Not in my house

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Anche questo sabato prendo in prestito uan citazione che arriva da oltre oceano per riassumere un pò quello che è accaduto nelle ultime settimane. Per i neofiti dello sport americano spiego che la citazione arriva dal basket NBA e nasce dal gesto che il gigantesco centro dei Nuggets e Hawks, Dikembe Mutombo, faceva ogni qualvolta si trovava a stoppare un attacante avverario sotto canestro. Un gesto eloquente con l’indice della mano che si muoveva a destra e sinistra, indicando che non si potave passare nei pressi di quella che era casa sua, ovvero il canestro. Ebbene, mai come queste settimane possiamo usare questa citazione, partendo proprio dai cari e sportivissimi giornalisti napoletani, coloro che ci davano già morti e stramazzati, in Champions si sta zitti e si muove il ditino, non si passa.

Come il prode Spallettone ha avuto l’ardire di raccontare, ovvero che la storia del Milan ci ha aiutati a passare il turno, ahimè è così ma non solo per quello che pensa lui. Sette Champions League, diverse finali perse, diverse seminfinali perse, ti portano in dote la cultura della competizione, sia nel bene che nel male. Vale per tutti, ambiente, giornalisti, tifosi, società e squadra. La storia di queste settimane è lì sotto gli occhi di tutti. C’è chi esulta e sghignazza per il sorteggio e c’è chi, invece, fa silenzio, comprende la difficoltà del turno e cerca di mantenere equilibrio. C’è chi pensa a fare magliette, bandiere e festeggiamenti e c’è chi, invece, si mette in trincea e prepara la partita sulle proprie qualità e sulle debolezze dell’avversario. C’è chi prende 4 gol senza appello e parla di normale calo di concentrazione, visto il distacco in campionato e c’è chi, invece, da quei 4 gol ha iniziato a costruire l’esaurimento nervoso dell’avversario. C’è chi fa le dirette esaltando la sua ignoranza sia verbale che sportiva che va a solleticare la pancia delle capre come lui e c’è, invece, chi risponde alle provocazioni con silenzio e lavoro. C’è una tifoseria che ha creato baccano e caos per una notte, insultando e facendo casino e c’è chi, invece, crea una coreografia in casa tra le più belle degli ultimi anni per caricare la propria squadra. C’è una tifoseria che in trasferta lancia bottiglie, urina e qualsiasi cosa addosso alle famiglie e c’è chi, invece, in trasferta canta per 100 minuti e annichilisce uno stadio ricolmo di gente. C’è chi provoca con le dichiarazioni e chi, invece, a fine partita va a consolare gli avversari conscio della propria forza e di quella dell’avversario. C’è chi parla di arbitri e chi, invece, fa parlare il campo. E’ vero caro Spallettone, la storia del Milan ci ha fatto vincere questo quarto di finale. Lo stesso quarto che noi abbiamo giocato e preparato come se fosse una finale e voi lo avete giocato e preparato con il fastidio di chi doveva fare queste due partite prima di un trionfo annunciato ad Istanbul. Il rispetto per il Milan sarebbe stato più logico per voi e, forse, sarebbe finita diversamente. Not in my house.

Se ci fosse ancora qualche venditore di fumo che avesse dei dubbi sulla divinità di Mike Maignan si facesse avanti, così da poterlo sbeffeggiare per ore. Maignan cresce nella scuola sacra di Ibra, a Parigi, e come tutte le persone intelligenti, al posto di deprimersi alle parole/insulti di Ibra, pesa tutto e lo riflette su di sè per crescere. Oggi lui è la reicarnazione di Ibra, il passaggio di consegne è avvenuto. Lui è divinità allo stato puro, personalità da affettare, capacità balistiche che fanno impallidire un qualsiasi giocatore di movimento e, cosa non da poco, fa punti. Tanti. Quando hai un portiere che fa punti, hai già metà del lavoro svolto. Quello che lascia senza parole e la facilità con la quale chiude la saracinesca e ti spegne ogni minima possibilità di replica. E’ uno schiaffetto correttivo all’alunno monello. Non sarà alto 2.18 come Mutombo ma quando chiude la saracinesca, lo fa con la stessa arroganza e strapotere fisico. Mike “Not in my house” Maignan va rinnovato a vita a qualsiasi cifra, senza se e senza ma.

La missione è partita, il condottiero di Albaro ha indicato la via e la squadra, come 12 mesi fa, lo sta seguendo. Noi infedeli lo rinneghiamo per tre volte, ogni mattina, prima del canto del gallo ma non lo tradiremo mai, nemmeno per un tight D&G. Sta preparando le valigie da mesi, ha allertato NCC in mezza Europa ed è pronto al casello di Genova Prà per condurci alla conquista degli Ottomani. Vai condottiero, come Alessandro a Gaugamela ci stai gasando e urleremo “C’ero anche io quel giorno ad Albaro”.

L’amico Raoul mi perdonerà ma chiudo come le sue pagelle. La cultura è anche in questo.

Da quand’ero piccolino
Io mi innamorai di te
Il mio cuore che batteva
Non mi chiedere perché
Non te lo posso spiegar
Non potrai capire mai
Quanto è bello l’AC MILAN
Quanto è bello essere NOI
Io per sempre ci sarò
Quando il Milan giocherà
Come quando da bambino
La guardavo con papà
Bandito
Una vita accanto al diavolo
E la sciarpa rossonera
Con orgoglio indosserò
E fiero
Di aver scelto sempre e solo te
Ogni giorno nella vita
Cosa più bella non c’è

FORZA MILAN

Johnson

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"...In questo momento l'arbitro dà il segnale di chiusura dell'incontro, vi lasciamo immaginare fra la gioia dei giocatori della formazione rossonera che si stanno abbracciando..." la voce di Enrico Ameri chiude la radiocronaca dal San Paolo di Napoli. Napoli-Milan 2-3, 1 maggio 1988. Per me, il lungo viaggio è cominciato da lì, sempre e solo con il Milan nel cuore.