non amassi così tanto questi colori mi avrebbe già portato a prendere una lunga, lunghissima pausa dal calcio e dal Milan. Non perché non vinciamo, non perché non riusciamo a centrare nemmeno il più banale obiettivo, non per il casino, il caos, gli errori, le umiliazioni. Perché il copione è sempre lo stesso, le medesime, sfibranti campagne acquisti, le solite partite scialbe e insipide. E il futuro che ci aspetta, ricollegandosi al titolo, non credo sia diverso dal recentissimo passato.
Come sempre partiamo dal concetto che non so nulla, che le mie sono solo speculazioni e che spero di sbagliare ogni singola previsione. Detto ciò, a quanto pare il modello che il Milan seguirà nel prossimo futuro è simile a quello dell’Arsenal, da cui proprio Gazidis proviene: quello di vendere i giocatori valorizzati e investire i milioni ricavati (o meglio, solo parte di essi) nell’acquisto di altri giovani da svezzare (e poi vendere una volta fatti e finiti), ripetendo ad libitum fino a che non si sistema la questione Ffp (e non è detto che anche una volta risolta non si finisca con questo modus operandi). A qualcuno può piacere, ad altri no: di certo sarebbe una strategia più stimolante di quella intrapresa a suo tempo dall’ultimo Milan berlusconiano, ma alzi la mano chi pensava a questo quando ci siamo liberati finalmente del dinamico duo, ormai due anni fa. Tutti noi speravamo un ritorno alla grandezza, con investimenti, certo, ma soprattutto un percorso chiaro da seguire per fare del Milan di nuovo il Milan vincente della prima e seconda era berlusconiana. Oggi invece si leggono analisi di tifosi persino “più realisti del re”, che sposano la versione di Gazidis e di Elliot quasi più di loro stessi.
Nessuno mette in dubbio la razionalità o addirittura la necessità di scegliere di chiudere le questioni economiche aperte e fare pace con la Uefa prima di tentare di tornare ad alti livelli. Permettete tuttavia che non sia questo ciò cui aspiravamo, quello che abbiamo sognato tutti quel 13 aprile 2017. Dopo 25 mesi siamo invece ancora qui, dopo due dirigenze, svariati calciatori e oltre tre centinaia di milioni spesi sul mercato, a raccontarci che il percorso sarà lungo e tortuoso e che non possiamo aspettarci tutto e subito. Intanto continueremo probabilmente con le cessioni e la strategia (sportivamente parlando) che sembra al ribasso rispetto allo stato attuale della rosa, per quanto nel lungo termine potrebbe rendere. Nessuno si aspetti però entusiasmo da parte della totalità dei tifosi, perché un progetto simile, a scatola chiusa, non potrà certo scaldare gli animi. Augurandoci che il futuro sia molto più roseo di quello che ci aspettiamo…
Fab
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